DIRITTI
#MoltoPiùDi194 la miglior difesa è l’attacco
La mobilitazione per la libertà di scelta a 40 anni dalla legge 194 vista dal Corteo romano di Non Una Di Meno. All’indomani del referendum irlandese, la piazza si tinge di verde in sostegno della campagna per l’aborto legale in Argentina. In piazza le assemblee delle donne dei consultori, le giovanissime, i collettivi e gli spazi femministi minacciati di sgombero.
La storica vittoria irlandese immette energia nelle piazze italiane convocate da Non Una Di Meno a 40 anni dalla legge 194. Sabato 26 maggio cortei e iniziative a: Alessandria, Bari, Bologna, Brescia, Catania, Firenze, Mantova, Milano, Napoli, Reggio Emilia, Roma, Salerno, Verona. Nessuna commemorazione, men che meno una festa, è piuttosto una nuova giornata di lotta. La parola d’ordine della mobilitazione è infatti “vogliamo #MoltoPiùDi194”.
Di giornate, in realtà, ce ne sono molte: dal 19 al 29 maggio l’Italia è costellata di iniziative: cortei, presidi, piazze tematiche, dibattiti, azioni, flash-mob… In più di 30 città l’invito alla mobilitazione è stato raccolto dando nuovamente corpo alla straordinaria articolazione territoriale del movimento femminista italiano. L’appuntamento era stato lanciato all’ultima assemblea nazionale di Non Una Di meno per rimettere al centro i temi cruciali del welfare e dell’autodeterminazione nel solco dello sciopero femminista dello scorso 8 marzo, nel pieno della nuova Black Protest in Polonia e delle campagne irlandesi e argentine per la legalizzazione dell’aborto.
Per le donne, per le persone lgbtqi*, per chi, migrante, è senza residenza e documenti, l’acceso alla salute è tanto più una questione di libertà e di autonomia. È proprio l’intreccio indissolubile tra accesso al welfare e autodeterminazione a qualificare e rendere paradigmatica questa lotta. Lo racconta bene Severin, persona trans in corteo a Roma: anche i corpi in transizione hanno organi riproduttivi e desideri, si scontrano con l’obiezione di coscienza nella sanità pubblica, hanno sempre affrontato pesanti processi di medicalizzazione e fino a poco tempo fa anche la sterilizzazione.
La libertà di scelta e il diritto alla salute sono svuotati dall’interno e dalle istituzioni stesse, dicono gli interventi e i numerosi cartelli in piazza. Parlano i fatti: l’aumento incontrastato dei medici obiettori nelle strutture pubbliche è il dato più eclatante ma non l’unico. All’obiezione di coscienza che rende l’aborto un percorso a ostacoli si affianca lo scarsissimo e vincolatissimo impiego della pillola abortiva RU486. Se è sempre più difficile accedere agli ospedali le sanzioni amministrative per le donne che ricorrono all’aborto fuori dalle strutture sanitarie sono altissime, si tratta per lo più di immigrate e giovanissime. Inoltre, è notizia recente l’esclusione della pillola del giorno dopo dalla lista dei farmaci da tenere obbligatoriamente in farmacia, assecondando in questo modo l’estensione illegittima dell’obiezione di coscienza anche alle farmacie; mentre la contraccezione è ormai non più rimborsabile e tutta a carico delle donne, per lo più giovani e giovanissime, studenti, precarie o disoccupate. Nelle scuole non c’è traccia di educazione sessuale e i consultori, nati proprio come luoghi di confronto, di mutuo aiuto e di prevenzione, per sostenere la sessualità libera e la maternità consapevole, subiscono un pesante ridimensionamento qualitativo e quantitativo.
In piazza si riannodano i fili tra le soggettività, le generazioni, i desideri, le esigenze, le condizioni materiali. Ci sono le donne del consultorio di via delle Resede a Centocelle, costituite in assemblea per difendere quello che per loro è uno spazio di confronto e mutuo sostegno irrinunciabile.
C’è la difesa della Casa Internazionale delle donne tra le questioni in ballo, ma anche degli altri spazi sociali e femministi minacciati di sgombero, come il centro Donna Lisa, le Cagne sciolte, la casa delle donne Lucha Y Siesta. Non basta più la “difesa” di quanto conquistato, la trasformazione delle condizioni materiali e delle forme di vita delle nuove generazioni pone domande e esigenze nuove a fronte di un rinnovato duro attacco: la sessualità torna a essere campo di battaglia, la città è il fondamentale terreno su cui costruire pratiche, saperi e reti a partire dagli spazi di autonomia e mutualismo.
Echeggiano le parole d’ordine, i simboli e i colori di una lotta che è globale.
A Roma tornano le Ancelle, le protagoniste del romanzo di Margareth Atwood e della serie The HandMaid’s Tale per dire che “ci volevate schiave, ci avrete ribelli!”, comparse già a Milano e a Dublino. E come anche a Bologna, si riprende l’immaginario della marea verde argentina: fazzoletti verdi, pance scoperte e scritte sui corpi. Empieza el matriarcado! Questo il grido con cui parte il corteo. È più di una citazione o di un omaggio. È la stessa lotta, di nuovo su scala globale. Lo dicono le grida di gioia ogni volta che dal microfono si nomina la vittoria delle donne irlandesi.
Dall’Irlanda pre-abrogazione non siamo poi tanto lontane, se in Italia si muore ancora di obiezione di coscienza. Il corteo romano si chiude con la lettura di alcuni brani dello spettacolo Io Obietto, scritto dalla ginecologa femminista Lisa Canitano, ispirato alla vicenda di Valentina Milluzzo, morta di setticemia, uccisa dal rifiuto dei medici di intervenire per interrompere la gravidanza, ormai irrimediabilmente compromessa, perché i feti avevano ancora battito cardiaco.
E se la libertà di scelta torna a essere questione economica e materiale, diritti sociali e diritti civili si intrecciano e definiscono il campo di azione strategico del movimento per la trasformazione radicale e femminista dell’esistente. La lotta per il welfare e per il reddito di autodeterminazione rimane centrale e andrà misurata nel nuovo e angusto scenario politico italiano giunto all’ennesimo blocco.