ROMA

Squarcio fuxia nell’Italia gialloverde

Quattro flash dal corteo di Roma: le assenze, il fuoco, i reggiseni e i palloncini rossi. 50mila donne e uomini in strada per la giornata di sciopero globale femminista.

«Alle cinque meno un quarto siamo arrivate col camion e la piazza era già piena», esclama una ragazza con la felpa nera e la scritta Non una di meno in alto a sinistra, affianco al cuore. Chi conosce Roma sa che accade soltanto nelle grandi occasioni. «Siamo 50mila» grideranno dal camion mezz’ora dopo.

LE ASSENZE

«Siamo qui per tutte quelle donne che non ci sono più – dice una ragazza dal microfono – per tutte le donne vittime di femminicidio». Negli ultimi due giorni in Italia ne sono state uccise tre. Notizie che non finiscono nella copertina dei giornali virtuali, nomi che non rimangono impressi nella memoria collettiva. Si chiamavano: Alessandra Immacolata Musarra, Fortuna Belisario e Diva Borin. Gli assassini sono fidanzati e mariti. Italiani.

«Siamo qui per le donne che non sono potute venire, perché subiscono violenze e abusi. Siamo qui per tutte quelle che ogni giorno strappano pezzi di libertà». Un attimo di silenzio. Un applauso gravido. Un urlo liberatore. Migliaia di voci all’unisono: «Insieme siam partite, insieme torneremo, non una, non una, non una di meno». Il coro rimbomba tra i palazzi di via Cavour piena. Chi è in casa si affaccia alle finestre e saluta il corteo. I corpi che sfilano spalla a spalla si caricano a vicenda.

@daniele_napolitano

IL FUOCO

Intorno al fuoco ballano le streghe che non sono riusciti a bruciare. È la testa di un corteo che ha la coda troppo lontana per essere vista. Dalla cima della scalinata di San Pietro in Vincoli sembra il capo luminoso di un serpentone che segue il camion. Sulla fronte lo striscione: «Spazi, diritti, libertà. Lo sciopero femminista invade le città». Lungo il corpo le squame fuxia e verdi dei pañuelos femministi che dall’Argentina hanno invaso le strade italiane, i rettangoli bianchi dei cartelli contro il patriarcato e la violenza di genere. «Se non te la do non te la prendere», «Sorella io ti credo», «Mio il corpo, mia l’identità, mio il futuro».

Dall’alto viene srotolato un grande striscione illuminato dai fumogeni gialli e viola: «Diamo Lucha alla città». In basso le casse gridano: «I centri antiviolenza e gli spazi culturali femministi non si toccano. Giù le mani da Lucha y Siesta, giù le mani dalla Casa internazionale delle donne».

In tutta Roma ci sono 20 posti per le donne vittime di violenza. 16 sono nello spazio occupato Lucha y Siesta, a Cinecittà. Atac vuole vendere l’edificio e buttare per strada chi pratica autodeterminazione e solidarietà.

50MILA IN PIAZZA A ROMAhttps://www.dinamopress.it/news/uno-squarcio-fuxia-nellitalia-gialloverde/Le streghe che non sono riusciti a bruciare ballano intorno a un fuoco. È la testa di un corteo che ha la coda troppo lontana per essere vista. Dalla cima della scalinata di San Pietro in Vincoli sembra il capo luminoso di un serpentone che segue il camion. Sulla fronte lo striscione: «Spazi, diritti, libertà. Lo sciopero femminista invade le città». Lungo il corpo le squame fuxia e verdi dei pañuelos femministi che dall'Argentina hanno invaso le strade italiane, i rettangoli bianchi dei cartelli contro il patriarcato e la violenza di genere. «Se non te la do non te la prendere»

Pubblicato da DINAMOpress su Venerdì 8 marzo 2019

I REGGISENI

Iniziano le più giovani. Studentesse delle scuole di Roma. «Fuori, fuori, fuori il reggiseno, non una, non una, non una di meno». Due, tre, quattro, cinque. Seguono altre ragazze più grandi. Poi delle donne.

Nel gruppetto ci sono almeno tre generazioni di femminismo.

I reggiseni rossi, viola, verdi sono slacciati, tirati fuori da sotto la maglietta e sollevati in aria. In mezzo agli striscioni e ai cartelli.

Pratiche tramandate negli anni in questa piazza si caricano di nuove energie, nuovi entusiasmi, nuovi sorrisi. «Meno botte più lotte», dice un cartello nero su reggiseno panna. Sotto e intorno si salta e si canta. Insieme siamo tutto.

@daniele_napolitano

I PALLONCINI ROSSI

«Lo sciopero generale è l’arma sindacale per eccellenza e quindi il suo utilizzo va soppesato anche in relazione all’efficacia – ha detto oggi Susanna Camusso al manifesto –. Al momento non ci sembra maturo, ci sarebbero aspettative di misurazione dell’adesione che vanno tenute in conto». La segreteria nazionale della Cgil ha deciso anche quest’anno di non convocare lo sciopero generale, chiamato invece dai sindacati di base Usb e Cobas.

Alcune categorie, però, hanno scelto di scioperare lo stesso. A Roma e nel Lazio lo hanno fatto Funzione pubblica (Fp) e Federazione dei lavoratori della conoscenza (Flc). Nel corteo dei palloncini rossi del sindacato ricordavano che in piazza c’erano anche lavoratrici e lavoratori dell’organizzazione confederale.

Che ne pensate della mancata indizione dello sciopero generale? «Una stronzata. Per questo noi lo abbiamo convocato lo stesso e siamo venute in piazza». Lo dicono insieme, due donne e un uomo. Palloncino rosso in mano e felpe dello stesso colore.

 

Foto di copertina di Daniele Napolitano