ITALIA

«La nave Diciotti è una prigione a cielo aperto»

Sono ormai tre i giorni di sequestro delle persone a bordo della nave Diciotti nel porto di Catania. Dopo sette trascorsi in mare. Ieri, grazie alla pressione di stampa, società civile e magistratura, Salvini è stato costretto ad autorizzare lo sbarco di 27 minori. In ostaggio rimangono ancora 150 persone. Luigi d’Alife, dalla banchina del porto, ci racconta cosa sta accadendo.

Le condizioni dei 27 minori, tra cui due ragazzine, che ieri sono stati finalmente autorizzati a scendere dalla nave della Marina Militare si sono rivelate terribili. Racconta un’operatrice di Terre des hommes: «Abbiamo accolto 27 scheletrini, il più magro sarà stato un po’ più basso di me e sarà pesato una trentina di chili, la gamba con lo stesso diametro del mio polso. […] Uno era tutto e solo orecchie, […] uno non riusciva a camminare perché era pieno di dolori, […] tre avevano delle bende lerce al polso, al piede e al braccio sparato».

Drammatica anche la testimonianza del procuratore capo di Agrigento, Luigi Patronaggio, che sempre ieri è salito a bordo della nave dopo aver aperto un fascicolo per sequestro di persona e arresto illegale. «Una realtà devastante», «persone in gran parte ammalate e colpite da scabbia», i primi commenti rilasciato ai giornalisti. Secondo il magistrato, anche l’appuntato che lo ha accompagnato era sconvolto dalla situazione. Avrebbe detto «dal vivo cambia tutto, non è come si legge sui giornali…».

Sulla banchina del porto di Catania, dal momento dell’attracco della nave, si trova Luigi d’Alife, reporter free lance e attivista. Lo abbiamo raggiunto telefonicamente.

 

Cosa sta succedendo nel porto di Catania?

Qui la situazione è di stallo. Alle 23 di oggi saranno trascorse 72 ore dall’arrivo in porto. In questo momento sulla nave sono in corso dei lavori di manutenzione. Stanno mettendo teli antipioggia e antisole sul ponte di poppa, che sembra un carcere a cielo aperto. Le persone passeggiano avanti e indietro durante tutta la giornata, per far passare il tempo. Questa mattina c’è stato un nuovo presidio da parte dei cittadini antirazzisti, che hanno provato a raggiungere il molo presidiato dalle forze dell’ordine, ma i reparti antisommossa lo hanno impedito. Si è tentato di arrivare alla nave anche via mare, con un gommone, che però è stato intercettato dai mezzi della finanza e della polizia. Alle 19 Forza Nuova ha convocato un presidio e per questo gli antirazzisti si sono dati appuntamento alle 18.

Foto di Luigi d'Alife

 

Ieri come è andata?

È stata una lunga giornata, trascorsa nell’attesa che succedesse qualcosa. Per tutto il giorno gli attivisti sono rimasti in presidio, nonostante la pioggia abbondante. Per la prima volta è stato calato il ponte dalla nave, per permettere al procuratore capo di Agrigento di salire. È rimasto a bordo per circa un’ora. Ieri, è stato anche il momento delle passerelle politiche. Si è presentato addirittura Martina, segretario Pd, cui non è stato permesso di salire sulla nave. Con l’escamotage della quarantena lo hanno impedito a tutti, con l’eccezione del procuratore. Fa abbastanza rabbia vedere Martina che viene qui a portare solidarietà ai migranti, quando queste misure sono perfettamente in linea con le politiche razziste e xenofobe promosse da Marco Minniti giusto un anno fa, quando al governo c’era il Partito Democratico. Ieri sera, infine, c’è stato un presidio di alcune centinaia di cittadini catanesi che hanno chiesto di far scendere tutte le persone a bordo e poi hanno atteso lo sbarco dei minori. Quello è stato un momento davvero toccante. Nonostante fossero lontani da dove ci trovavamo noi, si è visto con chiaramente che, in pratica, sono dei bambini. Tutti eritrei e una ragazzina somala. Riuscivano a camminare con molta difficoltà. Come hanno confermato gli operatori che li hanno accolti, hanno subito traumi psicologici e in alcuni casi torture fiische nei lager libici. Vedere questa scena da qui, senza poter fare niente, mentre altre 150 persone rimanevano sequestrate sulla nave, è stato atroce.

Foto di Luigi d'Alife

 

Salvini dice che si tratta di clandestini. Chi sono le persone a bordo?

Ho parlato con il garante dei detenuti, che è tornato a bordo. Mi ha detto che per il 90% sono eritrei, poi ci sono siriani, sudanesi, afghani, un egiziano. Un piccolo gruppo è originario del Bangladesh. La stragrande maggioranza dunque, viene da Paesi che danno diritto ad ottenere l’asilo quasi automaticamente, quasi senza bisogno di valutare la situazione individuale, perché si tratta di luoghi estremamente pericolosi. Paesi in guerra o sotto il controllo di dittature. In Eritrea, ad esempio, dal 1993 governa una dittatura sanguinaria, che perseguita gli oppositori e costringe migliaia di giovani a un servizio militare, di fatto, a tempo indefinito. Per questo, se anche la definizione di “persone illegali” avesse un senso, e non ne ha, non potrebbe essere applicata a chi si trova a bordo della Diciotti. Lo Stato italiano sta sequestrando persone che hanno diritto all’asilo politico. L’unica nota positiva è che, nonostante tutto questo, ieri sera dal ponte di poppa arrivavano cori e canti, segno che a bordo il morale è ancora alto.

 

Nel frattempo, lontano dal porto di Catania, il ministro Salvini continua la sua prova muscolare a colpi di post sui social network e dirette facebook. Ieri, dopo aver iniziato a stemperare le minacce di revoca delle concessioni al gruppo Benetton, che ha già salvato in tre occasioni, e dopo aver bloccato i tagli alle pensioni d’oro, che scontenterebbero i ricchi imprenditori del nord, è tornato a fare la voce grossa proprio sulla pelle delle persone sequestrate sulla Diciotti. E questa mattina ha rincarato la dose, lamentandosi della scarsa solidarietà dimostrata al suo governo dagli altri Paesi europei. Questi, a parte l’odiata Francia di Macron, non avrebbero tenuto fede alla promessa di ricollocare poche decine di persone sbarcate alcune settimane fa a Pozzallo.

Niente male per un ministro che sull’opposizione all’Europa ha centrato tutta la sua campagna elettorale. Prima e dopo il voto.

 

Foto di copertina di Luigi d’Alife