ROMA

Francesco Ferri

Il cantiere della metro C e l’irruzione dei diritti

Il movimento per il diritto all’abitare ha occupato il cantiere della metro C a piazza Venezia. Lɜ attivistɜ chiedono la cancellazione dell’articolo 5 del decreto Renzi-Lupi, che esclude dalla residenza chi vive nelle occupazioni. La norma tra poco compirà dieci anni: questa azione riaccende i riflettori sulla condizione delle persone escluse dall’anagrafe e riapre il dibattito sul superamento della legge

In alto i diritti: i monumenti di piazza Venezia e un cielo terso hanno fatto da cornice agli striscioni calati dal movimento per il diritto all’abitare nel cuore di Roma. Intorno alle ore 11 di ieri, 10 aprile, lɜ attivistɜ sono entrati nel cantiere della metro C e si sono arrampicatɜ sulle impalcature che circondano la Chiesa di Santa Maria di Loreto. Il motivo dell’azione è sintetizzato in uno degli striscioni appesi: «cancelliamo l’articolo 5».

Il riferimento è al decreto Renzi-Lupi – il n. 47 del 2014 – che impedisce la registrazione della residenza alle persone che vivono all’interno degli stabili occupati. In questi lunghi dieci anni moltissime persone sono state private, con finalità punitive, dell’esercizio dei diritti associati all’iscrizione anagrafica. L’impatto di questa norma è radicale in quanto, come si legge nel testo di lancio dell’iniziativa, le persone escluse dall’anagrafe non hanno «accesso alle esenzioni e alle facilitazioni economiche per persone singole e nuclei familiari, [al] welfare locale (incluso medico di base)» e spesso sono escluse dalla possibilità di «rinnovare i permessi di soggiorno e ottenere la cittadinanza».

L’occupazione del cantiere della metro C segue le numerose mobilitazioni sviluppate dall’introduzione dell’articolo 5. Dall’alto delle impalcature, lɜ attivistɜ hanno denunciato, a gran voce, i limiti della deroga all’articolo 5, configurata dal sindaco Gualtieri un anno e mezzo fa con l’emanazione della direttiva n. 1 del 2022, in continuità con i poteri riconosciuti dalla legge. Questo atto, di per sé coraggioso, ha avuto un impatto parziale. Moltɜ occupanti continuano a essere esclusi dalla residenza: le specifiche modalità previste dalla circolare attuativa e le prassi configurate in molti municipi hanno significativamente ridotto la portata della direttiva.

Da una prospettiva più generale, lɜ attivistɜ, durante la mobilitazione, hanno riaffermato a gran voce la necessità che il piano strategico per il diritto all’abitare, approvato dal consiglio comunale di Roma a luglio del 2023, sia effettivamente implementato. Il piano è un’occasione per invertire la tendenza in relazione alle politiche pubbliche per l’abitare su scala cittadina, ma i suoi profili applicativi restano ancora incerti.

«Roma costruisce futuro»

Appena fuori della recinzione del cantiere moltɜ attivistɜ hanno salutato, incoraggiato, applaudito lɜ compagnɜ sull’impalcatura. L’impatto scenografico è stato notevole: una folla sterminata di passanti e turistɜ col naso in su ha assistito agli eventi. Per tre ore il tema della residenza è tornato – letteralmente – al centro della città. La scelta di collocare questa azione in uno degli snodi più attraversati e visitati è rappresentativa dell’importanza delle procedure anagrafiche, spesso sottovalutate nel dibattito pubblico.

Oltre al notevole impatto scenografico, la decisione di posizionare l’azione nel cantiere della metro C è leggibile anche da un’altra prospettiva. Quando la realizzazione della fermata della metro in piazza Venezia sarà conclusa, la metro C collegherà il centro della città con il suo quadrante est, caratterizzato, tra gli altri profili, anche da povertà diffusa e precarietà abitativa. L’occupazione temporanea di quel cantiere per reclamare la generalizzazione dei diritti può essere letto come un segnale programmatico: la progressiva interconnessione di pezzi di città geograficamente e socialmente distanti non può che avvenire attraverso il ribaltamento delle consolidate gerarchie sociali.

Se è vero che «Roma costruisce futuro» – com’è scritto, un po’ retoricamente, su una delle recinzioni del cantiere –, non c’è processo efficace di costruzione di questo futuro che non veda tra lɜ protagonistɜ le persone che fanno esperienza dell’abitare precario e che si mobilitano per l’esercizio diffuso dei diritti.

Ai nastri di partenza

Fin da subito un ampio schieramento di forze dell’ordine – carabinieri, reparto mobile della polizia, vigili urbani – ha presidiato la zona. Non ci sono stati momenti di tensione. Lɜ attivistɜ hanno deciso di dismettere l’occupazione quando è stato accordato un incontro con il Prefetto e l’assessore Catarci, con delega all’anagrafe. Poco dopo le 14, con il supporto dell’autoscala dei vigili del fuoco, si è conclusa la discesa dall’impalcatura. L’arrivo a terra di ciascunɜ è stato scandito da intensi applausi e ampi abbracci. Lɜ attivistɜ hanno quindi raggiunto lɜ altrɜ in presidio per una breve assemblea. In seguito, durante l’incontro concordato, il Prefetto si è impegnato a convocare entro due settimane «appositi tavoli» sia in relazione alla necessità «di sbloccare l’impasse sulla questione residenze», sia per la gestione di aspetti contingenti relativi alle soluzioni abitative, ad esempio «per fare in modo che il progetto di recupero socio- abitativo del San Michele non vada perduto»

A conclusione dell’occupazione, L. ha ricordato al megafono che allɜ occupanti non manca «né il coraggio né la fantasia»: c’è da scommetterci che, nell’ambito delle iniziative per chiedere la cancellazione dell’articolo 5 in occasione del suo decennale, l’occupazione del cantiere della metro C ce n’est qu’un début.

Tutte le immagini sono di Francesco Ferri