MONDO

Argentina, uno sciopero migrante contro Macri

Durante uno dei mesi più densi di conflittualità e mobilitazione sociale dal 2001 ad oggi, si è tenuto il 30 marzo il primo sciopero migrante in Argentina. “Migrare è un diritto umano, abroghiamo la legge 70/2017” campeggia sullo striscione che apre il corteo.

La mobilitazione si è tenuta nel pomeriggio davanti al Congresso della Nazione a Buenos Aires, ma contemporaneamente ci sono stati cortei, scioperi e manifestazioni anche in altre città del paese, e in altri paesi dell’America Latina come Bolivia, Messico ed Ecuador. Una piazza colorata, e meticcia, che combina produttivamente la suggestione di “Un giorno senza di noi” con l’urgenza di opporsi alle leggi restrittive in materia di immigrazione sperimentando pratiche nuove di sciopero e di autorganizzazione a fronte del razzismo crescente. Poche ore dopo l’imponente sciopero e manifestazione della CTA che ha portato in piazza centocinquamila persone contro le misure di austerità del governo, e ad una settimana dal primo sciopero generale contro Macri, migliaia di manifestanti hanno partecipato ieri alla giornata di lotta migrante in piazza del Congresso. Una gran varietà di collettività migranti soprattutto latinoamericane ma anche africane in corteo cantando “Migrantes unidos, jamas seràn vencidos” e “Rompiamo frontiere l’America è nostra, siamo migranti e restiamo uniti” hanno chiesto l’abrogazione del decreto 70 e il blocco della proposta di Pichetto che modifica la legge sull’immigrazione in Argentina ( che coinvolge circa 2 milioni di persone, ovvero il 4,6 della popolazione del paese).

Nella piazza vibrano risonanze molteplici proprie del clima di mobilitazione di questi mesi in Argentina: il grande protagonismo delle donne migranti e i cori femministi richiamano immediatamente la mobilitazione di Ni Una Menos, così come nella capacità di connessione tra diverse realtà e collettività e nel dinamismo sociale risuona la tensione all’autorganizzazione che sta attraversando i territori popolari della metropoli argentina nel pieno dell’attuale crisi. L’assenza di lavoro, di accesso alla salute e all’educazione colpisce i settori popolari e la popolazione migrante con estrema violenza, mentre la criminalizzazione dei migranti diventa un campo di azione strategico del governo Macri. Da mesi cresce l’indignazione per le quotidiane dichiarazioni xenofobe di esponenti del governo, per le politiche securitarie che tendono a criminalizzare la popolazione migrante, per le polemiche e i censimenti degli studenti stranieri nelle scuole e nelle università, per le operazioni poliziesche contro il lavoro informale e contro i migranti. Pochi mesi fa è stata inoltre annunciata l’istituzione di un centro di detenzione per migranti e nel mese di gennaio, in pienza estate, il presidente Macri ha varato il decreto 70/2017 che restringe i diritti dei migranti e accelera le procedure per l’espulsione, viola i diritti umani della popolazione migrante e modifica le finalità inclusive delle leggi migratorie vigenti, la Ley de Migraciones 25.871 y la Ley de nacionalidad 346.

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Il 30 di marzo non è una data casuale, afferma Delia del collettivo Simbiosis Cultural, ricordando così l’undicesimo anniversario dall’incendio del laboratorio tessile informale di Luis Viale, dove sono morte sei persone, cinque bambini ed una donna incinta, tutti di nazionalità boliviana. “Abbiamo deciso di convocare questo sciopero migrante proprio il 30 di marzo per connettere lotta per la dignità e la giustizia sul lavoro con la lotta contro le politiche razziste del governo di Macri” racconta ancora Delia, “per richiamare la vicenda di Viale inserendola all’interno del processo di mobilitazione e lotta dei migranti contro il nuovo decreto xenofobo del governo”.

Pochi minuti prima sul palco allestito davanti al Congresso, una delle sopravvissute dell’incendio racconta la lotta per avere giustizia, la rabbia ed il dolore per i morti, le condizioni disfruttamento del lavoro migrante. Proprio un anno fa si è concluso il processo che ha portato alla condanna di due responsabili della gestione del laboratorio tessile, un argentino ed un boliviano, ma, nonostante “ci fosse stato assicurato in sede processuale che il procedimento avrebbe coinvolto anche i responsabili delle marche, Daniel Fischer e Jaime Heiler, fino ad ora non abbiamo avuto risposte. Noi chiediamo che si continui il processo e che si accertino le responsabilità delle marche nello sfruttamento del lavoro migrante. Ma al tempo stesso lottiamo perchè questi fatti non accadano più, per andare avanti con l’organizzazione dei lavoratori e delle lavoratrici migranti” continua Delia.

“E’ stato un mese importante dal punto di vista dell’autorganizzazione dei migranti” continua Delia “infatti abbiamo lanciato una prima mobilitazione il 1 marzo, giorno di riapertura dei lavori del Congresso dopo la pausa estiva, e poi siamo scese in piazza l’8 marzo per lo sciopero globale delle donne con uno spezzone di donne migranti, poi il 24 di marzo abbiamo lanciato nella manifestazione per i diritti umani uno spezzone dei Lavoratori e delle lavoratrici migranti, per arrivare ad oggi, in cui per la prima volta abbiamo lanciato la mobilitazione autonoma delle diverse collettività contro la legge 70.”

L’assemblea dei messicani in Argentina, le collettività peruviane e boliviane, gli attivisti e gli studenti cileni e colombiani, brasiliani ed ecuadoregni, fino ai senegalesi e ai nigeriani, hanno aperto questo primo ed importante spazio di autorganizzazione migrante e nell’assemblea a fine corteo ribadiscono la necessità di rilanciare fino all’abrogazione della legge. E la giornata finsce cantando “Rompemos fronteras, América es nuestra” sotto il Congresso. “Sappiamo che ogni collettività, ogni realtà politica, ha il suoi spazi e le sue specificità e problematiche da affrontare, ma quello che mi sembra fondamentale sia aprire uno spazio di mutualismo e di unità tra tutti i migranti per fermare l’avanzata xenofoba nel paese e le leggi razziste proposte dal governo” conclude Delia. Dopo ieri, di certo, uno spazio nuovo si è aperto.