POTERI

Una governabile instabilità

Quando l’aereo impazzisce, subentra il “pilota automatico”.

Striker? Ora ascolta e ascolta bene, non c’è differenza tra un aereo e una bicicletta, ma c’è differenza tra una bicicletta e un aereo, ma per te non fa alcuna differenza perché non sai andare in bicicletta. Se atterri, te lo insegnerò. Ora devi disinnescare il pilota automatico, ma ricordati che è un presuntuoso, un pallone gonfiato invadente.

L’aereo più Pazzo del Mondo

Prima delle elezioni si prevedeva in genere un successo piuttosto netto del Pd alla Camera, un risultato più contrastato, a causa della ripartizione regionale del premio di maggioranza, per il Senato, dove il centro-sinistra avrebbe conseguito la maggioranza soltanto alleandosi con la Lista civica di Monti e Casini (il secondo già apertamente disponibile). L’ostinazione di Bersani a proporre un’alleanza programmatica a Monti si spiegava così non solo per fedeltà al programma europeo di austerità, ma anche con considerazioni di interesse. In tale contesto, ritenevamo che una situazione di instabilità derivante dal Porcellum sarebbe stata auspicabile per non aprire un quinquennio di stabile gestione dell’austerità, durante il quale gli oppositori sarebbero stati tenuti a bada da una solida maggioranza almeno inizialmente mascherata da riformismo socialdemocratico. Alcuni (non noi) hanno pensato in buona fede che votare RC di Ingroia si muovesse in quella direzione, piuttosto che appoggiare Sel dentro la coalizione di centro-sinistra.

Le cose però sono andate in modo diverso. Il Pd ha vinto il premio di maggioranza alla Camera, ma con un margine così ristretto sulla rimonta di Berlusconi (0,3%) da precipitarlo in uno stato di depressione e marasma, mentre al Senato si è creato un perfetto equilibrio fra i due vecchi poli e la nuova entrata M5s, Monti ha fatto flop e Casini è praticamente sparito. L’esperimento Rivoluzione civile è naufragato e Ingroia è finito a fare l’esattore delle tasse. Di qui sono derivate le note difficoltà per costituire un governo e trovare un Presidente della Repubblica, Bersani ha fatto una svolta brusca e non motivata verso sinistra (intendendo per tale le vergognose e inutili genuflessioni a Grillo), finendo isolato all’interno del suo stesso partito.

A questo punto delira chi continua a esaltare l’ingovernabilità in sé e a trovare utile per la sinistra il comportamento del partito-azienda di Grillo, che si chiama fuori per difendere la propria tenuta e il proprio futuro (magari sbagliandosi, visti i sondaggi). Tra l’altro bisognerebbe provare a riflettere sul senso stesso del termine ingovernabilità, o meglio del suo opposto: governabilità.

Cos’è oggi governo, infatti? Siamo davvero sicuri che i processi di governo delle popolazioni possano essere identificati tout-court con la capacità/possibilità di una maggioranza parlamentare di dare o meno la fiducia a un governo? Se ci si muove in quest’ambito, si corre il rischio di leggere l’attuale situazione politica con le lenti della sovranità moderna, credendo che basti uno stallo parlamentare – l’Italian stand-off che descriveva bene Giuliano Santoro la scorsa settimana – per mettere in crisi la governance neoliberale europea, che secondo le situazioni può essere sbrigativa e brutale (Grecia, Italia 2011) oppure felpata e indiretta (Italia 2013).

Nel momento della verità, per intenderci quello della conferma dell’incarico di Presidente del Consiglio a Bersani, Napolitano ha preferito seguire l’ormai nota strada della convocazione dei saggi. L’elemento importante però, non è tanto se queste due commissioni avranno realmente un ruolo propulsivo rispetto a un eventuale governo di larghe intese, oppure se rappresenteranno esse stesse una forma di commissariamento soft per fare cosa gradita ai mercati. Il punto sta invece nel processo che ha portato al loro insediamento, passando attraverso una consultazione con le maggiori cancellerie europee e una telefonata rovente tra la Banca Centrale Europea e la Presidenza della Repubblica, saltando Monti (per non parlare di Bersani, Boldrini e Grasso).

La telefonata tra Draghi e Napolitano ci ricorda, infatti, che lo spazio della governance europea è assolutamente policentrico e reticolare, composto da nodi e poteri che, se da un lato oramai non hanno più ambiti di competenza così separati, dall’altro spesso insistono, di fatto, sugli stessi terreni e competenze. E che, soprattutto, nel momento in cui viene meno la capacità di regolazione di uno di essi, gli altri intervengono per garantire la tenuta complessiva del sistema. Un po’ come nel film L’aereo più pazzo del mondo, dove nel momento in cui non sanno più che pesci prendere si gonfia il pilota automatico – il personaggio migliore del film – che garantisce che l’aereo non si schianti al suolo.

D’altronde il mistero della tenuta dello spread e delle borse, più ancora che negli effetti degli acquisti giapponesi e della regolazione Bce, si risolve nella constatazione che – almeno per il momento – i pasticci politici italiani sono considerati poco rilevanti rispetto agli automatismi imposti. Tutti i rissosi protagonisti sono guardati con compatimento ma in sostanza ritenuti ininfluenti. Non saranno Brunetta o Matteo Orfini a far tremare Francoforte e neppure Grillo e Casaleggio, che strologano sull’apocalisse futura ma nel presente non toccano i poteri forti e si occupano dei prezzi alla buvette e dei costi dell’illuminazione notturna delle Camere occupate più che del fiscal compact e del pareggio di bilancio.

Sul medio periodo le cose possono però cambiare, anche se a farne le spese potrebbe essere soprattutto il Pd, che difficilmente riuscirà a uscire compatto quale che sia la soluzione adottata per la Presidenza della Repubblica e del Consiglio. Non solo Bersani sembra destinato a sparire senza eccessivi rimpianti, ma stanno saltando tutti gli equilibri fra riformismo socialdemocratico e destra confusa riunita (teodem e renziani “laici”) e nel calderone rientra anche Sel, nella bizzarra ma probabile ipotesi di un correntone che vada dagli ex-bersaniani a Vendola sotto l’egida del neo-iscritto Fabrizio Barca. Se però si dovesse addivenire a un accordo esplicito fra Pd e Pdl, elettoralmente e socialmente disastroso, le lacerazioni sarebbero molto più serie, l’equivalente di una frattura scomposta per un osso. Il pilota automatico funziona benissimo (o quasi) a livello europeo e finanziario, non è adatto a un’operazione politica locale, pure ormai marginale dato il declino del sistema partitico italiano e del Pd in particolare. L‘instabilità sistemica, il suicidio del centro-sinistra e l’attacco finale al welfare e alle garanzie del lavoro potrebbero liberare tuttavia forze per altri processi, diamoci un occhio.