ROMA

Saluto a un amico

Antonello Sotgia ci ha lasciati. Per tutti noi rimane un vuoto immenso, incolmabile. Dentro e intorno

Quando la vita ti stringe lo stomaco, scrivere può aiutare a trasformare le lacrime in ricordo. Oggi se n’è andato Antonello Sotgia, un compagno, un architetto, un urbanista, un disegnatore, uno scrittore, e così tante altre cose che è inutile provare a fare elenchi.

Il mio ricordo di Antonello non può che essere personale e parziale, limitato a quel tratto di strada che ho avuto la fortuna di fare con lui. E che principalmente ruota attorno al progetto politico ed editoriale di Dinamopress. Altri, con calma, aggiungeranno dei pezzi utili a ricordare una personalità complessa e una vita ricca di esperienze, avventure, amore, lotte.

La cosa più strana di questo tentativo terapeutico di ricordo, a mente non lucida, è che le prime cose che mi vengono in mente sono quelle che non siamo riusciti a fare insieme. Le risposte alla recensione del libro tuo e di Rossella che non ci hai mai dato. Primo segnale d’allarme. Le critiche a quel libro letto troppo tardi che avrei voluto portarti, solo per stuzzicarti un po’. Quelle che avresti sicuramente fatto tu – un po’ per migliorarlo, un po’ soltanto per rompere le scatole – al nuovo sito. Un sito che dopo tanto lavoro comune non siamo riusciti a mostrarti. E poi, il fumetto che non hai presentato. Il pranzo di pesce in terrazzo che avrei dovuto cucinare. L’ultimo saluto che forse non riuscirò a darti, incastrato lontano da Roma.

A chi non l’ha conosciuto, Antonello lascia un libro caldo di stampa, che in molte sue copie è rigato di lacrime già da alcuni giorni. Lascia poi un’infinità di articoli, online e cartacei. Da questi materiali, oltre a temi di studio e ricerca di grande interesse e puntuale attualità, si possono intravedere soprattutto il suo sguardo politico, la sua postura etica, il suo sentimento affettivo verso le città. E in particolare verso Roma.

Antonello non vedeva gli spazi urbani attraverso le regole dell’ingegneria o (soltanto) le forme della geometria. Nel suo sguardo, invece, si mescolavano versi e prosa, poesia e letteratura, problematiche filosofiche e questioni sociali, politiche, economiche. Gli acquerelli con cui ci mostrava interi pezzi di città rendevano visibili nella pietra degli edifici o nei percorsi delle strade sia il sudore di chi li aveva costruiti, sia i desideri, i bisogni, le paure di chi li abita e rende vivi. Dove gli altri vedevano oggetti fermi e inanimati, Antonello mostrava movimenti, conflitti, tensioni, passioni, umanità.

Oggi il movimento perde un compagno vero, che ha lottato per tutta la vita contro le ingiustizie che si è trovato davanti. Compresa l’ultima, quell’infarto che ce lo ha portato via troppo presto, troppo ingiustamente.

Roma perde un uomo che l’ha abitata con amore, immaginandola nei suoi divenire possibili e contribuendo ogni giorno a renderla migliore.

Noi perdiamo un amico, un compagno, uno zio, un marito, un papa’, che ci lascia un vuoto incolmabile. Dentro e intorno. Una persona che ci ha insegnato tantissimo, attraverso la sua esperienza e le sue parole.

L’unica promessa che ti facciamo, Antonello, è che tutto quello che ci hai trasmesso, tutto quello per cui abbiamo manifestato, scritto e discusso non finirà con te. Continueremo a portarlo nella prima linea dei cortei, nei fiumi di parole che facciamo scorrere ogni giorno, nelle occupazioni che continueremo a realizzare. Ce lo porteremo dentro, nelle nostre vite individuali e collettive. Anche se non saranno più le stesse, senza di te.

A pugno chiuso, ovunque tu sia.