ROMA

Esc, 15 anni vissuti pericolosamente: assemblea pubblica sabato 30/11

Sabato 30 novembre, dalle ore 17:30, Assemblea pubblica: “Spazi di libertà”

L’unica cosa che si dovrebbe pensare, a quindici anni, è che si ha ancora tutta la vita davanti.

A Esc ci sentiamo un po’ così: con la consapevolezza e un po’ d’orgoglio di aver scritto – insieme, in tanti e tante – una storia fitta e densa, fatta di momenti entusiasmanti e complicati, dolorosi ed esaltanti; fatta di decine di progetti, alcuni nati e vigorosamente cresciuti, altri solo abbozzati e ancora un po’ zoppi ma pieni di aspettative, altri falliti e poi ritentati e poi ancora falliti, altri ancora soltanto immaginati. Una storia fatta di un tempo mai vuoto, passato a leggere, a studiare, a scrivere, a ballare, a dipingere, a pulire, a sudare, a parlare. Soprattutto a parlare: raccontare, informare, domandare, rispondere, urlare, convincere, denunciare.

Una storia fatta, soprattutto, di incontri e relazioni. Vicinissime e lontanissime. A San Lorenzo, casa nostra: a piazza dei Sanniti, a Scalo, a via dei Sabelli. Alla Sapienza. Al Pigneto e a Casal Bertone. A Montesacro, a Centocelle, a Ostiense, a Cinecittà. A piazza del Popolo, a piazza San Giovanni, a piazza Vittorio, a piazza del Campidoglio, a piazza Montecitorio. Tra gli ulivi della Sabina. A Padova, a Pisa, a Bologna, a Napoli, a Genova, a Torino, a Milano. A Nemi e a Pontedera. Sulla spiaggia di Ventimiglia e sulle montagne dei Balcani. A centocinquanta miglia da Lampedusa, in mezzo al mare. A Parigi, a Barcellona, a Berlino, ad Atene. In Argentina, in Siria, in Iraq. Una miriade di incontri e relazioni, durate una settimana o dieci anni, tessute nella preziosa consapevolezza che, per ciascuno che avrebbe potuto trovare a Esc la propria casa, anche solo per il pomeriggio di un’assemblea, altrettante case avremmo trovato noi in giro per la città, in giro per il mondo.

Ma quella casa, oggi, è in pericolo. Non è una novità: per almeno dieci di questi quindici anni, la “casa” che Esc ha scelto, ha trovato a San Lorenzo è stata ufficialmente sotto sgombero. Lo è stato, dal 2004 al 2009, l’immobile in via dei Reti 15, strappato a quella speculazione edilizia che rappresenta il vero degrado di San Lorenzo, prima che fosse nuovamente svuotato, restituito alla cinica violenza della proprietà privata e quindi regolarmente lasciato all’abbandono, allo scandalo del disuso. E lo è – sotto sgombero – l’immobile in via dei Volsci 159, di proprietà del Comune di Roma, in teoria regolarmente assegnato in concessione da parte dell’amministrazione locale, in quel barlume di lucidità nelle scelte di politica urbana che – tra l’inizio degli anni Novanta e la fine degli anni Duemila – aveva consentito che gli immobili di proprietà pubblica fossero legittimamente riempiti di attività sociali, culturali, solidali, ricreative, organizzate e promosse in autonomia, dal basso. Autogestite.

La storia della famigerata delibera 26 del 1995, e della sua successiva distruzione, ad opera della ancor più famigerata delibera 140 del 2015, è una storia complicatissima, fatta di un intreccio maledetto di scelte e non-scelte politiche, mala gestione amministrativa, minacce giudiziarie, diffamazioni mediatiche. La storia, per certi versi, di una sorta di incredibile truffa compiuta dall’amministrazione pubblica ai danni di associazioni sociali e culturali. In questi anni, abbiamo provato a raccontarla, questa storia, a nome di Esc e degli altri 800 spazi sociali e associativi romani coinvolti, anche entrando nei suoi complessi aspetti giuridico-amministrativi, oltre che politici. Ne abbiamo sistematicamente individuato e raccontato – e torneremo a farlo – ogni tappa, ogni promessa, ogni giro a vuoto, ogni passo indietro.

La Giunta Marino, il Vicesindaco Nieri, l’eterogenesi dei fini, la delibera 219/2014, l’ideologia del bando pubblico. Poi Affittopoli, le diffamazioni, la Procura della Corte dei Conti, l’Assessora Cattoi e l’Assessora Danese, la delibera 140/2015, l’ordine di “riacquisizione” in vista della messa a bando. Poi il commissariamento, il Prefetto Tronca, il sub-commissario Spadoni, il Prefetto Gabrielli, il Procuratore Patti. Le “letterine”: l’ordine di sgombero, le richieste di denaro, i canoni di mercato, centomila, duecentomila, trecentomila euro. L’assurdo. Il danno erariale, le preassegnazioni, i termini di 120 giorni, le indennità d’uso, i mancati rinnovi, il legittimo affidamento. Gli avvocati, i tribunali. I cortei, le piazze, le assemblee, i flash mob, le “TAZ’” Le proposte: un regolamento comunale sui beni comuni. Poi la campagna elettorale: Virgina Raggi, il dibattito al Cinema Palazzo, gli impegni, le promesse. Poi gli Assessori, quelli nuovi: Minenna, Berdini, Bergamo, Baldassarre, Mazzillo, Castiglione, Montuori. Gli incontri, gli impegni, le promesse. Le moratorie, le “gradualità”, la delibera 19/2017. Lo sgombero riuscito del Rialto, quello sventato dell’Angelo Mai. Ancora le piazze, le assemblee, i cortei. Intanto, qualcuno si arrende – il rischio è troppo grande, la minaccia troppo forte –, riconsegna le chiavi: esperienze di cui nessun saprà più nulla, volti e idee disperse, ferite nella pelle della città che non si rimargineranno, mai più. Poi la Corte dei Conti, le sentenze, decine di sentenze: nessun danno erariale. Ancora impegni, ancora promesse, sempre la stessa: un nuovo regolamento comunale sulle concessioni degli immobili del patrimonio indisponibile di proprietà comunale. Una norma transitoria, capace di mettere un punto, e a capo. Lo si aspetta, dovrebbe arrivare, oggi, domani. No, tra un mese. Tra un anno. Bisogna studiare, verificare, ipotizzare. Contemperare sensibilità differenti. Mantenere gli equilibri nella maggioranza. Ottenere il parere favorevole degli uffici. Il problema è quel dirigente; cambia il dirigente, poi non cambia nulla. Si aspetta, si aspetta. Una novità, bella: una legge regionale sui beni comuni. Ma non basta: il problema è sempre lì, a piazza del Campidoglio e a piazza Giovanni da Verrazzano.

Si aspetta, si aspetta.

A meno di un anno e mezzo dalle elezioni comunali – dentro la minaccia concreta che le spire del ciclo reazionario globale, sovranista e populista, avvolgano anche Roma – Esc offre l’occasione del proprio compleanno di tornare a parlare, insieme, di questa vicenda. Il futuro degli spazi sociali e associativi nel patrimonio pubblico romano. Il futuro dei beni comuni a Roma. Una vicenda piccola, forse, rispetto all’enormità dei problemi di questa città ormai praticamente fallita. Una vicenda, tuttavia, che ancora crediamo in grado di significare qualcosa di importante, in termini di governo urbano, di gestione del territorio, di lotta alla speculazione e alla criminalità e al degrado, di politiche culturali, di forme della democrazia partecipativa.

Rivolgiamo l’invito di questa occasione alle istituzioni: il Municipio, il Comune, la Regione; per tornare a discutere insieme le urgenze, le possibilità, le prospettive.

Lo rivolgiamo ai tantissimi, attiviste, volontari, musiciste, artisti, mamme e papà del quartiere, precarie, migranti che ogni giorno attraversano il nostro spazio, usandolo per ciò che ritengono importante, utile, rivoluzionario, e danno così un senso al nostro stare qui, al nostro tenere aperto questo spazio.

Lo rivolgiamo alle compagne e ai compagni, in giro per Roma, con cui in questi anni abbiamo condotto la stessa battaglia, denunciando le stesse ingiustizie, elaborando le stesse proposte, condividendo le stesse paure, maturando la stessa rabbia. A tutti quelli con cui abbiamo fatto solo un pezzo di strada insieme, ché magari è lecito pensare che ci sia pure un limite al tempo sprecato per una battaglia che sembra non finire mai. A tutti gli altri che, per una causa magari appena diversa, condividono con noi lo stesso identico effetto, quello di avere una casa perennemente sotto sgombero.

A tutti quelli che guardandosi intorno, guardando la città, si ritrovano a pensare che gli spazi sociali e associativi siano un argine – uno fra i pochi, forse l’unico, magari insufficiente – alla condanna ad abitare una metropoli violenta, grigia, inospitale, ottusa, intrisa di razzismo, di sessismo, di omofobia, teatro di una routine di sfruttamento e di solitudine. E che allora quegli spazi – anche solo per questa idea – vadano difesi. «Con ogni mezzo necessario».

 

Sabato 30 novembre, dalle ore 17:30, Assemblea pubblica: “Spazi di libertà”