MONDO

Argentina, una marea in piazza contro i tagli all’università

Una moltitudinaria mobilitazione di docenti e studenti a Buenos Aires: in settantamila in piazza contro i tagli di 2900 milioni di pesos dell’attuale governo e per reclamare aumenti salariali.

Giovedì 12 maggio, pochi giorni dopo la prima storica mobilitazione unitaria dei sindacati contro il governo Macri, scende in piazza il mondo dell’università, in agitazione da settimane: docenti, ricercatori, lavoratori tecnici- amministrativi e studenti provenienti da diverse province del paese hanno bloccato completamente il centro di Buenos Aires. Una manifestazione imponente, che ha visto alternarsi spezzoni di sindacati e delle assemblee delle facoltà, organizzazioni politiche e sociali, ed un fiume di giovani e giovanissimi: una marea composita e festosa, determinata a difendere l’università pubblica. Così come per i sindacati il 29 aprile scorso, si tratta della prima manifestazione unitaria a livello di organizzazioni studentesche e sindacati dei docenti dal 2001 ad oggi.

L’agitazione nelle università argentine ha avuto inizio già da alcune settimane: dopo le lezioni all’aperto, diverse giornate di sciopero dei sindacati dei docenti e del personale amministrativo, i blocchi stradali, l’occupazione di tre facoltà della UBA, la mobilitazione di ieri nelle strade della capitale argentina è stata impressionante. Un segnale di forza di un movimento che da adesso in poi dovrà misurare la propria capacità di ottenere vittorie concrete a fronte dell’offensiva del governo: “Aspettiamo la reazione del governo” dichiara a Notas Adrián Lutvak, portavoce della Federazione Universitaria di Buenos Aires” ma la lotta studentesca proseguirà, in particolare dopo questa enorme manifestazione senza precedenti negli ultimi 15 anni”.

Dopo il corteo di ieri infatti si sono riaperti questa mattina i tavoli di trattativa per negoziare gli aumenti salariali al Ministero dell’Educazione. E’ previsto oggi un incontro tra il ministro Bullrich e i sindacati che hanno rifiutato pochi giorni fa l’offerta dell’aumento del 15 per cento, poi estesa al 31 per cento, a fronte della richiesta, calcolata in base ai tassi di inflazione, del 45 per cento. Oltre all’aumento salariale, i sindacati denunciano la precarizzazione della ricerca e della docenza, la proliferazione dei contratti gratuiti e i nuovi meccanismi di valutazione: una offensiva contro l’università pubblica nel nome del taglio degli sprechi e della meritocrazia senza precedenti. Per quanto riguarda i tagli invece possiamo ricordare ul precedente, la manovra economica che il ministro dell’Educazione Lopez Murphy portò avanti nel 2001 e che gli costò la poltrona pochi mesi prima dell’insurrezione popolare del 19 e 20 dicembre.

Le rivendicazioni unitarie portate ieri in piazza sono incentrate sulle seguenti questioni: adeguamento salariale legato alla svalutazione, all’inflazione e all’aumento delle tariffe dei servizi, aumento del fondo di finanziamento ordinario, rispetto dei contratti collettivi, “boleto educativo” universale e gratuito, aumento delle borse di studio, rivendicazione dell’accesso senza restrizioni alle università, blocco dei licenziamenti. Cecilia Rikap, docente di Scienze Economiche, afferma ai microfoni de La Tribu che “già nel 2009, con il precedente governo, abbiamo dovuto lottare per ottenere i finanziamenti, mobilitarci contro i contratti di lavoro gratuito, per l’adeguamento salariale. Immaginiamoci quanta mobilitazione è necessaria oggi con il governo di Macri che vuole portare avanti i tagli e il progetto di una università per pochi. Occorre rilanciare la mobilitazione di queste settimane per conquistare molto di più di ciò che ci vorrebbero togliere”.

E’ di pochi giorni fa l’annuncio dello stanziamento di 500 milioni di pesos “extra” per l’università, accolto come un insulto dai sindacati e dagli studenti: la Ley de Presupuesto votata lo scorso anno e bloccata dall’attuale governo, prevedeva infatti 2900 milioni di pesos per l’università: a fronte di questi tagli, cosa sono 500 milioni di pesos se non una miseria, che garantirebbe al massimo pochi mesi di attività, e solo in alcune università?

Il blocco dei finanziamenti mette a rischio le attività basilari nelle facoltà,si denuncia la possibile chiusura dei corsi serali per mancanza di fondi per pagare l’elettricità, e colpisce in particolare le università del conourbano nonarense. Come segnala Grimson su Pagina12 , la crescita delle università pubbliche negli ultimi trent’anni, quindi dal ritorno della democrazia, e nell’ultimo decennio in particolare, ha portato ad un amento significativo dell’accesso agli studi universitari da parte di molti settori storicamente esclusi. Se nel 1960 le università pubbliche erano 9, nel 2010 sono diventate 47, e tra il “2001 e il 2011 395.000 studenti hanno avuto accesso all’università, un aumento del 28%. Nello stesso periodo il numero dei laureati è aumentato del 68%, passando da 65.000 a 109.000 all’anno”. Tutto questo oggi è pesantemente sotto attacco.

Il forte radicamento territoriale esteso anche alle aree più povere del paese delle università pubbliche argentine, e il portato storico di lotte e conquiste che hanno difeso nei decenni la gratuità dell’università, ha fatto si che la mobilitazione si sia estesa in tutto il territorio nazionale. Intanto la settimana scorsa a La Plata, capitale della provincia di Buenos Aires, l’area più popolosa del paese, decine di migliaia di studenti sono scesi in piazza rivendicando il trasporto gratuito: nonostante lo scorso anno sia stata approvata la legge per il “Boleto educativo gratuito”, l’ assenza di finanziamento sta di fatto rendendo vana la conquista studentesca, mentre il prezzo del biglietto è aumentato del 300 per cento.

La mobilitazione legata al salario portata avanti dai docenti ha così aperto uno spazio di lotta che pian piano ha visto crescere il protagonismo studentesco e si è allargato alla società nel suo complesso estendendosi dalle province del nord fino alla Patagonia. La capacità di generalizzare il conflitto contro le politiche neoliberiste del governo Macri sarà una delle sfide più importanti che il movimento studentesco ha davanti a sè: in questa fase, la capacità di andare oltre i conflitti settoriali e sindacali classici è una urgenza più che mai necessaria per fermare l’offensiva del governo, ottenere delle vittorie e ri-costruire possibile forze alternative a livello politico complessivo.

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