MONDO
Appunti sull’Obama bis
Naturalmente la fine della contesa elettorale e della speranza di rovesciare a breve il Presidente può facilitare la ripresa dei negoziati e il raggiungimento di un compromesso, che sarà comunque insoddisfacente per gli elettori di Obama e che probabilmente innesterà processi direcessione negli Usa, schiacciati dal debito in misura ben maggiore dell’Europa. L’evidente sollievo che ha accomunato destra e sinistra europea per la conferma di Obama non ha certo ridotto la paura per la crisi, che ora comincia a lambire anche il commercio estero tedesco e che in ogni caso vede un peggioramento di tutti i dati economici, in primo luogo di quelli relativiall’occupazione. Se la stabilità politica (non altrettanto economica) americana da un po’ di respiro all’euro, le cause della sua fragilità non fanno che aumentare.
Quanto è accaduto negli Us rimane comunque di grande interesse, una volta depurato dalle illusioni salvifiche per la pace e l’economia globale: il dossier iraniano resta aperto e i droni volano e uccidono più che mai. Gli elementi essenziali che ne emergono sono la profonda spaccatura del Paese (Nation’s political divide is deepening –proclama il «Washington Post» e confermano i quotidiani di contrapposto orientamento) e la stabilizzazione della coalizione di minoranze, un azzardo di Obama nel 2008, che oggi è diventata una consolidata maggioranza paragonabile a quella roosveltiana negli anni ’30. Qualche dato per capirci. Hanno continuato a votare per Obama le donne (55 a 44) e i giovani fra i 19 e i 29 anni (60 a 37) –percentuali in lieve calo rispetto al 2008 – mentre sono cresciuti nell’ultima tornata i voti fra i latinos, il cui numero assoluto è in aumento (69 a 29), fra gli afro-americani (93 a 6), fra i non molti asiatici (70 a 29). Per quanto riguarda la linea del colore, ha votato per Romney il 60% dei bianchi, soprattutto maschi e adulti, se si incrocia con i dati precedenti. La cartina degli stati rossi e blu –è stato notato– si sovrappone quasi esattamente alla distribuzione degli stati schiavisti e abolizionisti alla vigilia della Guerra Civile di un secolo e mezzo fa…Da notare che i repubblicani hanno mantenuto la loro presa sui blue collars bianchi, perdendo provvidenzialmente il consenso nelle contee di Ohio e Michigan dove erano i gruppi più cospicui dei lavoratori dell’auto, salvati dall’intervento pubblico degli scorsi anni –donde il ruolo paradossale giocato da Marchionne a Detroit e a Torino. Ovviamente Obama ha anche incassato i benefici di una politica migratoria liberale, anche se le promesse hanno finora sopravanzato le misure entrate in vigore. Diciamo che certamente ha perso l’ottuso razzismo repubblicano, che si è persino giocato il consenso fra gli esuli cubani, soprattutto di seconda generazione.
In questa America polarizzata Obama ha giocato con molta abilità due carte: una tattica, imputando agli avversari l’ostruzionismo selvaggio e la mancanza di proposte per risolvere la crisi, l’altra strategica, puntando su una coalizione maggioritaria di minoranze (di minoranze in crescita demografica) e concentrandosi sulle aree decisive secondo il sistema elettorale locale per collegi, a costo di rischiare di restare sotto nel conteggio del voto popolare, che ha conservato ma in regresso rispetto al magico 2008. La necessità di smuovere strati sottoprivilegiati (e non automaticamente propensi al voto, che richiede una preliminare registrazione) ha poi conferito uno straordinario impulso all’attivismo democratico: vistosamente evidente quello in rete, ma altrettanto e forse più efficace quello materiale, porta a porta (“emiliano”, da Pci anni ’50), di accompagno ai seggi degli elettori e di sostentamento alimentare nelle lunghissime code, soprattutto nel voto anticipato nei giorni festivi precedenti al martedì, l’arcaico election day. Ne è risultato, secondo molti osservatori, una chiusura del ciclo repubblicano aperto dalla (fallita) controffensiva di Goldwater nel 1964 che portò alle vittorie dell’età di Nixon e di Reagan e poi dei Bush, assieme ad una nuova dislocazione consolidata del blocco di alleanze etnico-sociali, con la centralità delle città e dei suburbi dinamici dove vivono le minoranze emergenti. Dove, fra l’altro, era stato più vivace il movimento Occupy, che pure è ben lungi dall’identificarsi con Obama. Quanto ciò sia istruttivo per la frammentata Italia, indipendentemente dalle sempre più sfocate illusioni sul carattere progressivo di Obama, è un tema su cui torneremo presto.