DIRITTI

Premesse a una strategia

I farfugliamenti sulla “grande politica” e la questione delle migrazioni oggi.

I farfugliamenti sulla “grande politica” che hanno accompagnato il disarmo politico e morale della sinistra italiana nell’ultimo ventennio non depongono a favore del termine. Tuttavia la grande politica esiste. Solo che la fanno gli altri. Anche su temi come i migranti. Vediamo di imparare. Gesti semplici, calcoli precisi, parole comprensibili. Ovviamente su cose importanti, addirittura epocali. Per esempio, la tumultuosa migrazione dei popoli che oggi è manifestamente l’effetto e il sedimento dinamico di una profonda crisi economica e non solo.

Abbiamo registrato tre grandi risposte.

Papa Bergoglio l’ha messa al centro degli eventi e ha proclamato un’accoglienza incondizionata e illimitata, che non distingue fra asilanti, profughi di guerra e migranti economici. Abbastanza realistico, prima ancora che misericordioso: difficile fare una cernita motivazionale da chi scappa dalla morte (per fame, per persecuzione, per conflitto). Quali sono le ragioni di Francesco? Beh, il mestiere di papa implica nei casi migliori una valenza profetica e accogliere i fuggitivi la realizza (quanto soccorrere gli afflitti). Anche la tenuta della Ditta ne risente positivamente, migliorando il proselitismo o quanto meno compensando gli attacchi della concorrenza.

Erdoğan ha accolto due milioni di siriani in Turchia e ha largamente concesso loro il diritto di voto, incrementando così le fortune del suo AKP ma soprattutto utilizzando questa apertura per conquistare un’egemonia regionale, barcamenandosi fra Europa, Usa, Fratelli Musulmani e Isis e tenendo a bada i suoi nemici interni (i curdi) e i competitor esterni (Iran, Arabia Saudita, Egitto, Israele). Accogliere tanti siriani in Anatolia e smaltirne una parte in Europa dopo i più recenti cambiamenti di scenario fa parte di una complessa partita a scacchi per consolidare il traballante potere interno, compromesso dalle ultime elezioni, e rilanciare le storiche aspirazioni ottomane nella regione.

Da ultimo la Merkel ha cominciato a parlare di superamento di Dublino e di accoglienza incondizionata dei soli siriani in Germania, scatenando un casino pazzesco nei paesi vicini di transito. Per un verso, la Cancelliera prende atto con realismo di un flusso inarrestabile (i siriani vogliono andare in Germania, e con loro anche tutti gli altri). Per l’altro, mira a utilizzare questa invasione come un’irrigazione, secondo la buona regola di gestire le crisi come occasioni. In primo luogo e subito, garantendosi con tale gesto un’egemonia politica e morale in Europa che non poteva più mantenere con un’ottusa supervisione dell’austerità. Ci butta dentro un bel po’ di soldi, ma ne guadagna politicamente e in termini di forza – così come aveva fatto il suo maestro Kohl con l’unificazione tedesca e il cambio alla pari del marco nel 1989. O prima ancora, accogliendo dopo la disfatta nel 1945 milioni di tedeschi espulsi dall’Est. Nel medio periodo, si procura abbondante manodopera (acculturata e neppure troppo islamica) per sostenere lo sviluppo economico in un mercato europeo asfittico e nella prospettiva di una contrazione considerevole degli sbocchi in Cina. Senza esitare di fronte ai rischi di un allentamento dell’asse geopolitico con i paesi dell’Europa orientale, oggi volti piuttosto verso l’Inghilterra repellente di Cameron.

Tre operazioni di grande politica (Obama ci sta provando su altri terreni). Sono però “altri” a farla (e almeno due sono pure “nemici”).

E la sinistra?

Vabbè, distinguiamo. La sinistra socialdemocratica sta in coda alla Merkel e magari rosicchierà qualche briciola, I partiti socialisti spagnolo e francese latitano. Renzi si agita e chiacchiera, ma si limita a contendere il terreno a Salvini con atteggiamenti più “umanitari”. Si è ben guardato, tra le tante “riforme”, dal cancellare la Bossi-Fini, una legge per metà inapplicabile, per metà criminogena, che costituisce, fra l’altro, il sostegno statale dall’alto della perversa distinzione (ignota perfino in gran parte dell’Europa) fra migranti “regolari” e “clandestini”. Non a caso il governo Cameron l’ha presa a modello per frenare l’immigrazione, in primo luogo quella italiana…Il Pd spera soltanto che i profughi scappino al più presto dall’Italia terrorizzati da Lega, burocrazia e disoccupazione. Quelli che restano vanno ad alimentare non lo sviluppo industriale, ma il sommerso, nel ventaglio che va dal caporalato all’edilizia all’economia criminale – tutte componenti ascendenti del Pil…

E la sinistra “vera”, cioè quella che si oppone de core e non conta un cazzo? Molto solidale con i migranti, beneficamente attiva con marce, scuole, assistenza, sportelli, occupazioni, ma senza un progetto strategico né in generale né che li comprenda come forza attiva e soprattutto come occasione. Le rivoluzioni non seguono un ordine dettato dalla storia e neppure da programmi di partito, ma si innestano su “accidenti” (diceva un antico) che vanno sfruttati al volo, previsti o no che siano. Se non c’è “riscontro”, l’occasione passa e magari viene usata da altri per schiacciarci. Nel migliore dei casi, l’accidente viene subìto, espulso come un corpo estraneo: per esempio, in Grecia l’improvviso riversarsi dei migranti dal corridoio turco ha alimentato le pulsioni razziste di Alba Dorata (e ovviamente continua a farlo), è stato accolto con solidarietà dai movimenti, ma non si è sommato alle altre spinte derivanti dalla crisi: in fin dei conti sembra che il governo Syriza abbia cercato di non infierire troppo, ma di sbarazzarsi al più presto di questo ulteriore guaio spintonandolo verso la Macedonia. Forse non si poteva fare altrimenti, ma un certo disagio per la gestione di questo e altri accidenti socio-economici rimane e comunque configura una situazione di sconfitta.

Cominciamo con il prendere atto di questa situazione e che si tratta del principale complesso di movimenti e variabili con cui ha a che fare oggi ogni processo politico, quindi anche quelli che si propongono mutamenti di struttura. Prendiamo atto che il blocco della sinistra riformista e rivoluzionaria verte su questo, come nel 1914 e nel 1939 sulla guerra. In attesa, magari, che fra spinte e controspinte la guerricciola che oggi cova in Ucraina si candidi a esiti più impegnativi. E che se ne esce impostando una svolta strategica che parli alla gente, mentre oggi perfino i militanti più impegnati fanno fatica a capirsi fra loro e a decifrare i documenti pazientemente postati on line…

Per non limitarci a un lamento, osserviamo che la spinta delle migrazioni non agisce solo oggettivamente, travolgendo muri e reticolati e sconquassando le regole europee e gli egoismi nazionali, ma anche soggettivamente, con piccoli e grandi pressioni (Ceuta, Ventimiglia, Brennero, Gevgelija, Budapest e soprattutto Calais) – sommosse senza paragone negli ultimi anni e neppure del tutto sconfitte. Le cose cambiano così. Non ne dovremmo imparare qualcosa, rinfrescarci la memoria?