POTERI

Italian Jobs

I colpi all’italiana, the Italian Jobs, sono due e purtroppo entrambi senza la vendicatrice Charlize Theron.

Il primo è l’immensa bufala del “gomblotto“ confezionata dal contractor per Servizi Assortiti Alan Friedman e spacciata in combutta da Financial Times[…] e Corriere della Sera, con la partecipazione straordinaria di De Benedetti, Monti e Prodi. Lo scoop altro non era che la replica di cose ovvie e già note da lunga pezza, che cioè Napolitano non si è svegliato una mattina di novembre decidendo di nominare Monti senatore a vita e di costringere subito dopo Berlusconi alle dimissioni, ma aveva preparato la cosa da qualche mese e magari sollecitato, d’intesa con la Merkel e Draghi, l’invio della lettera della Bce del 3 agosto. L’evento consiste semmai nella decisione di riscaldare la pietanza e servirla a un Napolitano già sotto botta e su quel palco mediatico, con l’effetto di paralizzarlo e impedirgli di difendere Letta dall’assalto renziano. Il “ colpo” è caduto alla vigilia della visita di palle-d’acciaio al Quirinale e, anzi, ha prodotto il contrario: un rapido passaggio anticipato di Renzi al sacro soglio, così che il premier si è trovato nudo nella tempesta, abbandonato da tutti. Dettaglio non da poco, l’operazione –che è scontato far risalire ad ambienti finanziari internazionali– è stata avallata con più o meno perfidia da eminenti personaggi che si sono cavati svariati sassolini dalle scarpe. Non saprei francamente però indicare al momento un mandante preciso, né capire chi si vuol mettere al posto di un Napolitano spintonato di brutto verso le dimissioni. A meno che non lo si voglia lasciare appeso così, tramortito e intanto far fuori il suo protetto Letta. Pure quelle sparate tardive contro l’austerità avranno diminuito il suo quoziente di affidabilità.

Qui entra in scena il secondo Italian Job. Tutto psichiatrico, quanto il primo era ricattatorio e dietrologico. Parlo della “staffetta” Letta-Renzi, che nel giro di un paio di giorni verrà a concludersi (al momento tutti tifano per Renzi). Ognuno in questa farsa ha recitato tutte le parti, proclamando tutto e il suo contrario. Superfluo riepilogare: election day il 25 maggio, elezioni ad autunno, cinque mesi di tirare a campare o diciotto, rimpasti (orrore!), staffetta giammai, Letta-2 o Renzi-1, mai al governo senza investitura elettorale, al governo e poi legge elettorale ed elezioni, al governo fino al 2018, ecc.

Letta, infine, in lampante stato confusionale (sono calmo, calmissimo) ha abbracciato in due giorni successivi la mistica occidentale e quella orientale. Martedì: «Il mio destino e quello del mio esecutivo è nelle mani della Provvidenza». Mercoledì: «se fosse per me, ora l’hashtag sarebbe #iosonoserenoanzizen… Dovesse andare male questa vicenda, potrei perfino insegnare pratiche zen in qualunque monastero». Amen, si provveda al Tso.

In realtà, al di là del grottesco suicidio della maggioranza e del Pd, si tratta di una normale crisi parlamentare dato che, malgrado tutte le fantasie mediatiche, abbiano continuata ad essere una repubblica parlamentare dove il Presidente del Consiglio è scelto dai partiti di maggioranza e ratificato da un voto delle Camere, non da un’investitura popolare diretta. Dove tutte le crisi parlamentari, in perfetto stile democristiano, sono state crisi extra-parlamentari, cioè imposte da manovre di palazzo. Più si strilla di irreversibili riforme, più va avanti come prima. Chi ha l’età, si ricorda Fanfani contro Andreotti, De Mita contro Moro, ecc. Ogni cambio di governo era un affare interno Dc, mica una vittoria del Pci. Adesso poi gli eredi del Pci sono in mano ai Dc, dunque…

La staffetta finirà con la designazione di Renzi, la cui carta vincente è la promessa di non indire elezioni e nel frattempo dilazionare la legge elettorale e le riforme “epocali”, con gran gioia di chi scomparirebbe del tutto (con un forte maggioritario) e quasi (con il proporzionale), cioè NCD, Lega, centristi e Sel, dei parlamentari dissidenti che sarebbero asfaltati nella formazione di nuove liste (minoranza Pd e M5s), di tutti i senatori, che vedono l’abolizione del Senato (con relative indennità) come i tacchini l’arrivo del Natale. Per non parlare dell’incertezza dei sondaggi e della paura che al ballottaggio arrivi Grillo. Questo è il nucleo razionale della “vocazione maggioritaria” sbandierata da Renzi come da Veltroni –una parola che porta sfiga e una prassi di accordi a geometria variabile.

Peccato che Renzi ha avuto successo proprio promettendo riforme ed elezioni ravvicinate, così che il ruolo di premier senza elezioni andrà di sicuro a logorarlo. Berlusconi, che si crede immortale e impunito nei secoli, si augura che Renzi tiri avanti fino al 2018, o almeno per un altro anno, facendogli nel frattempo saltare il tavolo, del resto molto fumoso, delle riforme. Napolitano, bastonato ma ancora senza alternative (non crederete mica che la Befana ci riporti Prodi?), aspetta i cent’anni e il terzo mandato.

In settimana i giochi forse si chiariranno un poco. E i problemi dell’Italia, direte? L’occupazione, il reddito, l’Europa? Volete scherzare, e che gliene frega al ceto politico? Il loro tag è “palazzi”.