ROMA

«World hold on!» 30 mila a Roma per il climate strike

Al quinto anno di esistenza, Fridays For Future, insieme a tanti dei movimenti della Capitale, ha lanciato un Climate Strike che ha portato 30 mila persone a riempire le vie del centro di Roma. Una giornata di mobilitazione che è stata il preludio a un autunno di lotte, di convergenze e di scontro politico in un Italia in bilico tra le visibili conseguenze del cambiamento climatico e la crisi sociale, politica ed economica

L’autunno è arrivato da un giorno all’altro nella capitale dello Stivale, riportando le prime felpe e le notti fredde.  Eppure, nel penultimo venerdì di settembre, migliaia di giovanissimə hanno presidato la Fontana Delle Naiadi a Piazza della Repubblica consapevoli del caldo ciclo di lotte che li aspetterà nei prossimi mesi.

L’anno scorso si diceva che il mondo è già finito e questo settembre 2022 è la più evidente dimostrazione che è vero: dopo l’estate più calda degli ultimi trent’anni, la siccità, la crisi energetica, la guerra in corso, ormai non si riesce più a tenere il conto degli elementi che rendono un destino inevitabile la lotta ecologista nei prossimi tempi.

Questo è il quarto anno in cui il movimento ambientalista internazionale Fridays For Future chiama uno sciopero globale per protestare contro l’inadempienza della classe dirigente di fronte alla visibile crisi climatica in corso. Un’opportunità importante per lə giovanə militantə, visto che questa è la prima occasione da diversi anni di riempire le piazze delle città senza che ci siano particolari provvedimenti per la pandemia Covid-19.

Del resto, i numeri parlano per sé. Come spiega Emanuele Genovese di Fridays For Future Roma «oggi eravamo circa 30 mila a Roma e, stiamo ancora stimando, ma i numeri in tutta Italia si attestano intorno alle 100 mila persone, con  cortei molto partecipati in quasi 90 città. Abbiamo avuto ottimi riscontri in tutte le piazze dello stivale e la ripartenza dell’autunno caldo si fa sentire».

Una ricca partecipazione che risulta lampante cercando di attraversare le vie del centro di Roma, interamente occupate da un serpentone di studentə dei licei romani e delle università, oltre che associazioni e movimenti sociali, lavoratori e lavoratrici, liberə cittadinə.  Proprio nella capitale, infatti, la costruzione della giornata ha visto convergere diverse realtà cittadine in una serie di assemblee tenute nelle settimane che hanno preceduto il corteo.

Discussioni che sono state animate da moltissime realtà differenti quali Fridays For Future Roma, il sindacato CLAP, diversi spazi sociali, Non Una di Meno, l’assemblea ecotransfemminista “Corpi e Terra” e la Laboratoria Autogestita Berta Càceres che a marzo scorso ha occupato uno stabile in Via della Caffarella 13. Proprio le militanti di quest’ultima, durante la giornata hanno spiegato che un dibattito così intersezionale non ha contribuito solo alla costruzione della giornata ma anche all’iniziativa che si è svolta la mattina stessa del corteo alle sedi dell’ENI e dell’ACEA.

«Questa mattina prima del corteo sono state fatte due azioni una davanti all’ACEA una davanti all’ENI, luoghi che sono sedi di due aziende che stanno speculando su questa crisi climatica, ecologica, sistemica e che si stanno arricchendo dagli extra profitti generati da queste ultime. Abbiamo voluto distruggere simbolicamente una bolletta gigante davanti ad entrambi, perché mentre le persone comuni pagano il prezzo di questa crisi, ENI ed ACEA spartiscono lauti maxi profitti tra gli investitori e gli azionisti, ottenuti con le loro politiche ecocide. Abbiamo inoltre aperto uno striscione “Fine del mondo e fine del mese, stessa lotta!” per ricordare quanto la battaglia contro la crisi economica e quella per fermare l’emergenza climatica devono andare assieme, entrambe espressioni della violenza del capitalismo estrattivista sull’economia e sulla natura» raccontano alla piazza lə attivistə di Berta.

Un corteo che è dirompente e che, a due giorni dalle elezioni politiche, parla chiaramente di responsabilità della classe dirigente nell’aver costruito un mondo sempre meno a misura delle nuove generazioni. Infatti, esso si apre con un enorme striscione verde che recita «Volete il nostro voto ma ignnorate la nostra voce» e si snoda tra cartelloni, anche molto divertenti e attuali, come «C’è più plastica nel mondo che nelle Kardashian» oppure «Meno Cannucce, Più Cannoni», e spezzoni di alcune scuole superiori come il Tasso o i licei Morgagni e Manara che da Monteverde hanno raggiunto insieme la manifestazione in centro.

Agnese ha 17 anni e frequenta il quarto anno del liceo Morgagni: «Sono scesa in piazza perché è importante battersi contro la crisi climatica e soprattutto, in vista di questa guerra che sta generando una crisi energetica sostanziale, per ribadire chi sono i responsabili. Senza un sovvertimento dell’ordine naturale non otterremo nulla: va benissimo la responsabilizzazione individuale, ma sappiamo che gran parte della responsabilità è in mano a chi sta al governo e per questo motivo non possiamo limitarci a dire che dobbiamo spegnere l’acqua mentre ci laviamo i denti. Questo è sicuramente importante, ma non è il punto principale».

Mentre dalle finestre e dai lati della strada gli adulti fanno foto, guardano spaventati o applaudono – pur sempre, però, mantenendo la distanza di sicurezza – la folla scrosciante che attraversa Via Cavour , gli under 20 romani ballano abbracciati e cantano in coro «Tutti insieme famo paura» mentre i fumogeni inaspriscono l’aria frizzante di inizio autunno e colorano di verde diversi punti del corteo.

Emerge una forte rottura anagrafica e, come spiega Giulio del Collettivo Autorganizzato Mamiani e del Coordinamento Autonomo Romano, quello ambientale si sta dando sempre più come un conflitto generazionale che abbraccia diversi temi e si interseca con diverse lotte, come quelle del Movimento della Lupa che l’anno scorso ha mobilitato migliaia di studenti nella capitale.

«A partire dalle mobilitazioni della Lupa, come studenti, stiamo portando in generale una critica alla precarietà senza soffermarci solo sulla crisi ambientale ma inserendo anche i temi concernenti l’Alternanza Scuola-Lavoro, considerando anche la nuova morte che c’è stata quasi una settimana fa. – continua Giulio – Inoltre, anche il tema delle elezioni politiche è molto importante, perché ci vede in opposizione a un sistema politico vecchio che non cerca un contatto o un legame con i giovani. Sono tutte tematiche che nel mio liceo sono molto sentite e portano molta attenzione intorno al climate strike e a tutte mobilitazioni in generale: la lotta per un futuro migliore si dà sempre più spesso come conflitto generazionale».

Sfilando piano a ritmo delle canzoni che hanno rivoluzionato di più gli ultimi decenni della musica, si crea un ambiente di festa e giovialità: diverse ragazze sono tenute sulle spalle dai loro compagni, i bambini giocano tenendo in mano cartelloni colorati e le prime file si stringono simbolicamente negli “storici” cordoni.

All’improvviso, superata Piazza dell’Esquilino una voce femminile molto forte ed emozionata urla dalla testa: «Abbiamo riempito Via Cavour!». La potenza della consapevolezza di riempire con i propri corpi una delle principali vie della città esplode in un collettivo urlo di entusiasmo, un urlo che fa tremare l’imponente Basilica di Santa Maria Maggiore, un urlo che materializza anni di costruzione di una lotta intersezionale.

Poco dopo, infatti, Non Una Di Meno interviene dal microfono ricordando quanto le lotte ecologista e transfemminista siano sorelle, «Le nostre battaglie sono entrambe a difesa della vita e della cura, elementi che allo stesso modo sono sovradeterminati da questo sistema. Con la guerra, il caro vita, il controllo sui nostri corpi, sui nostri territori e sulle nostre comunità, stiamo assistendo alla massima espressione della società patriarcale».

In aggiunta, Mari dell’ assemblea  Ecotransfemminista e Antispecista “Corpi e Terra” di Non Una Di Meno continua: «Normalmente si pensa alle lotte assolutamente divise, mentre l’impostazione che vogliamo dare alla nostra presenza è univoca: nel senso che ciò che stiamo vivendo è frutto di un sistema capitalista, estrattivista, coloniale, razzista. Un sistema che si fonda essenzialmente sul cis-etero patriarcato. Perché esso ha ovviamente bisogno di riprodursi e lo può fare imponendo delle norme che sono gerarchiche, binarie dell’uomo bianco che è meglio dell’uomo nero, dell’uomo che è meglio sull’animale, della persona abile che è meglio della persona disabile, dell’uomo che è meglio della donna e dell’ambiente. Tutte queste pseudo-norme servono a mantenere il sistema intatto, a non metterlo in discussione, mentre i corpi resistenti delle donne, delle persone trans, degli animali  mettono in discussione fortemente la violenza di questo sistema che ci tocca tuttu nelle nostre vite e in quello che facciamo. Per queste ragioni, non si può più pensare a interventi settoriali, perché tutte queste lotte sono ugualmente importanti per sradicare un modo di vedere il mondo che vogliamo combattere affinché non sia nel nostro futuro».

Una lotta che, insomma, non si può fermare e che soprattutto dopo oggi 25 settembre sarà strumento collettivo di organizzazione e resistenza. Obiettivi che hanno fatto nascere anche la campagna Noi Non Paghiamo e che ha deciso di partecipare alla costruzione dello sciopero climatico.

Dal camion del corteo, mentre diverse persone distribuiscono volantini gialli e neri, uno dei promotori della campagna dice al microfono: «Dopo due anni di pandemia non è stato fatto nessun investimento sui servizi sanitari, sulla scuola, sui trasporti e già prima dell’inizio della guerra abbiamo dovuto fare i conti con l’aumento del costo della vita, delle bollette e dei beni di prima necessità. Senza un cambio di paradigma economico si prospetta un inverno in cui non riusciremo a pagare le bollette a casa, negli ospedali, nelle scuole, nei luoghi di lavoro, nelle sedi associative del terzo settore, ovvero proprio là dove si forma la democrazia del nostro paese. E’ ora di dire basta, perché noi la crisi non la paghiamo. La paghino le banche, la paghino i signori della guerra, la paghino le compagnie del fossile con i loro extra profitti, non certo che noi che questa crisi non l’abbiamo voluta e che non l’abbiamo provocata. E’ ora di costruire un grande movimento dei movimenti: convergere tutti per insorgere e per costruire una disobbedienza civile non violenta».

Sarà proprio la convergenza ad essere il collante dei prossimi mesi di mobilitazione: studentə, lavoratorə, donne, migranti e tutte le categorie lasciate ultime dalla classe dirigente si sono già date dei prossimi appuntamenti per continuare insieme il percorso di conflittualità anche e soprattutto dopo le elezioni politiche.

Sono due le date che vengono annunciate dalla testa del corteo: 22 ottobre a Bologna insieme al sindacato GKN e il suo proseguimento il 5 novembre a Napoli. Le modalità e i temi con cui si daranno queste mobilitazioni sono ancora in fase di costruzione, ma è evidente che la volontà dei movimenti è quella di ritrovare un territorio comune in cui proporre tutti insieme un’alternativa che non solo è possibile, ma è anche necessaria.

Mentre una mamma è intenta a piegare con la figlia di sei anni un cartellone verde smeraldo con su scritto: «La colpa non è la nostra se la terra ha la febbre ed è tutto grigio”» sulle note di “World Hold On” di Bob Sinclar il corteo si avvicina verso la fine entrando su Via dei Fori Imperiali.

E mentre il Colosseo si staglia sul panorama, trenta mila giovani cantano – come se fosse una effettiva preghiera – «World, hold on / Instead of messing with our future, open up inside / World, hold on / One day you will have to answer to the children of the sky».  E sul ritmo scandito di questa canzone le persone iniziano a stendere sulla strada striscioni e cartelloni che li hanno accompagnati durante tutta la protesta.

In chiusura, dal carro inizia a risuonare forte ed energica la voce di Margherita Vicario che ha deciso di sostenere la lotta cantando ai manifestanti due delle sue canzoni, “Mandela” e “Come Noi”. Le persone ballano e cantano i testi di queste canzoni che conoscono fin troppo bene e dopo aver attraversato il centro di Roma le persone si lasciano all’entusiasmo della consapevolezza di essere marea.

Abbiamo chiesto alla Vicario cosa l’avesse spinta a partecipare al Climate Strike e lei ha risposto: «Siamo a due giorni dalle elezioni ed è fondamentale continuare a fare pressione sulla politica istituzionale con i nostri corpi e con le nostre voci. Oggi ho visto tantissimi giovani agguerriti e speranzosi perché, anche se è difficile, bisogna mantenere del sano ottimismo».

Gallery di Luca Mangiacotti dal corteo di Pisa

Tutte le foto di Lisa Capasso