DIRITTI

A volte ritornano: l’aborto clandestino

Ecco il prodotto degli attacchi alla 194 e all’autoderminazione delle donne.

E’ di pochi giorni fa una bella inchiesta di Maria Novella De Luca uscita su la Repubblica. Parla del ritorno degli aborti clandestini in Italia. L’articolo si intitola ‘194, così sta morendo una legge’ (.

Il motivo è semplice: Da Roma in giù oltre l’80 per cento dei ginecologi, e oltre il 50 per cento degli anestesisti e degli infermieri, si rifiutano di applicare la 194. Si dichiarano obiettori di coscienza, ma la verità è che laddove governano il centrosinistra prono alla chiesa più gretta o la destra – perciò ovunque – chi non obietta non fa carriera. Nel Lazio, per esempio, i ginecologi obiettori sono il 91 per cento del totale.

Il risultato è che le donne devono affrontare un percorso a ostacoli umiliante e non trovano nella sanità pubblica accoglienza né aiuto né ascolto, e comunque, umiliazioni a parte, il risultato è che negli ospedali non c’è posto. Le donne vengono respinte e abbandonate, come prima della legge, al destino, alla solitudine e alla paura. Poi semplicemente fanno quello che possono.

Così, quelle senza soldi muoiono o diventano sterili, ingollano dosi massicce di farmaci contro l’ulcera (un blister da dieci pillole costa cento euro al mercato nero, meno su internet), abortiscono nei cessi pubblici (in casa qualcuno potrebbe capire). Le più fortunate o ricche si affidano a “professionisti” in grado di fare, in fretta, un lavoro “pulito” per qualche migliaia di euro, oppure vanno all’estero, ma in quel caso oltre che ricche bisogna essere colte.

Dice l’inchiesta di Repubblica: “Ventimila gli aborti illegali calcolati dal ministero della Sanità con stime mai più aggiornate dal 2008, quarantamila, forse cinquantamila quelli reali. Settantacinquemila gli aborti spontanei nel 2011 dichiarati dall’Istat, ma un terzo di questi sono il frutto probabilmente di interventi ‘casalinghi’ finiti male. Cliniche fuorilegge, contrabbando di farmaci: sul corpo delle donne è tornato a fiorire l’antico e ricco business che la legge 194 aveva quasi estirpato”.

Sul sito degli eroi solitari della Laiga (la Libera associazione di ginecologi in difesa della 194, qui il sito) c’è il testo di una lettera consegnata al cardinale Augusto Vallini il 2 febbraio 2013 dai docenti delle cattedre di Ostetricia e Ginecologia delle Università di Roma, tutte, La Sapienza e Tor Vergata comprese, intitolata “Riflessioni su una legge dello Stato”. Dice, tra l’altro: “Per il feto è necessario che siano chiari, e maggiormente conosciuti, i suoi diritti, anche non scritti, concernenti la sua vita e le condizioni previste per il suo sviluppo, per permettere alla madre una decisione compiutamente responsabile”. Conclude: “Le Università stimolano la ricerca nei campi di frontiera fra la medicina, la biologia, l’etica, che operano tutte congiuntamente per definire le più avanzate responsabilità dell’uomo”.

L’uomo, il cardinale, il medico – quante responsabilità e quanti poteri senza nessun potere davanti alla scelta di una sola donna. Loro non sanno che “l’aborto” non esiste, come non esiste “la vita”. Esistono le vite ed esistono gli aborti, che sono cose sulle quali decidono le donne, a ogni costo. Ma il femminismo insegna che le vite sono la politica (come Roma del resto, e questa è un’altra storia). E lo è dunque la violenza – chiamiamola con il suo nome – sulle donne dei medici, degli anestesisti, degli infermieri obiettori, i quali non conoscono e non rispettano nessuna vita, neanche le proprie, effettivamente vite un po’ di merda, perché dedicate al sopruso per convenienza e obbedienza. Forse non abbiamo fatto abbastanza per rompere il silenzio omertoso sull’obiezione di “coscienza” alla 194, ma il nuovo inizio che dopo l’esperienza elettorale ci attende può cominciare anche da qui.