ITALIA

Il veliero Alex è in difficoltà. Pretendere che navighi per 100 miglia è una follia

La barca della missione Mediterranea si trova a 12 miglia da Lampedusa e a oltre 100 da Malta. Ha accettato il trasferimento dei naufraghi a La Valletta ma non può compiere la traversata. Le autorità italiane e maltesi, però, non stanno inviando alcuna nave per il trasbordo

Sono ore difficili quelle che si stanno vivendo a bordo del veliero Alex, della missione Mediterranea Saving Humans. Su un’imbarcazione lunga 18 metri si trovano da ormai 20 ore 11 membri dell’equipaggio e 54 naufraghi, tra cui tre donne incinte e quattro bambini piccoli. Non c’è più cibo, l’acqua sta finendo, il sole è a picco. Alex ha viaggiato per tutta la notte. Dal luogo del soccorso al gommone in difficoltà al limite delle acque territoriali italiane sono state percorse circa 70 miglia. Il veliero trasporta un carico umano oltre ogni possibilità e viaggia con una linea di galleggiamento bassissima. Solo la clemenza del tempo e del mare hanno impedito che alla navigazione si aggiungessero ulteriori rischi.

Per questo, quando alle 5.17 di questa mattina il capo missione Erasmo Palazzotto (parlamentare di Sinistra Italiana) è stato raggiunto da una telefonata del Centro di coordinamento del soccorso marittimo (Mrcc) di Malta ha dato immediatamente l’assenso allo sbarco dei profughi nel porto de La Valletta. Il governo maltese ha definito l’offerta «un gesto di buona volontà», che l’Italia avrebbe ricambiato accettando il trasferimento di un numero uguale di rifugiati provenienti dal piccolo paese.

L’offerta maltese, però, ha rapidamente assunto i contorni di una beffa. Mentre Salvini ha utilizzato il caso per alimentare la sua consueta macchina di fake news, sostenendo che Mediterranea avrebbe rifiutato lo sbarco nel porto sicuro di uno stato europeo, l’Mrcc di Roma e quello de La Valletta hanno negato che ci siano navi militari italiane o maltesi dirette verso l’Alex per effettuare il trasbordo e portare le persone a Malta su un’imbarcazione capace di percorrere in sicurezza le miglia necessarie.

«Abbiamo risposto che Alex, per le condizioni psicofisiche delle persone a bordo e le caratteristiche della nave, non è in grado di affrontare la traversata verso Malta. Ma siamo disponibili a trasferire i naufraghi su motovedette maltesi o della Guardia Costiera italiana», avevano scritto su twitter gli attivisti di Mediterranea.

Il veliero si trova al momento a 12 miglia di Lampedusa, l’isola è di fatto a vista. Malta, invece, è lontana oltre 100 miglia, che equivalgono ad almeno 11 ore di navigazione. Chiedere a un’imbarcazione di 18 metri con a bordo 65 persone (tra cui bambini e donne incinte) e senza generi di prima necessità di compiere questo ennesimo lungo viaggio è semplicemente folle e criminale.

Due parole che ben si adattano all’altro vicepremier del governo gialloverde, intervenuto durante la mattinata sulla vicenda. Luigi Di Maio, che nei giorni scorsi si è distinto per i tentativi di scavalcare a destra Salvini proponendo la confisca delle navi che salvano esseri umani, ha dichiarato: «La ong Mediterranea è l’ennesima dimostrazione che ormai le Ong hanno trovato il loro palcoscenico: vanno nella acque Sar libiche, prendono delle persone che potrebbero essere salvate dalla Marina libica, se le mettono in barca, vengono in Italia e iniziano lo show sulla pelle di questi poveri disperati. Stiamo parlando di cinquanta persone su una barca a vela, sono incoscienti questi delle Ong. Malta ha dato disponibilità ed è giusto che vadano a Malta».

Oltre le misere sfide propagandistiche tra gli esponenti di questo governo e al di là della rincorsa a costruire una realtà sempre più mistificata quello che sta accadendo nel Mediterraneo è molto semplice. C’è un paese, la Libia, che ha costruito dei campi di concentramento per migranti con i soldi europei e soprattutto italiani. In questo paese è recentemente iniziata una guerra. Le persone fuggono dal conflitto militare e dalle inenarrabili violenze e torture che sono costrette a subire nei campi. Gli stati europei hanno lasciato sguarnito il mare, ritirando le missioni di soccorso e trasformandolo in un grande cimitero. Hanno abbandonato a se stessi migliaia di profughi di guerra e di persone in fuga dai lager che provano ad attraversare il mare con ogni mezzo, con gommoni sprovvisti di motore, con imbarcazioni precarie su cui scommettono tutto ciò che hanno. In questo vuoto la società civile e le Ong si sono organizzate per provare a fermare la strage.

In questa battaglia non ci sono posizioni intermedie: ognuno deve scegliere da che parte stare.