ROMA

Un fiore per Elisabeth, Francesca e Angelica

Un presidio e un corteo tra Casilino 23 e Centocelle per salutare le ragazzine uccise dal fuoco appiccato al camion in cui vivevano. E denunciare la guerra ai poveri e il clima di odio portati avanti da istituzioni, media e partiti politici.

Più di duecento persone si sono ritrovate nel pomeriggio nel luogo dell’incendio che ha ucciso due bambine di 4 e 8 anni e una ragazza di 20. Per portare un saluto e mostrare il cordoglio collettivo per l’assurdo omicidio. “Sono morti del quartiere”, recitava uno striscione. “Centocelle antirazzista”, l’altro.

Verso le 3 della notte tra il 9 e il 10 maggio, qualcuno si è avvicinato al camion dove vivevano 11 persone e ha lanciato una molotov. Uccidendo le tre ragazzine. Già in mattinata era stato aperto un fascicolo per omicidio. Poi è arrivato il video, che mostrerebbe il lancio della bottiglia incendiaria.

Al momento, la tesi fornita dalla Questura escluderebbe “la pista xenofoba”, mentre alcuni giornali agitano lo spettro della “faida tra rom”. Nell’uno e nell’altro caso si tratta, per ora, solo di supposizioni, in parte basate sul fatto che la famiglia sarebbe stata allontanata da due campi. In effetti, non si capisce se l’esclusione della pista razzista significhi il fatto che l’autore del gesto, per ora sconosciuto, non sia un membro strutturato di organizzazioni neofasciste, o se si tratti effettivamente di una persona già conosciuta dalla famiglia delle vittime. D’altra parte, la dinamica dell’omicidio, e in particolare l’utilizzo della molotov, sarebbe singolare per un regolamento di conti “interno”. Rimanda molto più, invece, ai roghi contro i cosiddetti “campi nomadi”, che si sono ripetuti con frequenza sin dalla loro istituzione e che quasi sempre hanno avuto una matrice razzista e fascista. Occorre ricordare che questi spazi abitativi esistono soltanto in Italia, dove furono istituiti nella metà degli anni Novanta. La convinzione che i rom fossero nomadi spinse le istituzioni a creare questi grandi ghetti di abbandono e marginalità sociale. Negli altri Paesi europei, queste persone vivono in case normali, proprio come tutti gli altri cittadini.

Comunque, una cosa è certa: non si può vivere, né morire così. Per strada. Senza una casa. In un camion che offriva l’unico rifugio possibile per 11 vite. In mezzo alle fiamme. Nell’abbandono delle istituzioni.

Anche questo è stato uno dei messaggi della mobilitazione del pomeriggio. Le tante persone presenti hanno dato vita a un corteo spontaneo per le vie di Centocelle, intonando cori contro i vari Renzi, Di Maio e Salvini responsabili di fomentare il clima di odio, ma anche di tagliare la spesa sociale e cancellare i diritti dei poveri. Di tutti i poveri.

Nel frattempo, diversi esponenti locali del Partito Democratico utilizzavano la tragedia per rilasciare interviste in cui, tra le righe, accollavano la responsabilità dell’accaduto “all’abbandono delle periferie da parte della Giunta e del municipio” e “all’interruzione dei programmi di integrazione nelle scuole”. Dichiarazioni alquanto paradossali per gli esponenti di un partito che a livello nazionale impone da anni politiche di austerity e devastazione sociale e a livello cittadino non ha mai investito in edilizia popolare e, con la Giunta Marino, ha tagliato i fondi per l’inserimento scolastico dei bambini di origine rom.

Al ritorno del corteo spontaneo, sul parcheggio superiore del centro commerciale Primavera, sono sopraggiunti anche i genitori delle ragazzine morte, che si sono commossi sulla traccia di bruciato lasciata dal camion. In quel momento, molti dei presenti si sono messi a piangere. Con quelle lacrime è venuto fuori un comune sentimento di umanità che la costante de-umanizzazione mediatica e politica di queste persone non è riuscita a cancellare.

Per sabato è previsto un corteo da piazza dei Mirti al luogo dell’omicidio, per dire che non si può morire così.