approfondimenti

Tano Damico

ITALIA

Che bella giornata

Lunedì 8 aprile è la giornata mondiale di rom, sinti e caminanti, il Romano Dives. In tutta Europa undici milioni di persone manifesteranno a modo loro l’orgoglio della propria appartenenza troppo spesso umiliata e degradata. E negli ultimi anni lacerata da nuove ondate di antiziganismo, come dimostrano i dati più recenti

C’è la giornata mondiale dell’alimentazione, dell’ascolto, del risparmio, della gentilezza, della filosofia, dei diritti dei bambini. C’è perfino, il 20 aprile, la giornata mondiale della Nutella. E c’è, l’8 aprile, la giornata mondiale dei rom, sinti e caminanti. Pare proprio che una ricorrenza l’anno non si neghi a nessuno. Anche se, a ben vedere, tra le 152 giornate mondiali ci siano quelle di serie A e quelle di serie B.

Il 27 gennaio è la giornata mondiale della Memoria in ricordo della Shoah. Per non dimenticare. Peccato, però, che il Porrajmos, ovvero l’olocausto di 500 mila rom nei campi di sterminio nazisti non sia compreso. Perché, quando venne istituita la giornata mondiale, l’Onu si dimenticò di rom, sinti e caminanti

E, da quel momento in poi, la ricorrenza è stata blindata dalle comunità ebraiche che non hanno voluto “ingerenze”. Come se ci potesse essere una proprietà privata anche della memoria. O potessero esserci genocidi più significativi di altri.

Così, è stato necessario cercare una nuova data. L’accordo internazionale per la giornata di commemorazione dell’olocausto dei Rom ha individuato il 2 agosto perché nella notte fra il 2 e il 3 agosto 1944 2987 rom (cifra che pare stimata molto al ribasso sulla base dell’ultimo conteggio del 2019), soprattutto donne, bambini e anziani furono sterminati con il cosiddetto progetto di liquidazione dello Zigeunerlager di Birkenau.

Ma torniamo al prossimo lunedì 8 aprile, Il  Romano Dives. Venne istituito per ricordare il primo congresso mondiale del popolo rom che si tenne a Londra nel 1971. In quell’occasione, il nome ‘Rom’, che significa ‘Uomo’, fu scelto per indicare la nazione romanì, che comprende i popoli Manouches, Kalderash, Lovara, Romanìchéls, Vlax, Domari, Nawar, Làutari e tanti altri.
Quel giorno si costituì la Romani Union, la prima associazione mondiale dei rom, fu scelta la bandiera rom – la ruota rossa in campo azzurro e verde – e l’inno Gelem Gelem. La Romanì Union fu riconosciuta dall’Onu solo nel 1979.

Un po’ dappertutto nel mondo, lunedì gli undici milioni di rom in tutta Europa organizzeranno feste, convegni, musiche, dibattiti e azioni per ottenere quei diritti dei quali da sempre sono privati

La discriminazione dei cittadini rom e sinti ha un riflesso condizionato permanente come dimostra un recente sondaggio condotto dall’Istituto per gli studi sulla pubblica opinione che ha dimostrato come solo lo 0,1% degli intervistati (3.000 cittadini italiani) abbia risposto correttamente a tutte e quattro le domande somministrate, dimostrando di avere una conoscenza senza pregiudizi della realtà rom in Italia.

Non possiamo dare conto delle molte iniziative, vogliamo però segnalare le dichiarazioni di autorevoli rappresentanti europei, la vicepresidente per i Valori e la trasparenza, la Commissaria per l’Uguaglianza e il Commissario per la Politica di vicinato e i negoziati di allargamento:  «Si tratta di una celebrazione della diversità, della cultura e dell’arte dei Rom, della loro lingua e del loro contributo alla storia e alla società europee – hanno detto oggi, nella loro vita quotidiana, i Rom devono ancora far fronte a livelli elevati di antiziganismo e discriminazione. In 10 paesi dell’UE  l’80 % dei Rom è infatti a rischio di povertà, il 52 % soffre di disagio abitativo, il 22 % vive in abitazioni prive di acqua corrente. I Rom continuano ad affrontare gravi ostacoli nell’ottenere la parità di accesso ai diritti e ai servizi, comprese un’istruzione, un’occupazione o un’assistenza sanitaria di qualità». È bene dirlo e ripeterlo, ma sarebbe meglio intervenire e fare per cambiare una situazione che è soprattutto una condizione oltretutto peggiorata negli anni.

Infine, vale la pena segnalare l’iniziativa della Associazione 21 Luglio che l’8 aprile presenterà in Senato I margini del margine, il rapporto sullo stato di vita di rom, sinti e caminanti.

Lo studio analizza la condizione di segregazione abitativa in cui vivono circa 25mila individui rom e sinti, «uno status dove i ghetti etnici denominati “campi nomadi” e gli sgomberi forzati ne sono l’espressione più discriminante», si legge nel rapporto

I dati forniti dalla 21 Luglio non hanno bisogno di commenti (ma di azioni): «La politica amministrativa dei campi ha alimentato negli anni il disagio abitativo, fino a diventare causa della marginalità spaziale e dell’esclusione sociale per le comunità rom e sinti – si legge nel rapporto –  Sorte in un’ottica emergenziale e con l’obiettivo di accogliere temporaneamente persone in transito, le strutture non sono in grado di rispondere alle esigenze di famiglie che hanno sempre vissuto in modo stanziale e divengono facilmente luoghi di degrado, violenza e soprusi». Le politiche promosse dalla giunta capitolina sono diventate, purtroppo, negli anni un riferimento per molte città italiane.

A Roma, negli anni, sono stati costruiti 8 “villaggi attrezzati”. Si tratta di aree isolate, poste in prossimità di inceneritori o discariche, mal collegate con i mezzi pubblici, recintate e videosorvegliate dove, su base etnica, vengono collocate persone appartenenti alle comunità rom e sinti

Recenti studi hanno dimostrato come in tali aree si siano registrati tra i minori sintomi riconducibili alle “patologie da ghetto” (dermatiti, stati depressivi, iperattività, coliti…). Le politiche promosse negli ultimi anni nella città di Milano prima e di Roma poi si sono contraddistinte per il massiccio impiego di azioni di sgombero forzato, non conformi ai parametri fissati da vari strumenti internazionali. Nella sola città di Roma, nel periodo del Piano Nomadi (dal 31 luglio 2009 a oggi), sono state 516 le azioni di sgombero forzato. «Si avverte pertanto in Italia l’urgenza di avviare politiche locali e nazionali verso il superamento dei “campi nomadi” – conclude la nota – partendo dalla consapevolezza dell’illegalità degli sgomberi forzati e dalla necessità di avviare una nuova fase, segnata dal rispetto dei diritti umani e della dignità delle persone rom».

Tutte le immagini sono di Tano D’Amico da Orfani del vento: l’autunno degli zingari