TERRITORI

Tap: blitz notturno della polizia per imporre l’espianto degli ulivi

Questa notte, intorno alle 2, centinaia di agenti e diversi blindati si sono presentati a Melendugno, nell’area in cui dovrebbe sorgere il cantiere del Tap. Con le ruspe hanno sfondato le barricate erette nei giorni scorsi per rallentare la ripresa dei lavori. Hanno poi circondato il presidio No Tap – che si trova sul terreno privato di un contadino che lo ha messo a disposizione dei manifestanti – impedendo agli attivisti presenti (circa una cinquantina) di uscire e agli altri che stavano accorrendo di entrare. A quel punto, i camion della ditta Mello hanno potuto completare l’espianto degli ulivi. Ne mancavano circa una quarantina dei 211 interessati da queste prima attività di Tap che preparano l’area del futuro cantiere del “pozzo di spinta”: ovvero il luogo in cui il mega-tubo uscirà dal mare e da cui il gas sarà indirizzato verso la centrale di depressurizzazione, che, secondo i progetti non ancora approvati, sorgerà alcuni chilometri più a nord, a ridosso del centro abitato di Vernole.

Intorno alla mezzanotte era scattato l’allarme in tutto il Salento. La notizia del blitz ormai prossimo aveva iniziato a fare il giro dei diversi paesi. Ma, stavolta, la mobilitazione non è riuscita a interrompere nuovamente gli espianti. Questo ennesimo attacco di Tap e delle forze dell’ordine arriva dopo che per alcuni giorni erano circolate voci rispetto a una possibile tregua estiva, fino a ottobre. Uno dei motivi principali riguarda la rimozione di 12 ulivi monumentali, alberi antichissimi che teoricamente sono protetti da una legislazione speciale, presenti nella più piccola delle due aree recintate. Proprio ieri il Movimento No Tap aveva denunciato il rifiuto della multinazionale del gas di fornire le integrazioni di documenti richieste dalla Commissione Ulivi Monumentali.

Le voci della tregua, agitate soprattutto in ambienti istituzionali, non avevano mai convinto il movimento. Anche quando, a ridosso del 25 aprile, i giornali la davano per raggiunta, l’assemblea popolare dei No Tap aveva scelto di continuare il presidio e mantenere alta la mobilitazione. Circolava comunque la speranza di riuscire ad arrivare al primo maggio, giorno che segna l’inizio del periodo in cui gli espianti di alberi sono vietati a livello europeo. In questo modo, i lavori sarebbero stati interrotti per diversi mesi, segnando un’importante vittoria per il movimento. In ogni caso, da oggi i lavori verranno comunque interrotti: gli attivisti accusano Tap di aver effettuato gli espianti in fretta e furia solo per non perdere dei finanziamenti europei europei in scadenza. L’azienda, infatti, non ha ancora ottenuto nessuna approvazione rispetto alla continuazione dell’opera.

Ieri, intanto, l’ennesima benedizione al mega-gasdotto era arrivata da Matteo Renzi. In una diretta facebook organizzata all’interno della campagna per le primarie, l’ex-premier aveva detto “non possiamo avere paura di un tubo del gas”. E ancora: “Il Tap sta semplicemente cercando di ridurre la nostra dipendenza dai fossili per andare verso la direzione del gas” e “Non possiamo dire ‘non nel mio cortile’ e contemporaneamente non dare una proposta alternativa”. Due frasi che sono risuonate in tutta la loro ipocrisia nelle orecchie degli ascoltatori attenti e preparati sul tema. Da un lato, solo pochi giorni fa, il governo del Partito Democratico ha approvato una legge che dà il via a nuove trivelle entro le 12 miglia, ripristinando una misura che proprio Renzi aveva annullato (temporaneamente) al fine di scoraggiare la partecipazione al referendum dello scorso aprile. Altro che “riduzione dei combustibili fossili”, quindi! Dall’altro lato, l’ex-premier, rinnovando le accuse di nimby e di mancanza di proposta al movimento No Tap, continua a ignorare volutamente i dati oggettivi forniti dal comitato di esperti indipendenti del comune di Melendugno rispetto all’inutilità e alla costosità dell’opera. In fondo, basterebbe anche solo controllare i numeri forniti dalle principali autorità energetiche italiane per vedere come non ci sia alcun bisogno di un nuovo gasdotto, come i consumi di gas siano in calo e il sistema SNAM già esistente trasporti meno gas di quello che potrebbe.

La regola delle grandi opere, del resto, non è mai quella di rispondere a un bisogno effettivo della popolazione o al miglioramento della qualità della vita. Il nodo vero sono le infrastrutture e l’edilizia, capaci di far circolare grandi quantità di denaro e, quindi, appalti truccati e affari sporchi. Le recenti inchieste dell’Espresso dimostrano come anche intorno al Tap, “il gasdotto dei tre dittatori”, siano già attivi simili meccanismi.

Oggi lo Stato, le istituzioni, la multinazionale e le organizzazioni criminali collegate al gasdotto hanno segnato un punto. La battaglia, però, è ancora all’inizio. Non saranno alcuni reparti celere e poche ruspe a fermare i No Tap.

L’intervista a Gianluca Maggiore, volto storico del movimento No Tap