ROMA

Spazi femministi sotto attacco, le donne scendono in piazza

La Casa Internazionale delle Donne rischia ogni giorno lo sfratto, mentre è previsto per il 20 febbraio il distacco delle utenze a Lucha Y Siesta. Oggi alle 16.00 in Campidoglio le donne tornano in piazza per una battaglia che riguarda la città.

Nel vuoto della politica romana gli spazi femministi sono sotto attacco. La Casa Internazionale delle Donne rischia ogni giorno lo sfratto, mentre è previsto per il 20 febbraio il distacco delle utenze a Lucha y Siesta. Oggi alle 16.00 in Campidoglio le donne tornano in piazza per una battaglia che riguarda tutti, perché quello che rischia di essere cancellato è il tessuto sociale, culturale e associativo che in questi anni ha tenuto insieme la città.

Con una importante storia di autogestione alle spalle, l’attività del consorzio di associazioni che anima la Casa Internazionale delle Donne è stata riconosciuta dal Comune di Roma con il restauro e l’assegnazione del complesso del Buon Pastore in via della Lungara a Trastevere, nel 2001. Nel 2018 il Comune ha revocato la convenzione, valida fino al 2020, dando seguito una mozione che mira a mettere a bando lo spazio e i servizi attualmente offerti, molti gratuitamente. Al centro del contenzioso con il Comune il canone di locazione dell’immobile, che ha una destinazione di pubblica utilità. Infatti, nonostante la convenzione preveda un canone al 10% di quello di mercato, le Associazioni hanno accumulato un debito nei confronti del Comune perché le attività svolte non hanno scopo di lucro. L’amministrazione Marino aveva predisposto una delibera per la ridefinizione del canone, mai approvata; adesso il Comune pretende gli arretrati e minaccia l’interruzione dei servizi offerti. Dopo un ricorso al TAR e l’apertura di una campagna di crowdfunding, giovedì scorso le associazioni hanno incontrato la sindaca Raggi a un tavolo con il Comune. Al centro della trattativa non è solo la questione economica ma il riconoscimento del valore sociale e culturale dell’esperienza, «un luogo storico e simbolico del femminismo romano, patrimonio della storia dei diritti e delle libertà delle donne ma anche di tutta la città» che rischia di essere cancellato a causa delle richieste del Comune.

Un emendamento al Milleproroghe, presentato il 5 febbraio scorso da PD e IV, prevedeva lo stanziamento di 900 mila euro, l’importo del debito della Casa Internazionale della Donne, per salvare lo spazio. La sindaca Raggi esultava ma poco dopo il suo stesso partito bocciava l’emendamento, in commissioni Affari costituzionali e Bilancio alla Camera.

Altrettanto assurda la vicenda di Lucha y Siesta nel quartiere Tuscolano, casa rifugio per le donne vittime di violenza autogestita da 12 anni. L’immobile, di proprietà della partecipata dei trasporti pubblici Atac, sarà messo all’asta il prossimo 7 aprile al prezzo base di 2,6 milioni, nonostante a dicembre scorso la Regione Lazio abbia approvato un emendamento per lo stanziamento di 2,4 milioni di euro per l’acquisto dell’immobile. Ma il Comune procede con la strada dell’asta. Di più, a gennaio il Campidoglio ha chiesto a tutte le strutture competenti di Roma Capitale di verificare fattibilità, ed eventuali modalità, per partecipare all’asta giudiziaria. Obiettivo: destinare l’edificio ad attività come quelle già svolte dall’associazione Lucha y Siesta. «Restano aperti gli interrogativi sul perché la Giunta si muova solo ora, sul perché intenda partecipare a un’asta pubblica con fondi pubblici per sanare il bilancio di una società partecipata al 100% dal Comune di Roma, quando l’immobile avrebbe potuto essere acquisito prima in forza di un evidente interesse pubblico», scrivono le attiviste di Lucha y Siesta, che hanno aperto un crowdfunding e chiesto il diritto di prelazione all’asta. Questa esperienza potrebbe essere interrotta se, come previsto, le utenze della Casa saranno distaccate il 20 febbraio. «Questo significa nel concreto che le donne, le bambine e i bambini resteranno senza luce e acqua. Questo è il volere di Atac spa, con il sostegno del Comune di Roma, nell’ambito della procedura di Concordato per evitare il fallimento della municipalizzata più indebitata d’Italia» si legge nel comunicato di Lucha y Siesta. «Si vuole chiudere così un presidio sociale e politico contro la violenza e un luogo prezioso con 14 stanze in una città drammaticamente carente di posti in case rifugio e ben al di sotto degli standard previsti nella Convenzione di Istanbul».

Ancora una volta, le istanze economiche e burocratiche minacciano il valore sociale e culturale delle esperienze che resistono in un vuoto politico che sta paralizzando la città. Esperienze come quelle femministe di cui, con 14 femminicidi solo nel 2020, c’è un gran bisogno.

«Lucha y Siesta e la Casa Internazionale delle donne sono laboratori culturali e politici riconosciuti che puntano sui sogni liberi ed autonomi delle donne che li attraversano. Noi siamo il sogno vivo, libero ed autonomo» si legge nell’appello per la manifestazione di oggi, a cui parteciperà anche Non Una Di Meno e la Cigl di Roma e del Lazio.

Quello che rischia di essere cancellato è il «valore sociale, politico ed educativo» che la giunta Raggi si ostina a ostacolare in ogni modo, da ultimo con un regolamento del patrimonio comunale che «disconosce di fatto il tessuto sociale, culturale e associativo che in questi anni ha tenuto insieme la città». Le donne scendono in piazza, ma lo scontro riguarda tutti.