ROMA

La Giunta Raggi revoca la convenzione alla Casa Internazionale delle Donne: un altro attacco alla città solidale

Quella che da troppo tempo chiamiamo emergenza spazi a Roma va nominata per quello che da tempo ormai è diventata: una guerra sistematica alle forme di solidarietà, autogestione e partecipazione democratica nella città di Roma.

E ora ne abbiamo un’ulteriore conferma: il 25 luglio, ormai in piena estate, le assessore Baldassarre, Castiglione e Marzano comunicano la revoca immediata della convenzione tra Comune di Roma e consorzio della Casa Internazionale delle Donne, in scadenza per il 2021. Una decisione gravissima e arbitraria che dà seguito alla sciagurata mozione della consigliera Guerrini, che disegna la sostituzione delle reti sociali che autogestiscono lo spazio con servizi appaltati attraverso bandi pubblici, preoccupante prefigurazione della vera idea della maggioranza 5 stelle di gestione del patrimonio pubblico e dei laboratori sociali che li animano.

Era la fine di maggio, in migliaia di nuovo ci si raccoglieva in Piazza del Campidoglio, malgrado la pioggia, stavolta per sostenere la Casa Internazionale delle Donne nell’incontro con le assessore e la Sindaca nell’immediato post voto della mozione Guerrini. Contemporaneamente all’angelo Mai il vicesindaco Luca Bergamo, sull’onda di una nuova emergenza, riprendeva a discutere con gli spazi sociali e autogestiti, minacciati dalla delibera 140, una via d’uscita per evitare che nuovi sgomberi, attivati per “automatismo” dalla macchina burocratica, si verificassero nel vuoto di qualsiasi indicazione politica.

Nessun seguito ancora è stato dato nella direzione di bloccare la delibera 140, atto urgente e dovuto anche se non sufficiente. Rimane il nuovo regolamento per la concessione del patrimonio pubblico e indisponibile il vero nodo da sciogliere. Dopo innumerevoli false partenze, annunci e impegni disattesi e vari assessori rimossi, sono i laboratori sociali e culturali romani in primo luogo a chiedersi perché il processo di scrittura si sia bloccato, e perché l’interlocuzione dell’amministrazione con questo pezzo così importante per il benessere della città si sia ripetutamente interrotto per riaprirsi solo di fronte a diktat e nuove urgenze. Sintomo di un dibattito interno alla maggioranza di cui nulla vuole trapelare salvo poi emergere violentemente in atti preoccupanti come le decisioni prese sulla casa internazionale delle donne.

Mentre scriviamo, si è appena concluso lo sgombero del camping River. Malgrado il pronunciamento contrario della corte europea per i diritti dell’uomo, la sindaca Raggi e il ministro dell’interno Salvini hanno deciso di dare comunque seguito allo smantellamento di uno dei campi meglio funzionanti a Roma, senza dare alcuna soluzione alternativa per salvaguardare la comunità.

La parola d’ordine dell’operazione è emblematica: “legalità, ordine e rispetto”.
A giudicare dalle priorità che si è dato il patto giallo-verde, ci sembra che il motto sia la traccia di un vero e proprio programma a cui la Giunta Raggi aderisce e si allinea, mirato alla distruzione di quel residuo di tessuto solidale e democratico in una società imbarbarita dall’impoverimento, dalla paura e dall’odio.
Il nostro progetto è un altro, la nostra idea di città è fatta di giustizia, solidarietà, partecipazione. A chi vuole trasformare la città in un campo di battaglia in nome di una legalità cieca e discriminatoria opponiamo la pratica dei beni comuni urbani, per uscire dalle strettoie che stanno minacciando l’esistenza e la proliferazione della Roma solidale, comune e femminista.