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La leader indigena Katy Machoa: “In Ecuador è insorgenza popolare contro governo ed FMI”

Da una settimana è rivolta contro le misure neoliberali del presidente Lenin Moreno, che ieri ha abbandonato la capitale. Ieri pomeriggio è stato occupato il Parlamento, oggi sciopero generale: intervista alla leader indigena Katy Machoa che dall’Amazzonia denuncia la violenza del governo e del FMI. Intanto sono oltre 700 gli arresti e più di cento i feriti, alcuni molto gravi, come denunciano le organizzazioni per i diritti umani che hanno lanciato l’allarme per le violazioni dei diritti umani in corso nelle strade, nelle carceri e nei commissariati.

Lo scorso martedì 1 ottobre il governo dell’Ecuador ha annunciato nuove misure economiche per il paese. Il presidente Lenin Moreno, attraverso un decreto nazionale, ha dichiarato il ritiro del sussidio per il gasolio, la riduzione del 20 per cento del salario dei lavoratori pubblici precari in caso di rinnovo del contratto e l’eliminazione o la riduzione di specifiche imposte sull’importazione di beni tecnologici. Inoltre, ha proposto le riforme economiche e del lavoro.

Le misure economiche, stabilite in accordo con il Fondo Monetario Internazionale, hanno provocato immense mobilitazioni che hanno paralizzato il paese. Stanno manifestando contro queste politiche organizzazioni indigene, contadine, femministe, studentesche, sindacati e cittadinanza sparsa. Le manifestazioni e lo sciopero sono state represse con violenza e arresti da parte delle forze armate e poliziesche dopo la dichiarazione dello stato d’eccezione per 60 giorni annunciato da Lenin Moreno.

 

Da lunedì 7 ottobre migliaia di indigeni sono arrivati fino alla capitale da differenti province del paese, accolti dalla società civile della capitale. Si attende l’arrivo di tantissime altre persone ed oggi 9 ottobre è stato lanciato lo sciopero generale nazionale.

 

A causa della crescita della mobilitazione indigena e popolare il governo di Lenin Moreno ha lasciato la capitale, abbandonando il Palazzo presidenziale di Carondelet nella città di Quito trasferendosi a Guayaquil, la seconda città del paese.

Secondo il rapporto sui diritti umani curato da diverse organizzazioni del paese, il credito del FMI non ha legittimità costituzionale né è stato ratificato dall’Assemblea Nazionale. Nello stesso rapporto, si denuncia che durante le manifestazioni sono state arrestate circa 700 persone, oltre 100 sono i feriti, mentre gli arresti presentano irregolarità, oltre a denunciare che ci sono diversi feriti molto gravi a causa dell’azione di militari e polizia. Le organizzazioni per i dirittu mani hanno lanciato un appello internazionale per denunciare le violazioni dei diritti umani in corso in Ecuador.

Il rapporto denuncia gli abusi dello Stato e le violazioni dei diritti umani che stanno accadendo in Ecuador, che rischiano di aumentare a causa della dichiarazione dello stato di eccezione e della militarizzazione dei territori. In questa intervista Katy Machoa della Federazione di Organizzazioni Indigene del Napo (FOIN) ci racconta dall’Amazzonia dell’attuale contesto del paese.

 

 

 

Com’è la situazione oggi nel paese?

Siamo in sciopero in tutto l’Ecuador, il paese è sceso in piazza. Prima dello sciopero, la CONAIE (Confederazione delle nazioni indigene dell’Ecuador) aveva lanciato una mobilitazione nazionale per il 14 ottobre. Secondo la CONAIE, le misure del FMI avrebbero colpito l’economia dei settori popolari. Per queste ragioni, infatti, era nata una nuova alleanza sociale, il Collettivo Nazionale di Lavoratori, Indigeni e Organizzazioni sociali popolari, di cui fa parte la CONAIE, il FUT – Fronte unitario dei lavoratori – l’Unione Nazionale degli Educatori, pensionati e studenti.

Si tratta di una alleanza sociale che era nata già nel 2015,  composta per lo più da indigeni e lavoratori, ma che adesso ha aperto nuove relazioni e si è alleata con i sindacati per organizzare la lotta. Queste realtà avevano lanciato uno sciopero per il 14 ottobre, in base alle previsioni secondo cui la situazione economica sarebbe peggiorata a causa delle pressioni del Fondo Monetario Internazionale.

La settimana scorsa il governo ha annunciato l’aumento della benzina, e prima di questo annuncio la presentato una proposte di legge in Parlamento. Quel che più colpisce il popolo è l’aumento del diesel del 132%. Quando aumenta la benzina, che è già stata la ragione per le dimissioni di altri presidenti, emerge una coscienza sociale rispetto a ciò che questo aumento implica, per cui vi sono reazioni immediate.

Per prima è insorta Quito, già mercoledì sono state occupate le strade e sospese le scuole. Tutto è iniziato con lo sciopero lanciato dai camionisti e dai tassisti che si espande e paralizza il paese, cioè sono state bloccate le vie principali e dopo poco il paese era completamente bloccato. Contemporaneamente si è mobilitata la cittadinanza, prima nelle grandi città come Quito e Guayaquil e dopo in tutto il territorio ecuadoriano.

C’è una grande mobilitazione, ma anche molta repressione. Quello stesso giorno il governo ha decretato lo Stato di Eccezione per sessanta giorni, quindi seguono forti repressioni, l’esercito e la polizia hanno l’ordine di sgomberare, abbiamo molti compagni arrestati e denunciati. Il venerdì il sindacato del trasporto ha fermato lo sciopero, richiedendo la libertà degli arrestati, ed era chiaro che stavano negoziando con il governo. Dopo questa notizia, i media hanno detto che tutto stava tornando alla normalità, ma era falso.

 

 

Sulle montagne ci sono comunità indigene che hanno decretato il loro stato di eccezione ed hanno trattenuto dei militari; a Cayambe e Latacunga i militari sono stati giudicati dalla giustizia indigena. Il popolo è infuriato!

 

A Cangagua, una comunità indigena, i militari sono entrati nelle case degli abitanti con la scusa dello stato di eccezioni, stanno entrando nei territori delle comunità. A Pastaza, nell’Amazzonia, hanno arrestato il presidente di  Pachakutik Marlon Santi, ad un membro della CONAIE e a due studenti che sono poi stati liberati. Ci sono molti sgomberi violenti in diverse province.

Le nuove misure economiche stanno colpendo soprattutto i contadini e gli agricoltori. A partire dalle assemblee delle differenti organizzazioni indigene, da Chimborazo, Cañar e  Ecuarunari, sulle montagne, ci stiamo organizzando e abbiamo dichiarato lo stato d’eccezione in tutte le comunità indigena, che significa che noi come popoli indigeni abbiamo autonomia sul nostro territorio e sull’amministrazione della giustizia. Se arrivano militari siamo in diritto di chiedergli cosa stiano facendo e se stanno mettendo in pericolo il nostro benessere possiamo sottoporli alla giustizia indigena. Ci sono già molte denunce di violenze di polizia e militari che sparano addosso alle persone nelle comunità.

 

Il FMI fa parte della memoria dell’Ecuador. Cosa significa oggi per il paese?

Noi denunciamo che il debito contratto dal governo di Moreno non è visibile, non ci sono investimenti. Per poter ripagare questo debito, Moreno ha fatto questo accordo e il Fondo Monetario impone le sue condizioni: tagli alla spesa sociale. Hanno provato a vendere imprese nazionali, questa è la memoria che abbiamo, la perdita di sovranità, dell’industria nazionale, le privatizzazioni, così come hanno provato a fare con la Corporazione Nazionale delle Telecomunicazioni.

Un primo sintomo è costituito dai licenziamenti nel settore della salute, da un giorno all’altro, e poi seguiti dai tagli all’istruzione. Ora propongono che i dipendenti pubblici con contratti occasionali passino ad un contratto con un salario ridotto del 20%. Ed infine, gli impiegati pubblici devono ridurre le ferie e lavorare gratis un giorno per far si che il governo paghi il debito. E si annunciano nuovi licenziamenti. La situazione è molto critica, e ci sono molti fronti aperti.

 

 

Ora è esploso il movimento degli indigeni, però è da qualche mese che c’erano manifestazioni di pensionati contro la proposta di essere pagati con i buoni. Al popolo tocca affrontare queste situazioni, mentre per gli imprenditori aumentano le facilitazioni e gli sgravi fiscali per le importazioni. Queste sono politiche neoliberali che vanno contro gli interessi popolari, sono le pressioni del FMI, che cercano di riattivare l’economia degli imprenditori ma non quella della gente, del popolo, dei contadini.

 

Qual’è la situazione in Amazzonia? Come credi che queste misure colpiscano le donne indigene?

L’Amazzonia è in una situazione molto difficile a causa delle concessioni petrolifere, noi stiamo lottando contro il Bloque 28, per difendere il fiume Piatúapor dall’istallazione di una centrale idroelettrica. La pressione viene portata avanti dal governo con la volontà di estendere le concessioni petrolifere, a costo dell’impoverimento dei territori indigeni a causa dell’estrattivismo.

Le donne sono duramente colpite, perché i lavori remunerati sono sempre per gli uomini, come andare con il machete o essere impiegati da una impresa. E questo significa che ci sarà un aumento della povertà al femminile e che colpirà anche le giovani generazioni. Questo è un fatto molto grave, non abbiamo nemmeno accesso all’educazione superiore adesso. Ci sono scuole senza elettricità, immaginati i computer. Siamo di fronte ad un aumento dell’impoverimento sia economico che di riproduzione della vita, per gli indigeni, le donne, i giovani e i bambini sempre di più.

 

Pubblicato su Revista Amazonas. Traduzione in italiano di Alioscia Castronovo per DINAMOpress.

Foto di copertina: World Riots. Foto nell’articolo: Ivan Castaneira da Desinformemonos.