ITALIA

Non Una Di Meno verso lo sciopero dell’8 marzo: sabato 6 febbraio la prima assemblea nazionale

In seguito ai primi gruppi di lavoro del 30 e 31 gennaio, Non Una Di Meno convoca la prima assemblea nazionale in preparazione dello sciopero transfemminista dell’8 marzo. Il giorno seguente sarà invece il turno dell’incontro di Feministas TRANSfronterizas. Entrambe le riunioni si terranno online

Domani, sabato 6 febbraio, alle ore 15 si terrà la prima assemblea nazionale di Non Una Di Meno. Rigorosamente online per le misure di distanziamento, la riunione sarà pubblica e visibile sul blog e sulla pagina Facebook del collettivo transfemminista che mutua il suo nome dal grido di ribellione delle sorelle e compagne argentine. Sul social-network sarà anche possibile intervenire e porre domande, scrivendo nei commenti della diretta stessa. L’assemblea arriva a conclusione di una prima parte di percorso avviato nei gruppi tematici del 30 e 31 gennaio (a questo link è possibile trovare tutti i report).

 

«È a partire dalla consapevolezza e dalla fantasia che abbiamo maturato in questi mesi di pandemia, in cui abbiamo iniziato a ripensare le pratiche di lotta di fronte alla necessità della cura collettiva, che sentiamo il bisogno di costruire per il prossimo 8 marzo un nuovo sciopero femminista e transfemminista, della produzione, della riproduzione, del e dal consumo, dei generi e dai generi», scrive il collettivo sul proprio sito.

 

In occasione dello scorso 8 marzo, infatti, Non Una Di Meno ha opportunamente deciso di non scendere in piazza, per tutelare la salute di tutte e tutti: nasce anche da questa situazione la volontà di immaginare un nuovo percorso «per affermare il nostro programma di lotta contro piani di ricostruzione che confermano l’organizzazione patriarcale della società contro la quale da anni stiamo combattendo insieme in tutto il mondo», si legge sempre nel sito.

Tra i nodi affrontati durante lo svolgimento dei gruppi tematici, che saranno poi discussi durante l’assemblea, sono emersi parecchi punti focali: da una gestione della sanità pubblica sempre più condizionata dalle misure di austerity europee e dalle politiche aziendaliste del neoliberismo, alla necessità di ripensare l’istituzione scolastica, «concependo la scuola come laboratorio di pratiche transfemministe di cura comunitaria, prevenzione e contrasto della violenza». Non ultimo lo smantellamento progressivo di centri antiviolenza, consultori, reparti IVG, punti nascita e sale parto: tutti luoghi che fungono da contrasto a discriminazioni e disuguaglianze.

Eppure, «non sono le donne, è la famiglia […] il soggetto destinatario dei fondi sociali previsti dal Family Act», mentre anche «il Recovery Plan non rompe la disciplina dell’austerità sulle vite e sui corpi delle donne e delle persone LGBT*QIAP+» e prosegue con le cosiddette politiche di conciliazione «dando per scontato che chi deve conciliare due lavori, quello dentro e quello fuori casa, sono le donne».

 

Durante la pandemia e i conseguenti periodi di lockdown, la violenza maschile e di genere è aumentata in maniera massiccia, rendendo così ancora più urgente il bisogno di finanziamenti ai centri antiviolenza e alle case rifugio e di estendere «la capacità di accoglienza anche alle persone LGBTQIA».

 

Per questi motivi e numerosi altri, NUDM ribadisce che «lo sciopero femminista e transfemminista non è soltanto una tradizionale forma di interruzione del lavoro ma è un processo di lotta che attraversa i confini tra posti di lavoro e società, entra nelle case, invade ogni spazio in cui vogliamo esprimere il nostro rifiuto di subire violenza e di essere oppressə e sfruttatə».

Domenica 7 febbraio, alle 14,45, sarà invece il turno della prima assemblea online di Feministas TRANSfronterizas, lo spazio di articolazione, solidarietà e intersezione delle lotte femministe, transfemministe e antipatriarcali di tutto il mondo: anche questo incontro si terrà online, in ben quattro lingue (inglese, spagnolo, portoghese e francese), e per partecipare bisogna iscriversi qui.

 

Foto di copertina dall’archivio Dinamopress