TERRITORI

Manituana ha una nuova casa: ci cacciano dall’università, ci prendiamo la città!

Il laboratorio culturale autogrstito Manituana ha occupato uno stabile vuoto da cinque anni in via Cagliari 34/C

Da oltre quattro mesi, al Laboratorio Culturale Autogestito Manituana, ubicato in via Sant’Ottavio 19 bis, è stata data comunicazione da parte dell’Università di Torino, proprietaria dell’immobile, che importanti lavori di ristrutturazione avrebbero reso inagibili i suoi spazi. Fino ad oggi abbiamo resistito alle minacce. Con la ricchezza delle nostre attività sociali e culturali e la gioia della nostra quotidianità comunitaria, abbiamo posticipato colpo dopo colpo l’inizio dei lavori stessi. Questa condizione non era, tuttavia, ulteriormente sostenibile, di fronte alla necessità dello svolgimento delle ristrutturazioni e della messa in sicurezza dei nostri locali.

Abbiamo così pensato che fosse venuto il momento giusto, l’occasione di rilanciarci e di espanderci. La grandiosa partecipazione attiva e solidale che si è generata in questi mesi intorno a Manituana, oltrepassando ogni aspettativa, ci ha consegnato una sfida affascinante, che abbiamo deciso di raccogliere senza presunzione. Non si tratta soltanto delle oltre mille firme digitali, raccolte in poche settimane a sostegno del nostro appello, provenienti da donne e uomini, dal mondo accademico, associazionistico, sindacale, politico e da tantissime compagne e compagni dei movimenti sociali. Le esperienze e le soggettività eterogenee che, nello spazio comune di Manituana, hanno saputo intrecciarsi, collaborare in forme di decisione e autogestione collettiva, talvolta caotiche ma profondamente orizzontali, rigorosamente libere da gerarchie e campanilismi interni.

Manituana: i seminari autogestiti di letteratura, filosofia e psicanalisi, che, contro l’attuale miseria del mondo accademico, all’insegna dell’interdisciplinarietà e della condivisione dei saperi, si pongono l’obiettivo di sviluppare pensiero critico e confronto aperto a tutte e tutti; il gruppo di teatro, il collettivo artistico, i concerti, le jam sessions e una vasta programmazione di dibattiti e presentazioni di libri, per autoprodurre cultura collettivamente e fuori dai circuiti di mercificazione. Manituana: una ciclofficina e un Gruppo di Acquisto Solidale, attraverso cui tanti giovani e studenti, costruendo strumenti di mutuo-aiuto, agiscono per un modello alternativo di mobilità, di consumo, in collaborazione con chi attua sui territori pratiche alternative di produzione alimentare e di salvaguardia dell’ambiente. Manituana: gli sforzi e gli esperimenti, in connessione con altre realtà, di mutualismo e autorganizzazione di lavoratrici e lavoratori precari/e e autonomi/e, la cui vita oscilla tra sottooccupazione e disoccupazione, tra esclusione dal mercato del lavoro e sfruttamento, privi di tutele, diritti e assistenze; i laboratori di approfondimento e intervento politico nei (e per i) movimenti a difesa dell’università pubblica, dei diritti sociali e dei territori, contro le discriminazioni e le violenze di razza e di genere. Manituana: un’aula studio, uno spazio per mangiare e una biblioteca virtuale contro le mancanze del welfare studentesco; uno spazio sociale dove tanti e tante si incontrano e condividono il proprio tempo libero, come il luogo mitico della tradizione Cherokee in cui gli indiani si rifugiano per sfuggire ai coloni bianchi, dove creano una comunità fondata su rapporti paritari, solidarietà e autogestione.

Attraverso la contaminazione di pratiche e discorsi differenti, Manituana ha accumulato in questi anni una forza eccedente rispetto alla nostra esistenza attuale. Abbiamo visto crescere spontaneamente questa molteplicità di esperienze e pensiamo che oggi questa abbia molto da proporre a tutta la città e da riceverne in cambio. Negli ultimi dieci anni di crisi, a Torino, sotto il ricatto del debito, abbiamo assistito allo smantellamento dei servizi fondamentali, del welfare e della cultura, che ha impoverito e desertificato intere aree popolari della metropoli, per poi consegnarle alle forze della speculazione e della riqualificazione urbana. Alcuni quartieri sono stati “riqualificati” attraverso una proliferazione selvaggia delle attività commerciali e delle sedi aziendali, la svendita di patrimonio pubblico a grandi imprese o singoli colossi del mercato immobiliare privato e un aumento generalizzato dei costi e degli affitti. Questi fenomeni, combinandosi con la disoccupazione dilagante, lo smantellamento di tutele, assistenza, servizi pubblici fondamentali e continuità di reddito, gravano anzitutto sulla popolazione “storica” dei quartieri in questione.

Abbiamo oggi liberato gli spazi in via Cagliari 34/C, uno spazio abbandonato da più di cinque anni, a poche centinaia di metri dal nuovo Campus Luigi Einaudi, nel pieno della vita universitaria. Si tratta di un’area della città in cui si stanno condensando, ogni anno di più, fette considerevoli della popolazione universitaria, esercizi commerciali, palazzi di grandi imprese multinazionali, conseguenti e repentini effetti di carovita e caroaffitti e in cui si registra un’assoluta carenza di alcuni servizi fondamentali. Non è presente una sola aula studio, non c’è un cinema, mancano gli spazi dell’aggregazione in cui i giovani, ma non solo, possano riunirsi, confrontarsi e stare insieme fuori dalle logiche del consumo. Le poche realtà e associazioni presenti sul quartiere non possono da sole alimentare una rete di attivazione sociale adeguata a questi bisogni. Vogliamo realizzare un’aula studio e, insieme, uno spazio di elaborazione, di socialità, aggregazione, di autorganzzazione del mondo del lavoro. Vogliamo aprire uno spazio che sappia vivere nel quartiere, intrecciando le energie creative della composizione studentesca e giovanile di cui facciamo parte con le esigenze e le abitudini delle famiglie e dei residenti storici della zona. Vogliamo una città strutturata a partire dai nostri bisogni e non dalle logiche di profitto.

Il nostro orizzonte è quello di costruire dal basso, intorno a uno spazio liberato, in forma partecipata e aperta a tutt*, servizi essenziali oggi mancanti, integrazione autonoma tra studenti e residenti; favorire autoproduzione culturale e creativa per non lasciare che qui, alle spalle del nuovo Campus, cultura, pensiero e arte possano essere sussunti dagli interessi privati e organizzati in una dimensione di accumulazione e mercificazione. Crediamo che per questo quartiere e per questa città uno spazio del genere non solo sia necessario, ma sia una vera e propria priorità. Rivendichiamo il valore fondamentale delle pratiche di liberazione e autogestione collettiva degli spazi sociali che costruiscono nei quartieri reti di solidarietà, integrazione e autodeterminazione, difendendo diritti e dignità per tutte e tutti.