ROMA

Libere di scegliere sempre, strade comprese!

Un flash-mob di Non una di meno Roma la scorsa notte in alcune zone della città (San Lorenzo, Tufello, Tor Marancia, Anagnina) dopo la comparsa dei vergognosi manifesti antiabortisti e verso il corteo del 26 maggio.

Mai come oggi, quando con la scusa del decoro, soggetti e condotte considerate inappropriate e a rischio vengono espulse dai centri urbani, è urgente interrogarsi sulla relazione tra autodeterminazione dei corpi e spazi urbani.

A Roma, in particolare, gli spazi/corpi che si autodeterminano sono sotto attacco. Esempi recenti sono le minacce a spazi femministi come la Casa Internazionale delle Donne e Lucha y Siesta, e il recente sgombero, poi sospeso, del laboratorio di arte e cultura sperimentale Angelo Mai.

Le strade che attraversiamo sono invase da immagini misogine, razziste e omofobe. Ricordiamo i maxi manifesti anti-abortisti comparsi sui muri di Roma negli ultimi tempi che legano l’aborto ai femminicidi! O l’altro manifesto comparso ad aprile, poi rimosso dopo le proteste sui social, che mostrava un feto gigante e cancellava il corpo e la libertà della donna che lo aveva concepito.

Ricordiamo le frequenti campagne politiche che producono manifesti in cui la difesa delle donne (soprattutto bianche) diventa cavallo di battaglia di partiti xenofobi. Perfino chi sostiene misure contro la violenza di genere continua a mostrare le donne come vittime prive di capacità di autodeterminazione.

Così qualche tempo fa, a Potenza, sono apparsi dei manifesti in cui campeggiava la scritta “Amore, ma se mi uccidi dopo chi picchi?”. L’obiettivo dell’organizzazione che li aveva diffusi era promuovere un convegno contro la violenza di genere. Eppure il manifesto comunicava un’immagine offensiva per tutte le donne che subiscono violenza. Che dire, poi, delle pubblicità che continuano a riproporre il modello della donna “angelo del focolare” o della “donna-oggetto”?

Chi decide sulle nostre città decide anche sui nostri corpi e sulle loro rappresentazioni. Per questo vogliamo immaginare e dar vita ad altri spazi urbani e altre immagini.

E poiché l’arte pubblica non solo può produrre dibattito ma anche sfidare l’estetica del decoro e quella sessista e razzista, usiamo il linguaggio artistico per materialmente riprenderci le nostre città. Che siano murales o poster art, mostre o installazioni itineranti, performance o iniziative in cui discuterne, la posta in gioco è produrre le “città – relazioni” che vogliamo.

Vogliamo svegliarci una mattina e trovare i muri di Roma animati da corpi indecorosi, audeterminati, in lotta.

Questo progetto è parte della mobilitazione femminista per i 40 anni della legge 194. Un altro modo per ricordare che la depenalizzazione dell’aborto è stata prima di tutto espressione dell’autodeterminazione delle donne.

Libere di scegliere! Ora e sempre indecorose!

Non Una di Meno – Roma

Tratto dal blog di Non una di meno