ITALIA

Margherita Caprilli

Stati Genderali: «L’attacco dello Stato consiste nel definire chi sta dentro e chi fuori dai confini»

Abbiamo intervistato nei giorni scorsi Mylu e Camilla di Rivolta Pride e Stati Genderali in occasione della manifestazione che si sarebbe dovuta tenere a Bologna sabato 20. La manifestazione è stata cancellata per l’emergenza climatica in corso che sta travolgendo la regione

Abbiamo intervistato nei giorni scorsi Mylu e Camilla di Rivolta Pride e Stati Genderali in occasione della manifestazione che si sarebbe dovuta tenere a Bologna sabato 20. La manifestazione è stata cancellata per l’emergenza climatica in corso che sta travolgendo la regione.

Nel comunicato, Stati Genderali ribadisce che «la manifestazione “Le nostre vite valgono. Unitə contro la violenza di Stato” prevista sabato 20 maggio in  piazza XX Settembre a Bologna è rimandata a data da definire a causa del disastro ambientale che sta colpendo l’area e tutta l’Emilia Romagna. Abbiamo preso questa decisione in solidarietà con le vittime e con le tante persone che a oggi sono isolate, evacuate o, nel caso di chi ha avuto più fortuna, in attesa degli sviluppi delle prossime ore. Proviamo un profondo dolore per il disastro idrogeologico in corso e ne conosciamo la causa principale, si chiama cambiamento climatico.[…] La mobilitazione continua. Le persone e le realtà che si preparavano a venire a Bologna continuano a portare avanti le lotte del movimento lgbitqia+, transfemminista e queer in ogni territorio, in ogni casa, in ogni scuola, in ogni luogo di lavoro e di vita, e queste lotte sono sempre più connesse. Cercheremo di definire insieme e presto una nuova data in cui unirsi tuttə nella stessa piazza per un giorno»

L’intervista è tuttavia interessante e ricca di spunti e di prospettive per l’attivismo queer, pertanto la pubblichiamo.

Il 20 maggio Stati Genderali scende per la prima volta in piazza come coalizione nazionale. Dopo quattro incontri di confronto si arriva alla prima manifestazione, quali sono state le ragioni di questa scelta e di questa data?

Camilla Il 17 maggio è la giornata mondiale contro l’omolesbobitransfobia. La data fu scelta per ricordare il momento in cui l’omosessualità fu eliminata dal DSM il manuale internazionale sulla salute mentale. Tuttavia negli anni questa giornata è spesso diventata una celebrazione assorbita da un contesto istituzionale, con generici eventi di sensibilizzazione,  non una vera e propria data di lotta, un po’ come era diventato  l’8 marzo prima della risignificazione che ne ha fatto Non Una di Meno.  Erano eventi nominali e simbolici, non di critica né di conflitto. Negli ultimi anni poi è diventata lo sfondo di dichiarazioni formali di vari soggetti istituzionali, incluso il Presidente della Repubblica.

Abbiamo scelto il 20 maggio, cioè il sabato più vicino al 17, per riappropriarci di quella data, risignificarla e viverla come un momento di lotta e di piazza.

Crediamo che le discriminazioni siano ancora un tema su cui creare conflitto in Italia.

 
Viviamo in un paese dove le discriminazioni sono ancora la prassi e lo dimostra il fatto che abbiamo un governo post fascista che ha tra i primi punti della sua agenda l’attacco alle soggettività lgbtqia+.

Il 17 maggio diventa ancora più una giornata di lotta oggi che sta venendo sempre meno quel formale appoggio istituzionale.

In realtà non è la prima volta che scendiamo in piazza. Siamo già scese a Palermo in occasione del Palermo Pride a luglio scorso. La rete ha sempre voluto creare spazi di mobilitazione e di occupazione dello spazio pubblico proprio perché crediamo che l’elaborazione politica non debba essere un esercizio teorico ma debba sempre concretizzarsi nell’azione militante e nella visibilizzazione delle lotte.

Nell’appello è evidente la dimensione intersezionale, nei riferimenti alle lotte delle persone razzializzate, dei movimenti ecologisti, delle persone lavoratrici, del movimento transfemminista. Quali alleanze la coalizione è riuscita a costruire in questo anno e mezzo di vita e quali altre ne vuole costruire in futuro?

Camilla La rete Stati Genderali è stata capace di intessere una vasta rete di relazioni in questo anno e mezzo, anche grazie al lavoro dei tavoli specifici. Ad esempio il tavolo lavoro ha costruito legami coi sindacati e con il collettivo di fabbrica GKN. Il tavolo autodeterminazione di genere ha saputo attrarre a sé il lavoro di molti collettivi in tutta Italia. La condivisione della repressione vissuta ci ha permesso di metterci in rete con Fridays For Future, Extinction Rebellion e Ultima Generazione. 

Più recentemente abbiamo attraversato le mobilitazioni del 28 aprile a Roma con i migranti “Non sulla nostra pelle” e quella del 6 maggio di Non Una di Meno “Interruzione volontaria di patriarcato” ad Ancona.

Abbiamo costruito una elaborazione intersezionale per unire militanti di ambienti diversi per costruire una mobilitazione che sia quanto più possibile rappresentativa di queste istanze ampie.

Le rivendicazioni dell’appello vanno ben oltre la cornice tradizionale delle richieste del mondo lgbtqia+. Includono welfare, il riconoscimento dei legami di cura al di fuori del nucleo familiare, una nuova legge per l’autodeterminazione di genere. Con quale percorso si è arrivate a queste rivendicazioni?

Mylu Queste rivendicazioni hanno preso vita durante i momenti di incontro nazionale e nelle assemblee locali dei singoli soggetti politici che confluiscono in Stati Genderali. Condividendo, fin dall’inizio, l’analisi che Non Una di Meno fa della violenza -cioè che, essendo strutturale, si dirama attraverso diversi dispositivi e relazioni di potere-  abbiamo potuto notare come le richieste classiche consociative non fossero bastevoli per ribaltare radicalmente le nostre condizioni di vita. Per far sì che queste mutino del tutto e in meglio, bisogna agire a più livelli e in una cornice di convergenza delle lotte che metta in campo diverse strategie e punti d’analisi. Non possiamo continuare a muoverci solo su un piano di cambiamento culturale diffuso, per quanto questo resti per noi uno dei piani più cruciali.

Serve fare un passo in avanti intercettando e lavorando anche sulle leggi, che regolano e controllano le nostre condizioni esistenziali e materiali, spesso depotenziando l’agency individuale e collettiva e smantellando i diritti di base. Non crediamo nella divisione dicotomica e binaria che vorrebbe dividere “le piazze sociali” dal lavoro legislativo: crediamo che entrambe le strategie contribuiscano sia al miglioramento materiale delle nostre vite, che al potenziamento del movimento LGBT e transfemminista e del nostro potere decisionale. Non vogliamo più giochetti parlamentari sulla nostra pelle, e per farlo capire abbiamo bisogno di parlare e di farci sentire in ogni luogo in cui c’è necessità della nostra presenza, sia attraverso le manifestazioni sociali in piazza, sia attraverso la costruzione di possibili proposte di legge, ovviamente scritte dal basso e dalle soggettività direttamente coinvolte.

Il fascismo di questo governo ci attacca da ogni lato, e non possiamo permetterci di lasciarne scoperto nemmeno uno.

Perché è fondamentale portare in piazza richieste così avanzate e innovative proprio ora, con il governo più di destra degli ultimi anni?

Mylu Le azioni e i discorsi di questo governo si sono potute legittimare grazie all’inadeguatezza e l’impreparazione dei governi precedenti: l’orizzonte neoliberale abbracciato dai diversi partiti di sinistra che hanno avuto potere politico decisionale ha spinto verso una “fascistizzazione” culturale, legislativa e sociale che ha lasciato spazio alla guerra tra poveri, all’omolesbobitransfobia e al razzismo istituzionale e non.

Ricordiamo che l’omolesbobitransfobia istituzionale materializzatasi con la bocciatura del ddl Zan di un anno e mezzo fa, si era diramata nei tessuti sociali a causa dei discorsi mediatici propagandati attorno a questo tema, che ha rimpolpato le aggressioni in strada e nei nuclei familiari. Questo governo espone al massimo le politiche d’odio, di criminalizzazione e repressione che erano già in corso: appoggiato da una grossa coalizione che vede lobby anti-gender e movimenti contro l’aborto, abbiamo già avuto l’approvazione della legge Cutro, l’abolizione del Reddito di Cittadinanza a partire dall’anno prossimo, il decreto anti-rave e la legge riempi-carceri. Nessuna proposta di legge o discorso sul miglioramento delle condizioni pubbliche scolastiche, sanitarie e lavorative. Meloni opera una legittimazione propria attraverso femonazionalismo e queerwashing, motivo per cui è riuscita ad attirare consensi anche tra le fasce della popolazione che lei stessa discrimina e criminalizza. È fondamentale urlare a gran voce le nostre rivendicazioni perché non possiamo permettere che passi altro, tutto questo è già troppo: innanzitutto, dobbiamo allargare noi il nostro bacino di consensi, per smantellare la retorica fascista e appropriante di questo governo.

Poi, è proprio nel momento in cui gli attacchi si fanno più duri e visibili, che bisogna rispondere con altrettanta forza e lucidità politica: ci sono delle possibilità alternative alle politiche attuali, e le stiamo portando in piazza. Un’alternativa c’è e siamo noi.

Stati Genderali nasce come coalizione alla fine del percorso Molto più di Zan, con l’obiettivo di rilanciare l’attivismo lgbtqia+ che era uscito “sconfitto” da quel percorso. Il rilancio voleva essere includente e allargato ma allo stesso tempo superare la dinamica della “richiesta di diritti” ai governi di turno e proporre un piano di mobilitazione più ampio e radicale. Quale bilancio vi sentite di fare di questa strategia?

Mylu Questa strategia è il cuore mobilitante di Stati Genderali, ed è ciò che ha permesso la convergenza tra soggetti politici molto diversi tra loro – per storia, pratiche e teorie – che si sono interrogati su come aprire maggiori spazi di discussione e mobilitazione su diverse tematiche: come diceva prima Camilla, in Stati Genderali ci sono sia associazioni mainstream che movimenti dal basso, uniti dall’intento di smantellare la visione oppositiva tra diritti civili e diritti sociali. Per troppo tempo la sinistra maschile, tanto quella antagonista che quella partitica, hanno considerato le lotte lgbtqiap+ e femministe addirittura come corporative e funzionali ai meccanismo del capitale e al suo modo di accumulare profitto.

La parte mainstream LGBT+, invece, non ha attaccato le radici della discriminazione sistemica, limitando il piano di intervento esclusivamente su riforme e leggi al ribasso (vedi la Cirinnà, approvata senza la clausola delle adozioni). Stiamo facendo un lavoro, non privo di difficoltà, in cui tutti questi soggetti possano confrontarsi e trovare dei punti in comune su cui poter convergere, senza appiattire le proprie differenze, ma partendo proprio da queste e dai conflitti che possono creare, per potenziare il nostro movimento ed espandere il nostro potere decisionale. Il bilancio credo sia positivo: lo conferma, sull’onda di ciò che ha detto prima Camilla, la pluralità di esperienze che attraverseranno (e che hanno aderito) la piazza del 20 maggio. Davvero, non è semplice… Ma qualcun* doveva pur farlo!

L’appello chiama direttamente in causa il governo Meloni per attuare, con la mobilitazione, «la risposta più efficace alla violenza di Stato che subiamo da un governo fascista che nei nostri confronti ha una vera ossessione e che contro di noi agisce una autentica persecuzione». Quali ulteriori forme di lotta immaginate saranno necessarie per resistervi ?

Camilla Noi ci siamo date lo spazio dell’assemblea per il giorno successivo alla manifestazione, per discutere di prospettive future. Il lavoro di rete svolto in questi tre anni è un lavoro che vogliamo capitalizzare. Con una composizione così allargata della coalizione, abbiamo una  risorsa dalla nostra. Ne avremo bisogno con questo governo. L’idea di Stati Genderali non è solo prepararsi a rispondere ma continuare a costruire, con ottica vigile soprattutto rispetto a certi temi. Sappiamo già che l’attacco più feroce si scatenerà contro le identità trans e nel rapporto con la famiglia e la scuola  e questo è confermato dall’agenda a livello internazionale.

C’è un tema comune che è stato trattato e affrontato, cioè una analisi secondo la quale oggi l’attacco da parte dello stato sta nel definire chi sta fuori e chi sta dentro i “confini nazionali”. Questa analisi mette in relazione le nostre lotte per diritti quali l’adozione, la registrazione anagrafica, la genitorialità, la carriera alias, l’accesso alle cure, con le lotte delle persone razzializzate ugualmente escluse da quell’idea di nazione. Questo filo rosso si sta elaborando sempre di più anche coinvolgendo altri soggetti storicamente più inclini a parlare solo di rivendicazioni del mondo lgbtqia+.

Immagine di copertina di Margherita Caprilli