DIRITTI

I predoni dell’accoglienza: le ombre su Engel Italia

In passato le sono stati sequestrati diversi centri per diverse irregolarità, ma ora la stessa società si sta insediando in Puglia, sempre nello stesso settore.

C’è una lettera indirizzata alla dottoressa Malgari Trematerra, prefetto vicario, che lascia trasparire gli interessi e i segreti inconfessabili che si celano – in molte città italiane – dietro l’accoglienza ai rifugiati. Uno di questi posti è Taranto, dove la funzionaria svolge servizio. Sia chiaro: la locale prefettura non è coinvolta in nessuna maniera nelle storie di mala accoglienza che stiamo per raccontare. Tutte comunque risalenti al passato e tutte originatesi nella regione Campania.

Tornando alla missiva da cui siamo partiti, essa ha per oggetto “comunicazione urgente afferente la struttura ricettiva in Massafra denominata Cenzino Mondelli”, ed è firmata dal commissario straordinario che gestisce la struttura, già accreditata dalla Regione Puglia come comunità per minori quando si chiamavano ancora orfanotrofi. Storico fortino di voti e relazioni dell’attuale capogruppo del partito democratico nel consiglio regionale pugliese, Michele Mazzarano, da qualche tempo la struttura era stata riconvertita nell’accoglienza ai rifugiati e affidata alla cooperativa Cometa convenzionata sino al 20/09/2016 con la Prefettura di Taranto per l’erogazione dei servizi di assistenza e accoglienza dei richiedenti asilo. Ma nel frattempo accade qualcosa.

L’ente scrivente, ovvero la fondazione che ha la proprietà della struttura, “non ha la possibilità, oltre tale data, di mantenere in struttura la suddetta cooperativa, posto che la società subentrante Engel Italia potrebbe altresì richiedere i danni dal ritardato sub ingresso” si legge nella lettera. Si dà notizia così dell’insediamento, in provincia di Taranto – nel sistema di protezione ed accoglienza ai richiedenti asilo “a seguito di aggiudicazione tramite regolare procedura amministrativa, dopo la sottoscrizione di regolari contratti, in data 1 e 2 agosto” della società Engel Italia Srl, dal primo settembre. Fin qui non ci sarebbe nulla di strano. Se non fosse che l’azienda in questione è nota alle cronache nazionali già dal 2014 proprio per gravi, diverse irregolarità nella gestione di alcuni centri. Criticità gravissime che sono emerse dopo le visite ispettive di alcuni parlamentari e dopo le denunce della Cgil di Avellino e della campagna LasciateCIEntrare. Vediamo quali sono e di che tipo. Ci viene in soccorso a tal proposito una interrogazione parlamentare presentata il 22 dicembre 2014, primo firmatario Khalid Chaouchi. Nell’atto in questione si legge che: “l’interrogante si è recato in data 17 dicembre 2014, accompagnato dall’attivista della rete Rete LasciateCiEntrare Jasmine Accardo, presso il Centro Sprar sito presso l’Hotel Engel, in via Afrodite a Capaccio Paestum”. Centro gestito dalla società Engel Italia srl, appunto, con sede a Salerno. Così racconta il deputato alcuni particolari relativi alla visita ai richiedenti asilo: “ parlando con alcuni di loro, ha appreso che uno dei responsabili una volta avrebbe addirittura sparato in aria davanti a loro per intimorirli, tanto da preoccuparli in merito alla loro stessa sicurezza. Non solo. È sempre Chaouchi a riferire in aula che gli ospiti stranieri hanno fatto presente le condizioni in cui versa il centro Sprar Engel, caratterizzato da: precarietà negli ambienti e mala gestione delle vite dei rifugiati, i quali – da parte loro – avevano già segnalato alla prefettura di Salerno le inadempienze nel capitolato d’appalto, i ritardi nella corresponsione dei pocket money e il mancato soddisfacimento dei bisogni di prima necessità. Di certo, il Ministero dell’Interno a quell’interrogazione non ha mai dato risposta. Nonostante anche il presidente della commissione parlamentare per la promozione dei diritti umani, il senatore Luigi Manconi, abbia raccontato di aver ricevuto una lettera contenente la memoria di alcuni rifugiati, i quali avevano riferito di temere il proprietario della struttura che girava all’interno armato (seppur con arma detenuta regolarmente). Inoltre, sempre i richiedenti ospiti avevano denunciato abusi e maltrattamenti. La faccenda finì pure davanti ai giudici, ma fu poi archiviata dal giudice per le indagini preliminari del tribunale di Salerno. Tuttavia, ancora per il senatore Manconi: “il caso di Paestum è un’ulteriore riprova delle difficoltà in cui ancora versa lo stato dell’accoglienza nel nostro paese, sulle cui lacune occorre intervenire subito e con fermezza” così disse, tanto da chiedere “di trasferire altrove i profughi affinché siano garantite condizioni di accoglienza che soddisfino i loro bisogni e tutelino la loro dignità”. E così fu. Infatti, il caso Engel in breve tempo deflagrò mediaticamente. Da Paestum l’attenzione verso la società alberghiera si spostò verso gli “insediamenti” in altre zone della Campania. Si arriva così al febbraio di quest’anno. Spostandosi ad Avellino la situazione non cambia nella galassia dei centri gestiti da Engel – alcuni di questi ottenuti in consorzio con altre cooperative, diciamo così, “chiacchierate”. Così saranno sette le strutture sequestrate il 19 febbraio scorso dalla procura di Avellino. Ad ordinare il sequestro a causa di: “anomalie nella somministrazione degli alimenti, in qualche caso scaduti, di carenze igieniche e di strutture prive dei requisiti di sicurezza” ci pensa il giudice per le indagini preliminari Fabrizio Ciccone che le mette sotto chiave. Le indagini di polizia giudiziaria affidate ai Nas di Salerno, dopo l’esposto presentato dalla Cgil di Avellino. A chiudere furono – tra le altre – le strutture che si trovavano nei piccoli comuni di Pietrastornina e di Montefredane, entrambe gestite dalla cooperativa Engel. Inadempimenti di contratti di pubblica fornitura fu l’ipotesi di reato formulata dai magistrati irpini. Nello stesso momento anche altri due centri di accoglienza furono chiusi e in via cautelativa, dal prefetto di Avellino Carlo Sessa. Manco a dirlo erano gestiti da Engel insieme alla cooperativa InOpera tra quelle coinvolte nell’inchiesta giudiziaria Mafia Capitale. Società, quest’ultima “famosa” per aver gestito – alla modica cifra di tre milioni di euro l’anno incassati dal Comune di Roma – un ex capannone industriale che definire fatiscente è dir poco, in cui erano stipati 288 persone di etnia rom, di cui quasi la metà bambini. Tant’è.

Il proprietario di Engel è l’imprenditore Alessandro Forlenza. Per quella vicenda dello Sprar di Paestum ha finito per denunciare – per abuso d’ufficio, diffamazione e minacce – il parlamentare del Pd Khalid Chaouki. Perché, disse in una conferenza stampa organizzata a marzo dello scorso anno: “ è stato il parlamentare a riprendere con il cellulare le dichiarazioni dei migranti”. E ancora: “ gli screzi con i migranti sono nati da richieste assurde come quelle di voler cucinare nelle loro camere perché musulmani”. La polizia non ha trovato nessuna pistola, disse Forlenza.

Eppure, al di là di come si evolveranno le due vicende giudiziarie, denunce e controdenunce che vedono opposti il parlamentare Pd e l’imprenditore, dunque, alla luce di tutto ciò, pensiamo che qualche domanda nella prefettura a Taranto qualcuno dovrà pur farsela. Del tipo, e tornando al Mondelli di Massafra: come mai la fondazione proprietaria della struttura che non ha ancora rifugiati all’interno, perché trasferiti in carico alla vecchia cooperativa, ha accettato di vedere i suoi introiti passare da quindici mila euro pagati dalla vecchia Cometa ai seimila che pagherà la nuova, Engel? Non sarà per la società di Salerno soltanto un modo di accreditarsi nel sistema di accoglienza tarantino in vista del nuovo bando? Ipotesi. Ciò che è certo è che l’ultima gara per l’affidamento del servizio di temporanea accoglienza di cittadini stranieri richiedenti protezione internazionale come si ricorderà fu sfiorata da diverse ombre.

La Prefettura di Taranto mandò la documentazione di gara all’Anac di Raffaele Cantone. E la Prefettura di Lecce (per competenza distrettuale) escluse una cooperativa dalla procedura di gara in quanto “dalle informazioni acquisite dalla locale Questura sulla società e sui soci è emerso che gli stessi sono gravati da carichi pendenti. Addirittura uno dei soci ( che non ricopre cariche societarie) era stato condannato per detenzione di armi. “Una cooperativa della cui moralità si dubita”, scrive la Prefettura, nella nota espulsiva. Sarà. Resta il fatto che qualche mese fa una sentenza del tribunale amministrativo di Lecce ha rimesso in gara la società esclusa; perché: “il richiamo ai carichi pendenti dei soci della ricorrente non può legittimare la sanzione espulsiva” si legge nella sentenza del Tar pugliese. È quindi persino ovvio pensare quanto di fronte a questi stessi dispositivi giuridici, si rischia di lasciare campo libero ai predoni dell’accoglienza. A Taranto ovviamente come altrove. Nei posti in cui chi detiene o ha detenuto armi da fuoco può partecipare tranquillamente agli appalti per governare l’accoglienza ai rifugiati. Così è se vi pare.