ROMA

Dai licei occupati di Roma

Negli ultimi 20 anni generazioni di studenti hanno vissuto e continuano a vivere in una condizione di precarietà dovuta alla mancanza di attenzione da parte del ceto politico nei confronti della scuola pubblica. Non è garantita la sicurezza delle strutture che restano fatiscenti, mancano vere riforme dell’istruzione, e viene così limitata la crescita dello studente in tutti i suoi aspetti[..] , tanto che “i capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi” non riescono più a “raggiungere i gradi più alti degli studi” ( Costituzione italiana, art. 34). Inoltre sulle famiglie grava la spesa del carolibri, causato dalle speculazioni delle case editrici, alle quali lo Stato non riesce a porre dei limiti.

Il governo ha stanziato 400 milioni di euro per la scuola, ma questi fondi, a fronte dei 5 miliardi di debito, rappresentano l’ennesima operazione di facciata. Inoltre sono soldi che vengono impiegati per una finta modernizzazione della scuola e non per sue le necessità primarie, pur di adeguarsi agli standard europei. Ed è per lo stesso motivo che sono stati introdotti i test INVALSI, volti a giudicare gli istituti superiori per classificarli in fasce di serie A e di serie B. Lo Stato seguendo questa politica continua ad incentivare la scuola privata, demolendo sempre più quella pubblica. Senza pari opportunità un paese non ha futuro e la precarietà, la disoccupazione giovanile e l’incertezza delle prospettive di vita prendono il sopravvento. In un momento di crisi è invece necessario investire nell’ istruzione pubblica e nella ricerca, per ridare valore al sapere, inteso come bene comune e non privilegio, come risorsa per uscire dalla recessione. Sebbene la disponibilità economica ci sia, il Governo preferisce mantenersi stipendi e pensioni d’oro e acquistare aerei militari F35, dimenticando che l’Italia ripudia la guerra.

Il parlamento dovrebbe quindi smettere di sperperare il denaro pubblico, investire nella cultura e impegnarsi nella stesura di una vera e propria riforma dell’istruzione, dato che quella Gelmini, ancora in atto, continua a togliere valore alla scuola pubblica. Questa classe dirigente, perseverando con politiche di smantellamento, agisce secondo ottiche antiquate, immorali e tradizionaliste e sminuisce così istruzione, cultura e valori etici e morali, proponendo modelli disonesti, vergognosi e osceni. Basta con il finto riformismo e con i populismi spiccioli, vogliamo subito fatti e cambiamenti!