MONDO

Tra crisi politica, violenza e repressione, al via in Colombia lo sciopero civico nazionale

Nell’agosto 2018 il settore più reazionario della classe politica colombiana è tornato al potere con l’elezione presidenziale di Ivan Duque, del partito Centro Democrático, diretto dall’ex presidente ed attuale senatore Álvaro Uribe Vélez. Il nuovo governo di estrema destra ha portato alle conseguenze disastrose per il paese, che analizziamo in questo articolo alla luce degli ultimi movimenti di protesta e a poche ore dall’inizio dello sciopero civico nazionale.

Diversi settori sociali hanno convocato uno Sciopero Nazionale ad oltranza che inizierà il 25 aprile, mentre il Governo Nazionale ha già dimostrato che di fronte alle mobilitazioni la prima risposta sarà la repressione della polizia ed il coinvolgimento dell’esercito, come già accaduto con le mobilitazioni indigene e studentesche.

Nelle campagne e nelle città i sindacati e i movimenti sociali preparano l’opposizione alle politiche del Governo: un Piano Nazionale di Sviluppo arbitrario ed escludente, la scelta di disattendere il Piano di Ordinamento Territoriale (POT) e le rivendicazioni nel campo della pubblica istruzione, l’aumento della disoccupazione giovanile, l’eliminazione dei sussidi, le ulteriori tasse che ricadranno sulla classe media, gli accordi incompiuti con i popoli indigeni, contadini ed afro, il rifiuto del presidente di interloquire con la Minga Nazionale, la corruzione che ha coinvolto il ministero delle Finanze ed il Procuratore generale, l’assassinio sistematico di leader sociali e il grave deterioramento degli accordi di pace firmati dal precedente governo di Juan Manuel Santos con le FARC-EP, sono le principali questioni che saranno messe in discussione a partire da questo mercoledì nelle piazze del paese.

 

 

Minga, studenti e “massacri con criterio sociale”

Dopo 27 giorni di intense proteste ed una brutale repressione poliziesca, la Minga Indigena e Contadina e il governo Duque sono arrivati a un accordo lo scorso 6 aprile. Tuttavia, il Presidente si è rifiutato di incontrare le comunità, adducendo come scusa il rischio di attentati contro la sua persona. Nonostante gli indigeni abbiano rimosso, dopo l’accordo, i principali blocchi stradali della zona sud-occidentale del paese, questo mercoledì parteciperanno alle mobilitazioni.

Resta infatti alta la preoccupazione, soprattutto dopo le sfacciate dichiarazioni che ha rilasciato Uribe dopo aver criticato e rifiutato l’accordo firmato dal governo. «Se l’autorità implica un massacro..”.» e «ci sono casi nei quali bisogna uccidere per ragioni morali…» sono state alcune delle dichiarazioni pubbliche che ha rilasciato il senatore nelle ultime settimane. Ha poi tacciato gli indigeni ed i settori sociali mobilitati di terrorismo in varie occasioni.

 

Queste dichiarazioni di Uribe devono essere intese come veri e propri tentativi di giustificare le morti. Il 21 marzo nel contesto della Minga è stato realizzato un attentato con esplosivi che ha ucciso otto indigeni ed uno studente.

 

Il 13 aprile uno dei leader del dipartimento del Chocó è stato assassinato. Inoltre, continuano i conflitti nelle città dove le proteste studentesche degli ultimi mesi sono state represse dalla Squadra Mobile Anti Sommossa (ESMAD). Lo scorso dicembre uno studente ha perso un occhio colpito da un ordigno lanciato dalla ESMAD ed il 3 aprile è morto in una esplosione uno studente nel corso di una protesta nella Università del Valle (Cali).

 

 

Una mobilitazione popolare in difesa della pace e della democrazia

L’Accordo di Pace firmato a novembre 2016 è stato il fatto politico più importante degli ultimi tempi in Colombia. Il paradigma della guerra, durato oltre mezzo secolo, è cambiato durante i due mandati di Santos (2010-2018) per due ragioni: la dottrina del nemico interno o le “minacce terroriste” impiantate con la strategia della sicurezza degli Stati Uniti e di cui l’ex presidente Uribe si era appropriato con la “Politica della Sicurezza Democratica” (2002-2010), è stata trasformata discorsivamente con l’obiettivo di aprire al dialogo (in chiave neoliberale) con gli insorti. Inoltre, questo stesso governo aveva riconosciuto l’esistenza di un conflitto armato interno e aveva riaperto le relazioni diplomatiche con il Venezuela di Hugo Chávez.

 

Sebbene sia importante che il nuovo partito delle FARC, presentato dopo aver deposto le armi con il nome di Forza Alternativa Rivoluzionaria del Comune, abbia una voce nel Congresso della Repubblica, in linea con la sua storica rivendicazione di partecipazione politica, molte delle vite che avrebbero dovuto essere tutelate  dalla fine delle ostilità, sono sotto attacco per il sistematico assassinio di ex-combattenti e familiari. Questo è uno dei punti nevralgici disattesi nel periodo post-accordo di Pace: 128 ex-guerriglieri e 20 famigliari sono stati assassinati da sicari negli ultimi due anni.

 

Il caso più recente è stato quello di “Samuelito” lo scorso 15 aprile: un bambino di 7 mesi, figlio di ex combattenti è morto mentre ignoti attentavano contro la sua famiglia. Questa istigazione all’odio e alla violenza da parte dell’uribismo si da in un contesto di continua minaccia: da quando è stato firmato l’Accordo sono stati uccisi quasi 500 leader sociali.

Il presidente Duque ha seguito le indicazioni dei suoi compagni di partito rifiutando quella che è considerata la colonna portante del processo di pace: la Giurisdizione Speciale per la Pace (JEP) [sistema di Giustizia Transizionale costruito durante i governi Santos n.d.t.]. Nonostante ci sia stato qualche avanzamento nell’applicazione di alcuni punti di questa giurisdizione, come le libere testimonianze di vittime e di responsabili delle violenze, e altri processi di tipo conciliatorio, ancora è tutto da vedere cosa accadrà dato che la pace, la verità, la giustizia, la riparazione e la non ripetizione sono diventati i principali nemici, per il capo di Stato ed in particolare per il suo padrone (Uribe, ndt) che è il più interessato a mantenere impunito il terrore di Stato. Nel corso delle ultime settimane la JEP è stata inoltre attaccata tramite scandali giudiziari e mediatici creati dai suoi alleati.

 

 

Il conflitto armato: concluso o in pieno sviluppo?

Un altro fenomeno che si è aggravato, non solo dal momento della firma dell’Accordo di Pace, ma anche da quando l’uribismo ha radicalizzato il suo rifiuto dell’accordo, è l’ascesa del cosiddetto “Esercito Anti Restituzione” (in opposizione alla Legge della Restituzione delle Terre): gruppi preposti allo sterminio dei contadini che reclamano le terre dalle quali erano stati precedentemente spogliati. Secondo le denunce delle vittime, queste strutture paramilitari sarebbero finanziate dai grandi allevatori, dai coltivatori di palma ed in generale degli agrari e latifondisti che usano la violenza per appropriarsi di grandi porzioni di terra. Vale la pena citare un caso: membri uribisti del congresso come María Fernanda Cabal, famosa per essere una acerrima anticomunista e per aver giustificato l’esistenza del paramilitarismo, e suo marito José Félix Lafaurie, presidente della Federazione Colombiana degli Allevatori (FEDEGAN) ed ex viceministro dell’Agricoltura, hanno beneficiato direttamente della spoliazione e della violenza paramilitare.

 

Per quanto riguarda poi i dialoghi di pace che si sono sviluppati con l’insorgenza dell’Esercito di Liberazione Nazionale (ELN), prima in Ecuador e poi a Cuba, il panorama non potrebbe essere peggiore. I dialoghi si sono chiusi (di fatto, non sono stati mai ripresi dall’attuale Governo) ed il rifiuto di Duque al dialogo è stato secco, nonostante la pressione da parte della società civile e degli organismi internazionali.

 

 

Le operazioni militari per attaccare le postazioni o catturare i combattenti di questa guerriglia (quando non vengono usati montaggi giudiziali per mostrare presunti risultati “contro il terrorismo”) sono cresciute nei territori. L’ELN ha risposto realizzando azioni militari rurali ed urbane. Dalla sua pagina internet affermano che nella sola provincia di Arauca (frontiera con il Venezuela) durante lo scorso mese di marzo, sono state portate a termine 26 azioni militari, che hanno causato 22 perdite alle Forze Armate.

Inoltre, in differenti parti del paese, persistono gli scontro tra le Forze Armate ed i vari gruppi paramilitari dedicati al narcotraffico, chiamate anche Bande Criminali o Gruppi Armati Organizzati (GAO). Questo ha portato all’aggravarsi dei desplazamientos (trasferimenti) forzati, con migliaia e migliaia di sfollati, di cui sono principalmente vittime le comunità indigene ed afro.

Secondo l’agenzia per i Rifugiati dell’ONU solo nel 2018 più di 30.000 persone sono dovute fuggire per la violenza che vivono nei propri territori; durante il 2019 la situazione è peggiorata. Solamente nel mese di gennaio 1300 persone sono state costrette ad abbandonare le proprie terre. L’Ufficio delle Nazioni Unite per gli Affari Umanitari (OCHA) afferma che negli ultimi giorni gli scontri tra l’Esercito ed i “gruppi armati non identificati” hanno causato la fuga di 200 famiglie (circa 600 persone) a causa del fuoco incrociato, lanciando l’allerta sull’assenza di risorse per far fronte all’emergenza. Nel resoconto hanno anche riportato l’aumento dei casi di tortura, omicidio e sparizione forzata.

 

 

L’ingenuità di continuare a rivolgere lo sguardo a Nord nell’era Trump

Il principale elemento per distogliere l’attenzione dalle differenti realtà che attanagliano il paese è stato concentrare l’attenzione mediatica sulla crisi che vive il Venezuela. Di fatto, questa è stata una delle poche promesse mantenute della campagna presidenziale di Duque: mettersi a capo della campagna regionale di discredito contro il governo bolivariano ed accusare Nicolás Maduro di essere un dittatore. Occorre ricordare che dal 2009 gli Stati Uniti hanno sette basi militari nel territorio colombiano, il che spiega la strumentalizzazione della posizione geo-strategica del paese per un eventuale attacco militare contro il Venezuela. Pare che per ora questo attacco non ci sarà: le risorse dell’ultradestra colombiana sono agli sgoccioli e non c’è un quorum internazionale che permetta agli Stati Uniti di dare il via ad una invasione come è accaduto in Medio Oriente.

 

Tuttavia, la Colombia vive un momento diplomatico particolare con gli Stati Uniti, che potremmo definire come il peggiore degli ultimi anni. Per capirlo è necessario gettare un attimo lo sguardo all’indietro alle relazioni internazionali tra entrambi i paesi.

 

Sin dagli anni ’20, nonostante la separazione con il Panamà nel 1903 [avvenuta con il beneplacito degli Stati Uniti n.d.r.] , la Colombia ha mantenuto buone relazioni con gli Stati Uniti, principalmente per interessi commerciali e per quanto riguardava le infrastrutture di telecomunicazioni e trasporto. Questa relazione si è rafforzata a partire dal 1940 con la partecipazione della Colombia agli incontri ed accordi internazionali presieduti dagli USA. Al termine della Seconda Guerra Mondiale, l’assoggettamento della Colombia alla dottrina respice polum (“Guardare verso il Nord”) si è approfondito con la partecipazione alla creazione di organismi multilaterali con il fine di «evitare l’espansione sovietica». Solamente negli agli anni sessanta sotto il governo di Carlos Lleras Restrepo (1966-1970) il paese ha volto lo sguardo all’integrazione regionale. Dopo il picco del conflitto armato ed il narcotraffico le relazioni diplomatiche si sono concentrate sugli aspetti militari, politici e di giustizia.

In questi momento possiamo domandarci se cambieranno le relazioni di armonia diplomatica e cooperazione con gli Stati Uniti. Donald Trump, di fronte al supposto incremento del 50% dell’ingresso della cocaina colombiana e «l’invio di persone pericolose» verso gli Stati Uniti, ha segnalato che Duque non ha fatto nulla come presidente, anche se è una «brava persona».

 

Questo rimprovero mette la Colombia in una situazione di debolezza alla quale il Governo ha risposto incolpando Santos ed il processo di pace dell’aumento delle coltivazioni illecite e aumentando la persecuzione dei contadini di coca e dei consumatori nelle città.

 

 

Questa nuova dinamica si accompagna alle promesse che lui stesso aveva fatto negli incontri diplomatici alla Casa Bianca e in quelli che si sono svolti in Colombia con i funzionari della CIA. Né questo sforzo, né l’ambasciatore ultrareazionario Francisco Santos, e nemmeno l’ex Procuratore Generale, conservatore ed estremista ora nella carica di alto funzionario della OEA, sono stati sufficienti per conquistare la fiducia di Trump.

Vari membri del Congresso del Centro Democratico si sono fatti già portatori della causa e stanno portando avanti progetti di legge contro il narcotraffico, ma al di là i droni carichi di glifosato  [agente diserbante cancerogeno usato per fumigare le coltivazioni illecite n.d.r.] e le inutili politiche della “mano dura” che non hanno mai funzionato contro il narcotraffico strutturale, in realtà Trump sta puntando alla sua rielezione presidenziale e non ci penserà su due volte a passare sopra la Colombia, così come al Centroamerica, se dovesse considerare questa ipotesi come valida.

Le promesse fatte allo “zio Donald” non potranno essere portate a compimento e Trump ha enfatizzato che non vuole che qualcuno si approfitti dell’ “appoggio” degli Stati Uniti. A questo panorama possiamo aggiungere lo scherno costante per la mancanza di personalità e capacità di governare autonomamente di Duque. In un editoriale del “New York Times“, il giornalista Omar Rincón ha detto esplicitamente che Duque è un presidente «fantoccio» che serve solo a prendere ordini.

La Colombia è stata minacciata in poche occasioni dal Nord, una di quelle che si ricorda di più fu durante lo sciopero nelle piantagioni di banane nel 1928, quando arrivò la minaccia  di occupazione dei Marines, se non fosse ripresa la produzione delle multinazionali delle banane, episodio che culminò in un brutale massacro di 1800 lavoratori da parte dell’Esercito.

Concludendo, la Colombia tende storicamente alla prossimità strategica con gli Stati Uniti. Attualmente, anche se intrattiene relazioni diplomatiche continentali e mondiali, dipende dagli Stati Uniti sotto molteplici fattori, una dipendenza della quale Trump si sta approfittando. Lui sa che gli insulti che rivolge alla Colombia non cambieranno la situazione storica di sottomissione, nemmeno quando da questi si passerà alle minacce, per questa ragione la dignità e la difesa della sovranità nazionale saranno l’altra bandiera dello Sciopero Nazionale.

Foto a cura di #ContamosLoQuePasa Casa Fractal Sebastian Bolaños

Traduzione in italiano di Elisa Gigliarelli e Milos Skalal per DINAMOpress.