ROMA

«Circolare Salvini», i centri sociali minacciati di sgombero rispondono

I comunicati di Nuovo Cinema Palazzo, Strike e Acrobax, tre delle ventidue occupazioni che il ministro dell’Interno vorrebbe cancellare nei prossimi mesi

NUOVO CINEMA PALAZZO

Volevamo navigare nell’oro

Apprendiamo con la dovuta serietà che nella lista degli 88 stabili occupati di Roma siamo al terzo posto tra i ventidue “su cui Palazzo Valentini, ente territoriale del Viminale del vicepremier Matteo Salvini, promette di intervenire il prima possibile”. Dal podio non possiamo che ringraziare per l’insperata medaglia forgiata nell’italico bronzo, pur sollevando qualche ritrosia, certo sofferta, che nasce dall’aver sperato, una volta tanto, di poter vincere l’oro. Se non del riconoscimento governativo, né della ricchezza che in otto anni di attività pensavamo di aver sprigionato e quindi accumulato, almeno in ragione di un primato di pericolosità sociale che ci viene, invece, riconosciuto con qualche lentezza e un po’ di confusione. Dopo aver sgomberato nel febbraio del 2018 le famiglie che abitavano a Carlo Felice, nel luglio del 2018 la comunità rom dell’insediamento di Camping River, nell’ottobre quella dei rifugiati sudanesi di via Scorticabove, per continuare a dicembre con i senza dimora e i richiedenti asilo dell’occupazione dell’ex Penicillina, baleniamo anche noi fra i desideri d’ordine e sicurezza governativi come uno dei “più noti centri di aggregazione della sinistra capitolina”.

Scoprendo dalla lettura dell’articolo di Repubblica che la sinistra romana allora esiste e si aggrega da qualche parte, non scopriamo invece nulla di nuovo dalla lista di spazi che il provvedimento prefettizio tiene insieme. In barba alla noia, sono gli stessi di sempre: centri sociali, musei, sedi di centri anti-violenza, biblioteche, radio, occupazioni in cui abitano minori, richiedenti asilo, anziani, famiglie. Spazi della città per i quali la promessa politica di intervento, il più rapido possibile, prende la forma della loro liberazione, da intendersi nei termini di una rimozione, secca e semplice, dalla comunità urbana. Il solito scontro tra le ragioni della pessima politica e i bisogni e i diritti e i desideri di tutti noi, graziosamente ravvivato in vista delle prossime elezioni europee. Per inferocire al punto giusto la tifoseria leghista e quella del 5stelle, il nuovo episodio della scaramuccia Salvini-Raggi non ha ritrovato trama migliore dell’evocare una primavera di sgomberi. Da comprimari nello spettacolo, ci chiediamo cosa si dovranno inventare i piloti delle ruspe per superare gli altri e ritrovarsi più a destra di tutti.
Quest’estate porteremo il mare nei nostri occhi ridenti e combattivi.

O, almeno, ai compagni camerati e alle compagne camerate di Casapound, che senza paura di sgomberi potranno trascorrere le vacanze dove più gli piace, chiederemo sostegno nella comune lotta di liberazione degli stabili sfitti o abbandonati con una proposta, almeno agostana, di condivisione del privilegio di cui godono. Scongiurando l’ipotesi spaventosa di impossibile sincretismo con l’aberrazione, chiamiamo vicini in una stessa tensione tutti coloro che nella giornata del 25 aprile siano partigiani di una idea di diritti e di libertà. Stretti sì, ma non dal tempo tutto reazionario e cupo dell’emergenza, piuttosto intorno alla memoria delle radici vive della nostra comunità: l’antifascismo e l’antirazzismo.

Vi aspettiamo, il 25 a piazza dei Sanniti, partigiani e divisivi.

Sarà il primo, già ennesimo, giorno di lotta. Ce ne saranno tanti altri, preparate la crema solare.

STRIKE SPAZIO PUBBLICO AUTOGESTITO

Le nostre libertà sono sotto attacco. Un’aggressione sistematica che il Ministro dell’Interno conduce in nome della sua “sicurezza” e della sua “legalità”: criminalizza lo straniero con un decreto che nega i diritti e preferisce lasciare affogare le persone chiudendo i porti; fomenta l’odio verso determinate categorie sociali come è tipico delle destre estreme; minaccia la nostra autodeterminazione imponendoci un unico modello accettabile di famiglia e di individualità; punisce chi non è allineato criminalizzando le pratiche del dissenso. L’attacco a centri sociali e occupazioni abitative con il nuovo elenco dei prossimi sgomberi, è l’ennesimo atto di questa politica del controllo.

A Roma, a prescindere dal loro colore politico, da 20 anni le giunte parlano di “riqualificazione” e di città smart e decorose a portata di turista, mentre nel nome del “decoro” attaccano spazi e esperienze che operano sul territorio offrendo servizi, cultura e opportunità di sviluppo dove le istituzioni sono latitanti. Trincerandosi dietro alla loro idea di legalità, non accettano che le realtà autogestite sono già esempi di riqualificazione urbana che si autofinanziano e sottraggono porzioni di Roma all’abbandono e alla speculazione privata per rendere vivibile una città in continua decadenza. Rigenerazioni spontanee in totale contrapposizione con l’idea di riqualificazione affidata a costruttori e privati che passa soprattutto attraverso l’abbattimento e la ricostruzione, in nome del calcolo economico e a scapito delle persone e del tessuto sociale del territorio.

Anche noi siamo nell’elenco. Strike è uno spazio pubblico autogestito occupato nel 2002 nell’area della Stazione Tiburtina, il nuovo centro nevralgico della mobilità romana, e perciò preda di interessi privati che trovano l’appoggio delle istituzioni.
Strike e le altre realtà nell’elenco offrono servizi accessibili e popolari comuni prima ancora che pubblici, ospitano attività e progetti che sono strumenti di lotta quotidiana. Sono spazi e esperienze partecipate e condivise che portano avanti una rigenerazione urbana basata sull’inclusione e la giustizia sociale, in conflitto con la logica del profitto sulla vita delle persone.

Non ignoreremo questa degenerazione della politica, non saremo complici di chi vuole una società xenofoba e svuotata dei valori e dei principi delle libertà individuali. La nostra non è una lotta solo per Strike, la nostra è una lotta per tutta la città e per tutte le persone che continueranno a non essere d’accordo.

Se è illegale chi costruisce relazioni con il territorio e sottrae spazi all’abbandono e alla speculazione, abbiamo già scelto di continuare a esserlo.

Roma City Strikers

LABORATORIO OCCUPATO AUTOGESTITO ACROBAX

La barricada cierra la calle, pero abre el camino!

Per l’ennesima volta, questa mattina, i giornali hanno pubblicato il ringhio dell’attuale ministro degli interni contro centri sociali e case occupate.
Del resto la campagna elettorale ha già fatto vedere diverse scintille tra il capo della lega e la sindaca di Roma; ultima provocazione della prima cittadina l’altra sera in cui attaccava proprio sullo sgombero di casapound. E oggi non si è fatta attendere la risposta: elenco completo dei prossimi sgomberi.

Ora, lo diciamo chiaramente, a noi dello sgombero di casapound importa meno di zero. Diciamo che la contraddizione è tutta a carico dei fascisti del terzo millennio (oltre che di fogna nuova) che scimmiottano le lotte sociali a loro comodo, per poi nascondersi dietro le gambe del ministro. A noi casapound non piace non perché è un’occupazione e non ne chiederemo mai lo sgombero. A noi casapound non piace perché è un covo di fascisti in cui si progettano e alimentano campagne di odio dai contorni mortiferi.

Ma oggi il gioco è a chi dimostra la propria legalità più forte sulle spalle di chi ancora si schiera con le fasce deboli e chi subisce i ricatti di un sistema ingiusto e iniquo. Non staremo certo a ricordare quanto sia Salvini che la Raggi nascondano sempre sotto al tappeto le loro magagne in fatto di legalità a danno del bene pubblico e per i loro interessi di partito, perché a noi questo gioco non interessa. Ma la verità è che sulle spalle dei centri sociali, di chi ogni giorno costruisce percorsi di inclusione e lotte, di chi rivendica diritti, di chi si riappropria di spazi altrimenti destinati alla speculazione, su queste persone, donne e uomini, si articola un pezzo della campagna elettorale.
Se non fosse per la loro miseria, potremmo solo riderne.

Il punto però è che a queste dichiarazioni, verosimilmente, seguiranno dei fatti. E noi non siamo spettatori. Non lo siamo mai stati.

I nostri spazi sono segni politici nella metropoli romana. Sono prese di parola collettiva per rivendicare nuovi diritti. Il nostro, Acrobax, è nato da precarie e precari che cercavano una casa. Uno spazio in cui decine di vertenze hanno trovato sostegno e partecipazione. In cui sono nati progetti sociali, dallo sport alla cultura, che coinvolgono centinaia di persone.

Il ministro degli interni pensa di intimorirci. Qualcuno pensa di cercare qualche voto in più. Ma la verità è che noi siamo parte di una collettività larga, cittadina, determinata e radicale. Siamo voce dal basso che monta e che rivendica una città costruita in modo differente. Sia nelle sue relazioni che nei suoi spazi fisici.
Il legame che ci unisce a tutti gli spazi sociali e le case occupate è saldo e profondo, unito nella ricerca costante della trasformazione dello stato di cose presenti. Uniti nel patto comune: se toccano uno, toccano tutti.

Non basteranno manganelli o ruspe per sgomberare un’idea.
Siamo pronte e pronti a difendere i nostri spazi perché sono la carne e il sangue delle nostre idee.
Sono il legame delle nostre battaglie, il nostro conflitto quotidiano, il nostro vincolo con chi non c’è più.

Perché le barricate chiudono le strade, ma aprono i cammini.