DIRITTI

#CartaDiLampedusa, primo giorno: l’isola

Ha preso il via oggi la tre giorni che porterà attivisti, movimenti, associazioni a scrivere “La carta di Lampedusa”, un documento d’intenti collettivo che da settimane circola sotto forma di un docuwiki e che in questi giorni finiremo di redigere e discutere.

Il percorso che ci ha portato sull’ultimo lembo di Europa e d’Italia al centro del Mediterraneo è iniziato all’indomani della strage di migranti dello scorso 3 ottobre con la richiesta dell’apertura di un canale umanitario promosso da MeltingPot, e che ha raccolto centinaia di adesioni.

La giornata di oggi è iniziata con un primo momento di presentazione tra le varie realtà presenti, che ha mostrato subito la ricchezza del meeting: reti antirazziste, scuole d’italiano per migranti, centri sociali, associazioni che si occupano di diritti di cittadinanza. E’ emerso subito il carattere transnazionale dell’incontro con la presenza di collettivi e realtà da diversi paesi oltre l’Italia: “Lampedusa in Hamburg”, che da mesi anima nel cuore della Germania una durissima battaglia per i diritti di accoglienza e cittadinanza; attivisti israeliani che sostengono la lotta dei richiedenti asilo di “Refugees for freedom” che abbiamo raccontato nelle scorse settimane su DINAMOpress; collettivi dalla Germania e dalla Svizzera.

L’assemblea è stata poi animata dall’incontro con gli isolani e il sindaco Giusi Nicolini. Nicola Grigion di MeltingPot ha aperto ringraziando l’isola per l’accoglienza e sottolineando l’importanza della partecipazione della cittadinanza di Lampedusa: “nessuno di noi è venuto per fare promesse. Sappiamo che è difficile venire a Lampedusa, ma è fondamentale che la Carta dell’isola sia scritta tutti insieme”. Giusi Nicolini ha preso poi parola raccontando le difficoltà di una piccola comunità che si trova ad essere l’ultimo scampolo di Europa nel Mediterraneo; ha sottolineato come “i diritti dimezzati dei cittadini dei confini vanno di pari passo con la mancanza di diritto dei migranti” e come ci sia “la necessità di invertire le politiche europee in tema d’immigrazione”, chiedendo poi “investimenti per Lampedusa che può essere un modello di accoglienza, una zattera per tutti quelli che migrano”. Insomma, secondo il primo cittadino di Lampedusa, i soldi potrebbero essere spesi per i diritti di tutti e non per un sistema di accoglienza che finisce per arricchire poche cooperative senza garantire uno standard minimo di diritti. Successivamente i cittadini di Lampedusa hanno preso parola esponendo le proprie difficoltà di vita, ulteriormente aggravate dalla militarizzazione e dalla presenza del CPSA (centro primo soccorso e accoglienza). A raccontare la vita quotidiana dell’isola sono stati alcuni esponenti dei piccoli imprenditori locali, che hanno lamentato le difficoltà dovute ai collegamenti con la Sicilia e la mancanza cronica di servizi che rendono “costoso” ogni diritto dalla salute all’istruzione. Giacomo, dell’associazione Askavusa, ha ricordato come la dinamica del3 ottobre sia ancora tutta da chiarire, e come la militarizzazione dell’isola sia una conseguenza di politiche di controllo e repressione dei flussi migratori che vanno ben oltre i limitati confini dell’isola.