POTERI

Borat sul colle Viminale

Non è solo un intrigo internazionale, è l’arbitrio sistemico delle espulsioni.

Non è l’ultima avventura di Borat, il super-tamarro kazako del film di Sacha Baron Cohen, per quanto il ministro Alfano si confermi un perfetto idiota e gli alti funzionari del Viminale e della Farnesina oscillino fra ruoli di incapacità e corruzione. Che il personale berlusconiano sia disponibile tanto per salvare dall’espulsione la presunta nipote di Mubarak quanto per l’espulsione illegale e fulminea di moglie e figlia di un dissidente kazako, nemico acerrimo del satrapo Nazarbaev (amico intimo del Berlusca e di zar Putin), non meraviglia. Aggiungiamo pure il ruolo del Mossad e che il giro dei dissidenti kazaki (come di quelli russi) è della stessa pasta dei loro persecutori e veniamo al dunque.

Assurdo e arbitrario è in radice il meccanismo dell’espulsione: stavolta fra l’arresto, il Cie di Ponte Galeria, l’assenza di controlli e l’imbarco frettoloso sull’aereo l’hanno fatta proprio sporca e hanno pestato troppi piedi. Ma chi ci bada all’imam espulso in qualche paese dove si torturano indiscriminatamente gli oppositori, allo spacciatore maghrebino o alla prostituta nigeriana caricata a forza su qualche aereo, ai minori espulsi senza verifica dell’età, a interi barconi di rifugiati politici rispediti in Libia e poi in Eritrea malgrado le richieste di asilo politico? Questa è la normalità aggratis, mentre nel caso Scialabaeva sono corsi fior di tangenti e pressioni Eni -tutta qui la differenza. La risolveranno facendo volare qualche straccio e salvando la cupola di Viminale e Farnesina, mentre tutto continuerà come prima nel girone infernale dei Cie e dei rimpatri forzati di serie B.

È l’Italia delle larghe intese, bellezza.