ROMA

Baobab Experience, la solidarietà sotto processo

E’ sempre più evidente che il reato di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, così come disciplinato in Italia, voglia demonizzare la migrazione stessa e precludere la possibilità di uomini, donne e bambini di mettersi in salvo da conflitti, violenze e fame. Considerazioni sul processo contro Andrea Costa, coordinatore di Baobab Experience

Andrea Costa, Presidente di Baobab Experience è accusato di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina: il 3 maggio la sentenza di primo grado. Quando le dinamiche dell’intera vicenda giudiziaria sono così contorte, non conforta la consapevolezza della propria innocenza: il “favoreggiamento” è una fattispecie di reato volutamente ambigua, disciplinata da una legge scientemente equivoca che, che di fatto accumuna ignobilmente trafficanti di esseri umani e solidali.

Ci muoviamo oramai in una schizofrenia sistemica, dove gli attivisti per i diritti umani si trovano a essere appellati come “eroi” quando attraversano cinque frontiere – di cui due extra-comunitarie – con a bordo rifugiati ucraini, ma siedono al tavolo degli imputati  se hanno offerto il loro supporto a profughi di origine sudanese e ciadiana nell’identificare il biglietto del treno o del bus più economico per raggiungere il campo della Croce Rossa di Ventimiglia e contribuendo all’acquisto dei titoli di viaggio per coloro che non possiedono le risorse economiche per sostenere il costo di un biglietto.

Entrambe queste cose stanno accadendo all’Associazione di volontariato che dal 2015 ha offerto conforto e supporto a più di 95 mila persone migranti.

Perché è questo il nocciolo della questione: l’accusa rivolta ad Andrea Costa – Presidente e Coordinatore di Baobab Experience – è quella di aver compiuto atti diretti a “procurare l’ingresso in territorio francese” di otto cittadini sudanesi e un cittadino ciadiano.

Questi “atti diretti a procurare” – così si esprime il nostro Testo unico sull’immigrazione – consisterebbero “nell’organizzazione del viaggio che da Roma portava i cittadini stranieri, tramite autobus, a Genova con destinazione Ventimiglia” – così si esprime il Pubblico ministero.

Dunque, ci  sono confini, quelli a est che si aprono solo per i cittadini ucraini, mentre quelle stesse frontiere restano pattugliate per gli afghani che fuggono dal terrore talebano e mentre nel Mediterraneo si è deliberatamente giunti alla conclusione che si possa morire affogati o venire respinti nei lager libici della tortura. Dunque ci sono valorosi benefattori e taxi del mare, a seconda del colore della pelle di chi viene tratto in salvo.

Un paradosso, questo, che non ha altra spiegazione se non nel razzismo istituzionale e in una discriminazione normalizzata: perché la lacerante guerra in Sudan è meno degna di attenzione dell’occupazione russa dell’Ucraina? Perché i profughi ucraini sono più degni di tutela di quelli africani o mediorientali?

Perché alla frontiera tra Romania e Ungheria gli agenti di frontiera hanno sorriso agli attivisti del convoglio umanitario di Baobab Experience di ritorno dalla missione in Ucraina, ma il Presidente di quella stessa Associazione rischia dai sei anni e mezzo a 18 anni di reclusione solo per aver aiutato a raggiungere un Campo della Croce Rossa profughi da un altro Continente, opportunamente identificati e nel pieno diritto di muoversi sul territorio nazionale?

In anni di accanimento contro i solidali, nessun trafficante di esseri umani è stato assicurato alla giustizia. Piuttosto si è scoperto che i capi dell’operazione militare europea erano a conoscenza che la Guardia costiera libica, addestrata e istruita con il loro contributo, fosse coinvolta nella tratta dei migranti: situazione spregevole, di dominio pubblico ormai.

Viene il dubbio che il fine non sia quello di combattere la criminalità organizzata, l’abuso, il raggiro e la tratta di esseri umani. È invece sempre più evidente che il reato di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, così come disciplinato in Italia, voglia demonizzare – gettando fango sulle associazioni di volontariato e mortificando e scoraggiando l’aiuto umanitario – la migrazione stessa e precludere la possibilità di uomini, donne e bambini di mettersi in salvo da conflitti, violenze e fame.

Un ottimo strumento di distrazione di massa, soprattutto nelle agende politiche più carenti. Pensiamo solo che in un mese dall’inizio delle ostilità in Ucraina, sono giunti in Italia più di 71 mila profughi; in tutto il 2021 sono sbarcati nel nostro Paese 67 mila migranti. Pensiamo anche che la quasi totalità delle persone sbarcate sono persone in movimento, per le quali l’Italia è una terra di passaggio e che desiderano raggiungere la Francia, l’Europa continentale o la Scandinavia.

L’atteggiamento doveroso nei confronti del popolo ucraino ci deve insegnare molto: l’elefante è nella stanza ma si continua a fingere di non vederlo, annebbiati dalla narrazione dominante che parla di invasori.

Abbiamo imparato che è tutta questione di volontà politica: aprire una frontiera o tenerla chiusa; accogliere o respingere.

Ed è politico questo processo, che ha visto i soldi dei contribuenti spesi prima per intercettare e poi per processare volontari la cui “colpa” è quella di aver aiutato nove giovani ragazzi a trovare riparo nell’unico campo della Croce Rossa attrezzato per accoglierli.

L’autrice dell’articolo è portavoce di Baobab Experience

Immagine di copertina dal profilo facebook di Baobab Experience