EUROPA

Approvato l’accordo: sospeso lo sciopero nelle università del Regno Unito

L’esito della consultazione degli iscritti del sindacato UCU (University and College Union) mette fine al più grande sciopero mai indetto nelle Università del Regno Unito. Il 64% dei votanti ha infatti accettato la proposta congiunta elaborata dai vertici del sindacato e dal management delle Università (Univeristies UK, UUK) che sospende immediatamente ogni mobilitazione e istituisce una commissione di esperti (partecipata in egual numero da sindacato e rettori) con il compito di valutare la sostenibilità dell’attuale sistema pensionistico e di proporre, eventualmente, una nuova riforma al posto di quella che a gennaio ha innescato lo sciopero. In pratica, con questo voto è stato conferito al vertice del sindacato un mandato in bianco per negoziare con chi non ha nessuna intenzione di far marcia indietro visti gli enormi interessi in ballo (tanto è vero che pur di giustificare il taglio del  50% delle pensioni sono stati di fatto “truccati i libri”, arrivando a individuare un inesistente buco da 8 miliardi di sterline.

In attesa di un’analisi più approfondita del voto, degli umori della base del sindacato e di quali prospettive future sia possibile mettere in campo, è bene sottolineare come il clima in cui si è svolto questo referendum interno non è stato affatto sereno: la leadership del sindacato, in particolare la segreteria guidata da Sally Hunt, ha effettuato notevoli pressioni sugli scritti affinché accettassero la sospensione delle mobilitazioni, con tante di ripetute emails in cui venivano illustrate quasi unicamente le ragioni del “Sì”. Tale parzialità della segretaria della UCU si spiega con il fatto che in molti atenei le sezioni locali del sindacato avrebbero voluto continuare la mobilitazione ad hanno invitato i colleghi a rigettare i termini dell’accordo. Si è prodotto un vero e proprio scontro tra chi vedeva lo sciopero come un’occasione per porre in discussione l’intero impianto neoliberale delle università del Regno Unito e chi invece aveva lo scopo, di fatto, di depotenziare una mobilitazione potenzialmente esplosiva (ricordiamo che nel caso in cui avesse vinto il “No”, vi sarebbero stati altri quattordici giorni di sciopero nel periodo degli esami, con tanto di sospensione delle sessioni di laurea) e voleva semplicemente limitarsi a una vertenza sulle pensioni, con l’obiettivo massimo di allineare il sistema a quello degli altri dipendenti pubblici britannici.

Al momento ha prevalso la direzione nazionale del sindacato e l’Industrial Action è stata sospesa. Tuttavia, le ampie forme di mobilitazioni e il consenso  guadagnato nelle stesse pongono potenzialmente le basi per ulteriori forme di protesta nei mesi a venire. Lo sciopero ha riacceso il dibattito nel Regno Unito sull’università: non avveniva dal 2011, quando gli studenti bloccarono il paese contro la triplicazione delle tasse d’iscrizione. Per la prima volta da allora docenti, precari e studenti indebitati hanno lottato insieme mettendo in discussione i fondamenti dell’Università neoliberale.

In attesa di prossimi approfondimenti, riproponiamo gli articoli scritti dai nostri corrispondenti nel Regno Unito:

L’università inglese in sciopero di Davide Schmid, 20 febbraio 2018.

Lo sciopero più lungo della storia delle università inglesi di Antonio Sanguinetti, 22 febbraio 2018

L’inizio della fine dell’Università neoliberale? di Luca Galantucci, 23 febbraio 2018

Videointervista a due docenti in sciopero di redazione, 14 marzo 2018.

#NoCapitulation: altri 14 gioni di sciopero nelle università inglesi di Luca Galantucci, 16 marzo 2018.