OPINIONI

Angelo Del Boca: in morte di un militante e di un maestro

Dopo una lunga vita di partigiano, giornalista militante e di storico è morto ieri Angelo Del Boca

Costretto ad arruolarsi nella Rsi, aveva disertato e si era unito sulle montagne del piacentino alle formazioni di Giustizia e Libertà, combattendo contro i nazisti e i feroci complici fascisti guidati da quel Graziani di cui avrebbe più tardi, come storico, narrato le infami gesta coloniali.

Giornalista del “Giorno” (il quotidiano di proprietà dell’ENI diretto da Italo Pietra) e della “Gazzetta del Popolo”, seguì fra il 1955 e il 1965 i processi di decolonizzazione in Africa per poi dedicarsi, a metà degli anni ’60, all’attività di storico, esordendo nel 1965 con La guerra d’Abissinia 1935-1941, sviluppato fra il 1976 e il 1984 dai quattro volumi di Gli italiani in Africa orientale e successivamente (1986) dai due volumi di Gli italiani in Libia.

Questi testi – e la loro efficace sintesi divulgativa, Italiani, brava gente? (2005) – sono stati fondamentali per inaugurare sul piano scientifico e politico la storia del colonialismo italiano, a lungo rimossa nella storiografia nazionale e soprattutto nella coscienza di massa, oscillante fra reducismo nostalgico e dimenticanza. Del Boca, con una stringente documentazione strappata alle riluttanti autorità italiane preposte agli archivi, documentò gli orrori del nostro colonialismo straccione in Libia ed Etiopia, già in epoca liberale e poi alla grande con il fascismo, in particolare mostrando il ruolo terroristico dei bombardamenti della popolazione civile (già in Libia, 1915) e dell’uso dei gas durante la campagna d’Etiopia (1935-1937).

Quest’ultimo aspetto divenne molto noto per la tenace negazione delle armi chimiche opposta, contro ogni evidenza da storici nazionalisti e cattolici, militari e soprattutto da Indro Montanelli (l’idolo del giornalismo mainstream, quello con la “moglie” bambina e la statua color fucsia), fin quando l’uso dell’iprite fu ufficialmente ammesso, a fine millennio, dal ministero della Difesa e, a quel punto, dallo stesso Montanelli.

Ma molti altri orrori, meno nascosti, sono stati portati alla luce dal Del Boca: i massacri cirenaici e l’uso spietato dei campi di concentramento nel 1928-1931 in Libia per opera di Graziani, le feroci rappresagli dopo il fallito attentato al generale nel 1937 con il pogrom di Addis Abeba e l’eccidio dei monaci copti di Debra Libanos.

Tutta la storiografia italiana in materia è nata sotto l’ala di Del Boca, anche se in seguito si sono sviluppati nuovi orientamenti e interpretazioni e noi stessi abbiamo fatto largo ricorso ai suoi testi per la scuola sul colonialismo italiano tenuta per Dinamo la scorsa primavera.

Del Boca non aveva esaurito i propri interessi con quei libri, ma ha continuato a occuparsi attivamente delle pulsioni neocolonialiste italiane nel caso della Somalia e del retaggio di quella terribile stagione, cioè del fenomeno migratorio e della sua gestione schiavistica nelle sue varie fasi, soprattutto dopo l’assassinio di Gheddafi e il susseguente caos libico.

Nella foto: Sudafrica, 1962. Angelo Del Boca a colloquio con il premio Nobel Albert Luthuli. In seguito a questo incontro fu espulso dal paese. Fonte: Doppio Zero