ROMA

Airbnb, da Frisco al Pigneto (con Retake)

Se lo spazio privato sostituisce quello pubblico come luogo della condivisone, lo spazio pubblico diventa estensione del privato, condito con la retorica della partecipazione. Lo abbiamo visto domenica scorsa con il Primo Villaggio Retake a Roma.

Blight -degrado. «Era questa la parola magica nell’era della rigenerazione urbana. Una parola la cui invocazione giustificava la distruzione di case, comunità e quartieri in molte città americane, e San Francisco non faceva eccezione», scrive Rebecca Solnit in Hollow City.

È il 1947, il dopoguerra, e a San Francisco inizia la guerra ai poveri. L’amministrazione cittadina redige un piano di sviluppo della città che prevede la distruzione della Western Addition: il piano viene soprannominato “Negro Removal”. «Le condizioni delle case erano degradate, ma questo era il risultato, più che la causa, dei problemi sociali. Ciò nonostante la rigenerazione urbana andò avanti con la strana convinzione che i problemi causati dalla povertà e dal razzismo potessero essere curati con l’architettura – un’architettura che spesso escludeva la popolazione espulsa (allo stesso modo l’emergenza abitativa si affronta con il tentativo di cacciare i senza tetto – non in case, ma lontano dalla vista e dalla città».

«La Redevelopment Agency si impossessava di un albergo, di un negozio, lo affittava a breve termine, e poi lo affittava a librerie sporche o a sexy shop. Poi usavano le fotografie delle condizioni che avevano creato per etichettare un’area degradata così che poteva essere demolita» – racconta la fotografa Ira Nowinsky.

Furono demolite molte delle case vittoriane per cui è oggi famosa San Francisco. Quelle sopravvissute oggi valgono milioni di dollari. «Ovviamente» – scrive Solnit – «i veri motivi per la rigenerazione urbana non avevano nulla a che vedere con gli ideali di riforma». Sindaci, banche e interessi immobiliari usarono i fondi pubblici messi a disposizione per la rigenerazione urbana per realizzare progetti molto più remunerativi che non la ricostruzione di abitazioni popolari. Le case nelle zone centrali della città vennero demolite con ruspe finanziate da soldi pubblici. Al loro posto sorsero grattacieli scintillanti, centri congressuali, appartamenti per le classi agiate.

Oggi San Francisco è la città con gli affitti più alti negli Stati Uniti e vive una situazione di emergenza abitativa estrema. Già prima del tech-boom, nel 1996, gli affitti erano saliti del 37% nell’arco di un anno. Dopo, in alcune aree della città, gli affitti hanno subito un incremento del 20% in sei mesi. C’è stato un vero e proprio esodo di attività e persone verso altre città vicine, le scuole sono rimaste senza insegnanti, ma è anche vero che a San Francisco ci sono sempre meno bambini.

All’inizio poteva sembrare una buona idea. Arrotondare affittando una stanza libera su Airbbnb, la piattaforma online da 30 milioni di dollari intermedia domanda e offerta di ospitalità privata. Nata nel 2008 proprio a San Francisco, Airbnb si racconta come un movimento della classe media che parla di changing how people livecambiare il modo in cui vive la gente. Ed effettivamente ci riesce, contribuendo ad espellerla dai centri urbani.

Affittare a turisti a breve termine è molto più remunerativo che affittare sul mercato residenziale per lunghi periodi, e gli affitti turistici contribuisco a mantenere inaccessibili i costi delle case. A Los Angeles sono sufficienti 83 notti per guadagnare l’equivalente di un anno di affitto residenziale normale. Airbnb è diventato un business nelle mani di pochi proprietari di molte case vuote, perlopiù in centro, affittate a turisti. I centri urbani si svuotano di residenti e le città si somigliano tutte. Sono più impersonali, costose, esclusive, uniformi, prevedibili, decorose, e vuote.

Nella città vuota e privatizzata lo spazio pubblico diventa un problema. Da spazio di coabitazione e convivenza, dove si condividono spazi, beni e servizi pubblici, la città diventa luogo di esclusione e intolleranza. Da posto dove stare, diventa spazio da attraversare. Lo spazio pubblico disabitato si degrada, diventa una minaccia, qualcosa da ripulire.

Lo spazio privato assume una dimensione sostitutiva. Airbnb si racconta un po’ come una città, una comunità inclusiva fondata sulla fiducia, composta da membri. Membri che pagano una tassa ad Airbnb nella forma di una percentuale trattenuta sulle transazioni. La piattaforma originaria, la città, in questo caso Roma, non vede un soldo, perché Airbnb evade il fisco. Quindi è illegale? No, è innovativa! Il problema sarebbe l’arretratezza burocratica che non sta al passo con la sharing economy e la nuova disintermediazione del welfare di iniziativa privata.

Airbnb non ha un buon rapporto con le città. Dietro la facciata comunitaria, Airbnb ingaggia battaglie legali con le amministrazioni cittadine che tentano di regolamentarla. Molte città americane ed europee hanno da tempo introdotto rent-caps, limiti temporali di 90 e meno giorni l’anno in cui è legale affittare su Airbnb. Dal canto suo, la multinazionale del turismo spende milioni di dollari non in tasse ma in campagne di marketing che somigliano a campagne elettorali. Nel 2015, in occasione del voto referendario per la Proposition F, la proposta di ridurre il numero di notti da 90 a 75 in cui è legale affittare a breve termine, San Francisco si risvegliò tappezzata di manifesti con suggerimenti indirizzati alla città su come reinvestire la tassa applicata alla piattaforma, firmati “Love, Airbnb”.

A Roma Airbnb ha fatto ricorso al TAR del Lazio dopo l’introduzione, con la legge di stabilità, della nuova normativa sulla tassa di soggiorno. La multinazionale dovrebbe raccoglierla e versarla all’Agenzia delle Entrate. Un ruolo da sostituto di imposta che non le spetterebbe.

Ma si sa, il privato viene presentato come soluzione. A Roma si dice “al gatto che lecca lo spiedo non affidar l’arrosto”, che è un po’ quello che ha appena fatto il Ministero dei Beni Culturali affidando la rigenerazione dei borghi ad Airbnb, puntando sul turismo per valorizzare il patrimonio culturale e non viceversa.

A Roma va di moda la rigenerazione urbana. Lo capiremo meglio a partire dai progetti presentati con il Piano Casa, quando partiranno i finanziamenti pubblici per progetti privati di recupero di aree degradate. Il primo progetto di rigenerazione urbana per Roma, contenuto nelle slide del Piano per Roma del Ministro Calenda, è quello dello Student Hotel, da realizzare nell’area ex demaniale della ex Dogana di San Lorenzo. Uno studentato di lusso, raffigurato nel progetto come un’Arca di Noè, con tanto di animali. Un’entità autosufficiente che si erge sopra la città, e da cui si vede il Colosseo. Ma da cui, volendo, gli studenti non dovranno mai uscire, perché il progetto prevede la realizzazione di tutti i servizi che mancano al quartiere: una palestra, un parco, mense, luoghi di socialità e di condivisone vari.

Se lo spazio privato sostituisce quello pubblico a colpi di retorica della condivisone, lo spazio pubblico diventa estensione del privato, condito con la retorica della partecipazione. Lo abbiamo visto domenica scorsa con il Primo Villaggio Retake a Roma, che ha visto la collaborazione di Airbnb e Retake, insieme ad alcuni cittadini e operatori AMA ripulire serrande e marciapiedi del Pigneto dal degrado, cancellando, letteralmente, anche le caratteristiche locali dei luoghi dove operano.

Retake, con i volontari del decoro, manodopera gratuita a ripulire la città al posto di AMA, si descrive anch’essa un “movimento”. Non proprio dal basso, se è vero che nato a Roma nel 2009 su iniziativa di una professoressa americana di diritto comparato ed è sponsorizzato dall’Università privata LUISS. Retake sembra più un brand con tanto di marchio registrato.

Per ripulire il Pigneto Airbnb ha forse stanziato parte degli introiti trattenuti come tassa di soggiorno -una tassa nata come tassa di scopo da essere reinvestita sul territorio in servizi e investimenti? Neanche per sogno. Piuttosto, Airbnb avvisava che «iscrivendoti all’evento consenti a Airbnb di riprendere e fotografare l’Evento (compresa la Tua immagine e voce) e di divulgare le registrazioni e le fotografie anche a fini commerciali… e di concedere ad Airbnb una licenza illimitata, perpetua, non esclusiva e sub-licenziabile a usare, mostrare, eseguire, distribuire e sfruttare in qualsiasi modo le tue registrazioni e fotografie».

Chissà che Airbnb non voglia vendere le azioni di Retake come “esperienze” ai turisti in transito che vogliono provare l’ebrezza di vivere come la gente del posto.