ROMA

Airbnb e la città

La favola comunitaria di Airbnb si infrange con i dati. A Roma come altrove, Airbnb è uno strumento di concentrazione della ricchezza

Sembra quasi una comune, lasciano tutti la porta aperta e c’è sempre un gran via vai di gente. Giulia abita all’ultimo piano con Emma, accanto ci sono Nicole con la figlia, di fronte sono in otto in un grande appartamento. Abitano in affitto, senza contratto. Sono studenti, impiegati e lavoratori freelance, qualcuno ha la partita IVA, sono traduttori, falegnami, guide turistiche, musicisti, agricoltori, artisti, insegnanti, giornalisti e camerieri: una occupazione non esclude l’altra, è una questione di orario, e, ora più ora meno, si arriva a fine mese. Per arrotondare qualcuno affitta una stanza su Airbnb, qualcuno affitta la propria e va a stare dal vicino. Li vedi traslocare sul pianerottolo, libri e vestiti sotto il braccio. Quando arrivano gli ospiti, però, si cena tutti insieme. Sono una piccola comunità, ma sono un’eccezione.

Airbnb, la piattaforma da 31 miliardi di dollari che intermedia domanda e offerta di ospitalità privata, si racconta come una comunità fondata sulla fiducia. Nata nel 2008 a San Francisco, la città del tech-boom con gli affitti più alti al mondo, Airbnb era la promessa di nuove opportunità per l’uomo comune: per gli host, la possibilità di far quadrare i conti affittando la stanza degli ospiti; per i viaggiatori, un nuovo modo di vivere l’esperienza del viaggio, al di fuori dei circuiti tradizionali dell’ospitalità, secondo il claimlive like a local’ – vivi come la gente del posto.

La favola comunitaria di Airbnb si infrange con i numeri che stanno emergendo, nonostante Airbnb non fornisca dati pubblici dettagliati circa il numero di annunci e transazioni effettuate. Inside Airbnb, un progetto di mappatura degli annunci Airbnb, che preleva le informazioni direttamente dal database del sito della multinazionale, ha da poco pubblicato la mappa degli annunci a Roma, rilevati l’8 maggio 2017. Uno studio della Facoltà di Scienze Politiche dell’Università di Siena ha esaminato 13 città italiane nell’arco di due anni. I risultati, recentemente divulgati, confermano quello che la mappa di Inside Airbnb mostra: cresce il numero di offerte di annunci brevi ma i guadagni si concentrano nelle mani di pochi.

A Roma come altrove, Airbnb è uno strumento di concentrazione della ricchezza proveniente dalla rendita immobiliare. Pochi intermediari gestiscono più case, molte delle quali non abitate stabilmente per più di sei mesi. A Roma gli annunci per turisti si concentrano nelle zone più turistiche, centrali e benestanti della città. I dati raccolti da Inside Airbnb mostrano un aumento delle proprietà destinate a turisti nel centro di Roma con un +8,2% negli ultimi sei mesi in I municipio.

La mappa di Inside Airbnb racconta l’andamento spaziale del mercato della locazione temporanea e del mercato della compravendita immobiliare. Il fenomeno dell’acquisto di appartamenti da affittare a turisti è testimoniato nelle chat degli “host” di Airbnb alle prese, in varie parti del mondo, con il dilemma di come pagare le rate del mutuo quando l’amministrazione cittadina limita il numero di notti in cui è possibile affittare legalmente sulla piattaforma.

Il trend della compravendita di case per accedere al mercato del turismo è confermato, a Roma, dai dati di uno studio della società immobiliare Tecnocasa. Nel II semestre 2016 a Roma i valori immobiliari sono calati dell’1,4% in tutte le macro aree della città ad eccezione del centro, dove le quotazioni immobiliari sono salite dello 0,7%. In centro «Volano le compravendite. A comprare ci sono soprattutto investitori interessati ad adibire l’abitazione a struttura ricettiva e in misura minore ci sono coloro che la mettono a reddito affittandola: nel primo caso si cerca in tutto il Centro Storico ad eccezione delle aree di Porta Pia e Prati, nel secondo caso piacciono soprattutto Campo dei Fiori, Pantheon e Navona».

Se il centro di Roma è destinato al turismo, qual è il ritorno per la città? Roma è attraversata da 38 milioni di visitatori l’anno e ha il contributo di soggiorno più alto del paese. La tassa, applicata alle presenze turistiche, può arrivare fino a 10 euro a notte, per un massimo di 10 notti consecutive. L’Assessorato al Turismo conferma che nel 2016 il contributo di soggiorno è ammontato a circa 100 milioni di euro. Eppure dall’anno dell’istituzione del contributo di soggiorno Roma non ha visto un euro in termini di investimenti e servizi sul territorio, a fronte di un incremento costante dei flussi turistici che attraversano la città. La tassa di soggiorno non è una tassa di scopo, conferma l’Assessorato, e il gettito finisce nel piano di rientro del debito. Quest’anno per la prima volta una parte del contributo, 2,8 milioni di euro, meno del 5% del totale, sarà reinvestita per la promozione del turismo, principalmente in fiere.

Se in centro l’investimento immobiliare è sempre più legato al settore del turismo, il problema si pone con la saturazione del mercato. L’offerta ha già superato la domanda di posti letto. Secondo Stefano Tiribocchi, revenue manager e consulente per strutture ricettive, l’industria del turismo low-cost, con le agenzie di intermediazione che dettano i prezzi, ha generato un meccanismo insostenibile.

Le agenzie di viaggio online (le Online Travel Agencies, per esempio Airbnb, Expedia e Booking.com) indirizzano la domanda verso le strutture ricettive attraverso programmi che offrono sconti ulteriori al cliente, «il tutto a vantaggio dell’immagine aziendale dei portali, per i quali l’obiettivo primario è fare propri i clienti delle strutture ricettive. Oggi, purtroppo, il numero di arrivi, soprattutto nella bassa stagione, non riesce a colmare la disponibilità di letti (…) La tariffa viene così portata sempre più verso il basso, toccando oggi nel mercato romano delle quote così modeste che non permettono più in questi casi la generazione di utile (…). Il fenomeno è ancora più evidente se dal centro ci si sposta in periferia, laddove sono presenti strutture di grandi dimensioni che sono obbligate ad accettare gruppi turistici a tariffe ridicole, tali spesso da consentire di recuperare con fatica i soli costi vivi. Questo clima di ‘difficoltà a riempire’ sta generando uno squilibrio di forza, dal prodotto al canale distributivo: è sempre più difficile per una struttura conquistare le migliori posizioni di visibilità sugli scaffali del supermercato del turismo, cioè le OTA (Online Travel Agency) mentre queste ultime possono generare, all’interno dei loro sistemi di richiesta, dei sovracosti per garantire un flusso che è sempre più frammentato».

Intanto, nella piattaforma originaria, la città, il futuro si sposta nelle periferie. Anche a causa di valori immobiliari insostenibili continua l’esodo di residenti dal centro. Secondo Carlo Cellamare, docente di urbanistica de La Sapienza Università di Roma, oggi un quarto della popolazione di Roma, il 26,7%, vive fuori dal Grande Raccordo Anulare, il nuovo asse di sviluppo urbano, nella zona dei comuni vicini, dove la popolazione cresce in media del 10% annuo e dove i complessi residenziali sorgono principalmente nel raggio di 5-10 km dai caselli autostradali e dagli snodi ferroviari. È la periferizzazione di Roma.

Come si abiterà? Il futuro del mercato immobiliare è nella locazione, asseriscono studi e ricerche di mercato. Con la crisi del 2008 la domanda di case si è attenuata, determinando un calo dei prezzi e quindi una nuova attuale domanda di acquisto. Esaurita la quale, nei prossimi cinque/dieci anni il mercato dovrà attrezzarsi per i nuovi non-acquirenti travolti dalla crisi, i cosiddetti Millennials e le generazioni future, in uno scenario di crescita demografica pari quasi a zero. «Il futuro del mercato immobiliare sarà molto probabilmente incentrato sulla locazione e non più sulla compravendita». Secondo il presidente del Centro Studi di Fiaip, non potendo continuare sulla strada del consumo di suolo «la rigenerazione urbana è la partita dell’immobiliare per i prossimi dieci anni».

Un assaggio di questo scenario futuro lo fornisce, ancora una volta, la ex Dogana di San Lorenzo. Non con la mostra Ars Futura bensì con il progetto “Albergo per studenti” da realizzarsi nei suoi terreni, di proprietà di Cassa Depositi e Prestiti, un progetto che può essere letto come un primo segnale di questa strategia. La storia della ex Dogana continua a parlarci delle trasformazioni che ci riguardano, ci racconta di come al reddito da lavoro si stia sostituendo sempre più quello proveniente dal patrimonio immobiliare, privatizzato e valorizzato con operazioni pseudo-culturali. Ma è uno scenario dove, come la mappa di Airbnb ben illustra, non tutti accedono, non tutti partono allo stesso livello, non tutti hanno le stesse possibilità. Un dato che fatica ad emergere in una città dove la proprietà immobiliare gioca un ruolo fondamentale, incluso quello di salvagente, dove il 67,9% delle famiglie abita in case di proprietà.

Intanto, il centro diventa un parco-giochi per turisti e soffoca, tra nastri gialli e megapalchi intorno o sopra ai suoi monumenti. In quella parte di città disabitata, anche i turisti domandano dove abitano i romani e «le piazze – scrisse Nicolini – si stanno un pò trasformando in monumenti. Destinate perciò, come si conviene ad un monumento, all’incomparabile dignità del vuoto».

A Roma l’8 maggio c’erano 25.275 annunci di stanze e appartamenti in affitto a turisti su Airbnb. Il 60,1% degli annunci era per interi appartamenti. Quasi la metà era nel primo municipio. Il 39,1% degli annunci era per stanze e lo 0,8% per stanze condivise. Il 60,7% degli annunci a Roma è costituito da annunci multipli, più annunci di un singolo utente. Si tratta di case in cui per più di sei mesi l’anno non abita stabilmente nessuno.

Nel I municipio sono 12.201 gli alloggi per turisti su Airbnb, quasi la metà del totale. Il 71,3% delle offerte è costituito da annunci multipli: su 7.893 appartamenti interi disponibili, 5.111 sono di utenti con più di un annuncio. Gli appartamenti sono occupati mediamente per 3 mesi l’anno, al prezzo medio di 108 euro a notte. Generano un reddito mensile stimato di 731 euro. I municipi VII, II, XIII e XII ospitano più di 1.000 annunci, concentrati nelle zone di San Giovanni in Laterano, intorno alla stazione Termini, nel quartiere un tempo popolare di San Lorenzo, a ridosso di Città del Vaticano e di San Pietro e nella parte più centrale di Monte Verde. Fuori dal centro aumentano i punti verdi, gli annunci per stanze e inizia la periferia. Il V municipio, il Prenestino, arriva a quota 1.048 annunci, i municipi VIII, XIV, XV e XI hanno tra i 500 e 1.000 annunci, tutti gli altri municipi (il III, il IV, il IX e il X) ne hanno meno di 500. L’offerta di appartamenti interi supera quella di stanze quasi ovunque, mentre la percentuale di multiple listings supera il 50% negli stessi municipi con la più alta percentuale di annunci.

Il confronto con i dati sul reddito personale imponibile medio per municipio (analisi dei dati fiscali 2014) rivela che il reddito e il numero di annunci sono inversamente proporzionali: il municipio con il minor numero di annunci, 198, è proprio il più povero di Roma, il VI, dove – caso unico nella capitale – l’indice di disagio sociale è talmente alto da superare la media nazionale.