DIRITTI

A Bologna dopo le cariche in migliaia in corteo

Dopo i fatti gravissimi a Bologna, in cui la celere è entrata all’interno dell’università picchiando i ragazzi che stavano studiando in biblioteca, ieri la risposta immediata di migliaia di studenti e studentesse che sono scesi in piazza.

Bologna, scontri all’università: la celere entra in biblioteca e picchia gli studenti

Ancora repressione per le strade della città: tre persone sono state fermate durante la violenta carica della polizia che bloccava via Zamboni. Una di loro è stata rilasciata, mentre per Sara e Orlando sono stati convalidati gli arresti. Vogliamo che vengano immediatamente rilasciati! Tutt* liber* subito! Martedì alle ore 18.00 è stata lanciata un’ assemblea pubblica al 38, aperta a tutti e a tutte, per immaginare un nuovo modello di università e di città.

“In ogni caso nessun rimorso” (P.Cacucci)

Il coraggio non si misura, ma lo si può provare in varie forme. Dopo la giornata di giovedì, dopo le botte nel 36, dopo le cariche e la caccia all’uomo per le vie del centro, ieri Bologna si è risvegliata. Le studentesse e gli studenti che ieri hanno animato la protesta contro i tornelli hanno convocato una conferenza stampa alle 12. Questo appuntamento denuncia i veri responsabili delle violenze. La colpa ricade sul rettore dell’università Ubertini e sul questore di Bologna Coccia, che hanno lasciato in pasto alla frustrazione della celere chi studiava nel 36 ieri pomeriggio. “Le modalità dell’intervento delle forze dell’ordine non competono a noi” afferma il prorettore Degli Esposti al Corriere di Bologna. Con questa frase prova a sganciare l’ateneo da ogni coinvolgimento. Di fatto espone quanto l’amministrazione sia collusa con l’operato della polizia.

La conferenza chiede anche una presa di posizione da parte dell’amministrazione comunale. Questa non si fa attendere: “I tornelli sono sacrosanti” dichiara il sindaco Merola, ribadendo con questa frase l’arroganza di una giunta che scavalca ogni espressione di democrazia cittadina. Se ormai da mesi i centri di socialità ‘LàBas’ e ‘Crash’ sono sotto sgombero, è di pochi giorni fa la notizia che XM24 deve diventare, secondo il sindaco, una caserma dei carabinieri.

Alle 14, si riunisce un’importante assemblea di studentesse e studenti. Il punto della discussione è semplice: che fare? È evidente che la battaglia condotta sugli spazi dell’università smuove qualcosa di più che una semplice insofferenza rispetto ai tornelli. Qui si vuole un’altra città, una Bologna più libera. Bisogna capire come rimarginarsi uno spazio urbano che non sia calato dall’alto. Che possa vivere slegato dalle imposizioni. La lotta non si ferma: viene convocata un’assemblea per martedì prossimo. Il punto è capire come dalla giornata di giovedì, dalla lotta per le biblioteche si possano strappare nuovi spazi di vita.

Dall’assemblea si forma un corteo, che si muove verso le ore 16. Piazza Verdi è colma di persone che da lì si spostano per le vie del centro storico. La manifestazione si dirige verso l’università, dove diversi plotoni di celere aspettano. La polizia carica. L’impatto è violento. Tre studentesse vengono fermate. Il corteo va a bloccare “i viali”, che a quell’ora sono intasati dal traffico. Si chiede il rilascio immediato delle studentesse e le dimissioni dei responsabili di queste ignobili violenze.

Ciò che è successo questi due giorni a Bologna è la prova di come il governo neoliberalista d’una qualsiasi città vuole isolare le persone. In particolare i giovani. I tornelli, voluti dal rettore e difesi dal sindaco, sono stati messi per una ragione specifica: dividere gli studenti buoni, veri, da quelli cattivi e fasulli. I veri sono quelli che pagano, che non si lamentano, che denunciano chi alza la testa. I cattivi sono quelli che non ci stanno, che agiscono davanti i soprusi. E allora per i cattivi valgono le botte, le gogne mediatiche, il fango e l’infamia. Ai buoni lodi e solidarietà. Noi sappiamo da che parte stare. Noi sappiamo che “il sapere non è fatto per comprendere, ma per prendere posizione”.

E già dalle altra università si alzano striscioni di complicità.