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ITALIA
Stop Rearm Europe, 21 giugno a Roma
Cresce la mobilitazione verso il corteo contro la guerra e il piano di riarmo Ue, a Roma e anche in tante città d’Europa. La manifestazione sarà anche un’occasione per creare convergenza tra le lotte, che il regime di guerra attuale rende sempre più necessaria. Pubblichiamo questo testo in vista dell’assemblea pubblica del 5 giugno all’Università “La Sapienza”
Pubblichiamo il contributo della rete RESET against the war, in vista della manifestazione del 21 giugno a Roma, che vuole essere uno spazio europeo di contestazione delle politiche belliciste e di riarmo in tutto il continente.
La guerra incombe sulle nostre vite ormai da vari anni. Nelle prossime settimane assisteremo a un suo “salto di qualità” per quanto riguarda il coinvolgimento europeo: dal 21 al 29 giugno a L’Aja si svolgerà il vertice della NATO che deciderà i dettagli del piano da 800 miliardi per il riarmo deciso dall’Unione Europea.
Tale evento si colloca in un contesto bellico eterogeneo, che non corrisponde alla semplice sommatoria dei molteplici scenari di guerra – Ucraina, Palestina, India e Pakistan, Sud Sudan e Congo – ma rappresenta una risposta generale alla crisi irreversibile dei meccanismi di comando del capitale sul lavoro vivo e sulla riproduzione sociale, su scala transnazionale. La guerra è un tentativo di “mettere ordine”, senza mai riuscirci del tutto, rispetto alle varie crisi che agiscono simultaneamente su vari livelli: ecologico, economico-finanziario, geopolitico, istituzionale e sociale.
La folle corsa agli armamenti, che il piano vuole accelerare e finanziare, non ha semplicemente la funzione di preparare l’Unione Europea all’allargamento di uno scontro militare. Nel suo complesso, il piano ReArm Europe rappresenta infatti anche, e soprattutto, uno degli strumenti con cui saranno intensificate, su scala europea, politiche di disciplinamento sociale – tramite misure autoritarie come il d.l. Sicurezza, l’attacco ai corpi e alla vita delle retoriche e delle pratiche razziste e sessiste – e dinamiche di inasprimento dello sfruttamento, sottraendo risorse economiche alla riproduzione sociale e imponendo una coazione al lavoro, sempre più povero.
Non si tratta quindi di un mero “riarmo”.
Questo scenario di guerra ha reso per l’ennesima volta evidente come i diritti umani rappresentino oggi un mero strumento retorico che l’Unione europea ha continuato a sbandierare mentre consentiva che l’Italia facesse dell’Albania un centro di detenzione per persone migranti, stabiliva liste dei Paesi “terzi” sicuri in cui deportarle, continuava a fare accordi con lo Stato genocidario di Israele. I governi sovranisti, d’altronde, non sono stati da meno, promuovendo politiche esplicitamente neo-autoritarie che hanno colpito direttamente l’involucro formale democratico: stato di diritto, pluralismo, libertà di informazione, separazione dei poteri. La una torsione autoritaria, tuttavia, riguarda tutti i governi europei, in forme diverse, anche i più “democratici”, e si incarna in misure razziste, patriarcali e in un militarismo che punta a imporre un presente di povertà, sfruttamento e a chiudere ogni spazio di opposizione e lotta.
Come situarsi in questo contesto eterogeneo di guerra? Per noi non si tratta di essere per o contro l’Unione europea; non si tratta soltanto di registrare e criticare la fine della democrazia liberale, del costituzionalismo liberale cosmopolitico. Non si tratta neanche di opporci alle sole politiche di riarmo.
Per noi è invece urgente fare dell’Europa lo spazio minimo di una politica transnazionale che si opponga alla guerra e agli effetti sociali che essa continua a produrre e riprodurre, costruendo una politica di parte in grado di intrecciare le lotte sul lavoro, sul terreno ecologico, femministe e trasfemministe, la cui frammentazione è oggi intensificata dalla guerra, che impone fronti e blocchi che occorre rompere.
Nonostante tale drammatica situazione, in Italia e nel resto del mondo, migliaia di persone continuano a mobilitarsi contro la guerra in tutte le sue forme, contro la complicità delle istituzioni statali e sovranazionali, a partire dalle mobilitazioni femministe e transfemministe, che per prime hanno legato l’opposizione alla guerra alla lotta contro il patriarcato, contro il razzismo, contro lo sfruttamento e la devastazione ambientale. Queste mobilitazioni mostrano la presenza, all’interno della società, di un sentimento di repulsione e rifiuto della guerra.
Tuttavia, più in generale il piano della mobilitazione rimane parziale e frammentato. Non riesce ad andare al di là di un intervento su una singola questione o su un singolo scenario di guerra, restando spesso bloccata su posizioni campiste. Manca un’ipotesi comune che sia in grado di legare e articolare un’opposizione generale alla guerra, intesa come meccanismo globale di comando sul lavoro e sulle vite, che superi i singoli scenari di guerra e le letture geopolitiche e che sia invece capace di far convergere i differenti soggetti che pagano le sue conseguenze: operai, precarie, migranti, donne e soggetti LGBTQAI+.
Insomma, è sempre più urgente aprire uno spazio di organizzazione in grado di connettere chi oggi lotta contro il razzismo, il sessismo, la devastazione ambientale, la precarietà. Uno spazio in grado di fare del piano transnazionale ed europeo un piano di contesa e di scontro che, al rifiuto dell’Europa del riarmo, non contrapponga la dimensione nazionale coi suoi confini, ma un piano di convergenza delle lotte tra chi si sta opponendo alla guerra a livello europeo e transnazionale.

Per questi motivi pensiamo che la mobilitazione di sabato 21 giugno, lanciata dalla rete STOP REARM EUROPE, possa essere un momento importante di mobilitazione e presa di parola per continuare a elaborare la nostra posizione di parte contro la guerra, e per continuare a elaborare e diffondere le parole, i concetti e le pratiche contro la guerra, che sono state al centro della prima residenza di RESET.
Vogliamo stare dentro a quel percorso a partire dalla nostra posizione di parte, una posizione che mette al centro i soggetti sociali colpiti dalla guerra nelle loro condizioni eterogenee, da connettere in chiave transnazionale nella prospettiva di un nuovo internazionalismo non identitario e non bellicista: rifiutiamo la logica bellica e campista del nemico, secondo la quale il nemico del mio nemico è mio amico. Ancora, pensiamo che rivendicare il solo disarmo o invitare alla diserzione non siano opzioni sufficienti. Vogliamo portare queste e altre prospettive dentro a STOP REARM e dentro alla piazza del 21 giugno.
Saremo in quella piazza perché pensiamo che il percorso che porta a quella giornata possa offrire un’occasione alla costruzione di un’opposizione sociale di cui abbiamo un impellente bisogno.
È in questa prospettiva che invitiamo a un confronto tutte le realtà collettive, gli spazi sociali, le organizzazioni sindacali, le collettive transfemministe, i singoli e le singole interessate a costruire uno spazio di lotta e convergenza che possa animare la giornata del 21 giugno, giovedì 5 giugno presso l’AULA VI del Dipartimento di Lettere presso l’Università La Sapienza alle 18.00.
Contro la guerra, verso e oltre il 21 giugno.
Rearm? No, Reset!
Immagine di copertina di Renato Ferrantini, corteo contro la guerra a Roma, novembre 2022
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