DIRITTI

Il comune di Roma vuole chiudere i centri antiviolenza

Mentre la stampa mainstream si occupa con derive sempre più morbose dell’atroce femminicidio di Sara Di Pietrantonio, il Comune di Roma vuole chiudere i centri anti-violenza. Riceviamo e pubblichiamo il comunicato di BeFree contro il rischio di fine attività dello storico centro antiviolenza “Donatella Colasanti e Rosaria Lopez”. Invece di potenziare questi luoghi di aiuto e ascolto per le donne che subiscono violenza, la risposta è la loro progressiva cancellazione. In fondo basta un po’ di cordoglio postumo e parole vuote per il mondo politico.

Il comunicato

Mentre il feroce femminicidio di Sara Di Pietrantonio suscita sgomento e dibattito…

Mentre la parte più consapevole della società civile pretende risposte istituzionali adeguate alla gravità ed alla pervasività del fenomeno della violenza di genere…

Mentre partono petizioni per aprire sportelli/centri antiviolenza in ogni Municipio…

Il comune di Roma vuole chiudere lo storico centro antiviolenza “Donatella Colasanti e Rosaria Lopez” attivo nel 1997 nel sostegno alle donne vittime di maltrattamenti che vogliono uscire da una situazione di violenza.

In data 13 maggio u.s. la dott.ssa Oria Gargano, Presidente di BeFree cooperativa, che gestisce il Servizio, e la dott.ssa Francesca De Masi, Responsabile del Centro antiviolenza, sono state convocate presso il Dipartimento Comunicazione del Comune di Roma, per apprendere di un effettivo e imminente pericolo di chiusura del Centro antiviolenza. Il Centro è un punto di riferimento storico sul territorio romano, sia per le donne che nel corso di 20 anni hanno avuto accesso alla struttura, sia per tutte le istituzioni (Forze dell’Ordine, Procure, Ospedali, servizi sociali, associazioni del privato sociale, ecc) che hanno trovato nel Centro antiviolenza un imprescindibile strumento sia di emersione che di presa in carico del grave e diffuso fenomeno della violenza di genere.

Dal 1997 il Centro Antiviolenza ha aiutato e seguito quasi 10000 ( per l’esattezza 8958 alla data di oggi) donne, provenienti da tutti i municipi di Roma, oltre che da altre città e regioni di Italia. Ha inoltre ospitato più di 300 donne, con figli minori, che hanno avuto una reale opportunità di ricostruire la propria esistenza, fortemente messa a repentaglio dalle violenze subite, e di progettare un futuro libero, indipendente e sereno.

Un luogo così importante per il contesto sociale romano è a rischio chiusura: la struttura infatti sorge all’interno dell’edificio “Ex Bruno Buozzi”, di 7 piani, che accoglie diverse case famiglia, centri anziani, servizi socio-sanitari, tutti afferenti al Comune di Roma. Sulla base delle informazioni ricevute, abbiamo appreso che l’edificio intero non è di competenza comunale (come appariva certo e documentato, anche da determine comunali che risalgono al 1996) ma che in realtà la proprietà di esso è della Regione Lazio, il cui Ufficio Patrimonio sta reclamando la riscossione di imponenti cifre per l’occupazione, facendo riferimento a circa 20 anni di usufrutto dei locali. Il Comune, da parte sua, non sembra avere la possibilità di saldare un debito così importante, e l’unica soluzione che si sta profilando è di chiudere il servizio. Pertanto, se non verrà risolto tale contenzioso tra Comune e Regione, il 30 luglio 2016, data di scadenza del bando di affidamento del Centro antiviolenza, questo importante spazio verrà chiuso.

Questo dato desolante è stato confermato il 31 maggio 2016, quando siamo state nuovamente convocate insieme Enti Gestori gestori di altri centri antiviolenza di proprietà comunale (SOS DONNA H24, Casa Internazionale dei diritti umani delle donne, Casa di semiautonomia Giardino dei ciliegi) per apprendere che anche per i servizi in questione si profila una chiusura. Il motivo in questo caso è l’impossibilità emanare i bandi per il rinnovo dell’affidamento o le eventuali proroghe (sono tutti prossimi alla scadenza del contratto) a motivo della recente Normativa sugli appalti pubblici (ex decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50), di cui non sono ancora note le linee attuative.

Questo significa che, dal luglio prossimo, le donne che subiscono violenza non avranno nessun aiuto dalla capitale d’Italia Si fa presto a dire alle donne “denuncia”! E contemporaneamente chiudere tutti gli spazi di ascolto e sostegno! Chiediamo ai/alle candidati/e sindaco di prendere immediatamente parola su questo grave problema, del quale abbiamo già provveduto ad informare il commissario straordinario dott. Francesco Paolo Tronca.

Chiediamo alle istituzioni, alle organizzazioni antiviolenza, alla società civile che si può definire tale, alla stampa, di schierarsi a difesa del centro antiviolenza, e di capire/far capire la gravità della situazione, ed il danno politico, etico sociale, che la chiusura del centro Lopez e Colasanti (nonchè di tutti gli altri servizi antiviolenza del comune di Roma) rappresenterebbe per la comunità tutta. Perchè in mancanza di mobilitazioni adeguate, dovremo concludere che gli “indifferenti” non sono solo gli automobilisti che non hanno soccorso Sara all’alba del 29 maggio, e che le dichiarazioni di cordoglio e di esecrazioni sono colpevoli bugie.

Roma 1 giugno 2016