POTERI

Il “capo” contro la Casta, lo spread e Godzilla

La macchina linguistica orwelliana continua a produrre ben oltre la morte dell’autore. Ricordate gli slogan fondamenti del Newspeak?: «La pace è guerra», La schiavitù è libertà», «L’ignoranza è forza»?

Oggi Renzi, che ambisce con l’Italicum a diventare (art. 2, comma 8) il “capo della forza politica” vincente, ne ha aggiunti altri due, scodellati bollenti per la campagna referendaria. «Il cambiamento è stabilità». «Il Sì è degli ultimi, noi siamo la maggioranza silenziosa dei dimenticati, il No sono i poteri forti».

Il primo slogan nasce dalla fusione di due momenti distinti: la prima parte della campagna (a sondaggi favorevoli per il Sì) in cui l’accento cadeva sul cambiamento veloce qualsiasi contro l’immobilismo, il conservatorismo costituzionale parruccone, l’eterna palude. La seconda parte della campagna (quando i sondaggi volsero al negativo) vira invece verso la maggioranza silenziosa, si vogliono allarmare gli elettori con lo spauracchio dell’instabilità di governo e dello sconquasso economico, lo spread, i fallimenti bancari: cambiare sì, ma senza cambiare, stabilità assoluta, tenetevi stretti Renzi e i vostri risparmi, magari affidateli a Banca Etruria. M.E. Boschi metterà una parola buona con il su’ babbo.

Il secondo slogan nasce con l’imprevisto successo di Trump, dopo l’amara ultima cena di Washington a casa Obama con Sorrentino e Benigni: hanno vinto a sorpresa i forgotten, i dimenticati, quelli rimasti indietro? Ebbene, i forgotten siamo noi! Gli altri, quelli del No, sono i poteri forti, la “casta”.

Peccato che, mentre il primo slogan ha confuso le idee volendo mobilitare allo stesso tempo i fautori del cambiamento e quelli del quieto vivere, i rottamatori e i conservatori, il secondo si sia rapidamente svelato come una galattica presa per il culo.

Dall’abisso degli ultimi, dal gorgo dei dimenticati, dalle steppe innevate dei lasciati indietro all’improvviso si sono levati fievoli lamenti: s…..ì, s…ì, sì, Sì, SI’!!! Sono emersi dalla penombra i volti soddisfatti di Briatore rifatto e Marchionne in pullover, le guance della Fornero ancora rigate di lacrime, gli occhi strafatti di Lapo Elkann appena scampato al finto sequestro, gli altri Agnelli-Elkann rehab, il fedele Confalonieri, la mezza cucchiara Caltagirone, Schäuble, il terribile Schäuble in carrozzella, l’arcinemico UE Juncker, il ridanciano Verdini, il vomitevole Feltri, De Luca inghirlandato di polpi e calamari, Alfano terrore di Daesh, i presidenti cuccioli Pera e Casini, perfino un P2 d’annata come Cicchitto e un immancabile ambasciatore Usa. Con anonima gravità si profilarono sullo sfondo le grandi istituzioni: Confindustria, JP Morgan, Goldman Sachs, Ocse, Bce, Fmi. Stampa e TV italiana al completo, beninteso e ammesso che siano poteri forti. Più perplessi i media internazionali e le agenzie di rating, divisi sulle sorti di una provincia minore dell’impero. Alla fine arrivarono sostenitori dell’ultimo minuto: la colomba Barca a cavallo di un elefante e il serpente Prodi, accolti con indifferenza o sospetto. Sempre più fosco li attendeva sul traguardo il Presidente Emerito, lo Sterminatore di Re, fossero Imre Nagy, Berlusconi, Monti o Letta, nauseato dalla campagna referendaria, dagli anacronistici riti del suffragio popolare e dalla bullaggine controproducente del suo protetto. Eppure bisognava star lì, accogliere i derelitti, riscaldarli con alate parole, e chi avrebbe potuto farlo meglio di un uomo d’esperienza, avvezzo a interloquire con i poteri forti e gentili, sedessero alla Lubjanka o a Langley?

Fuori di scherzo: la sfacciataggine degli slogan è smisurata, ma lo è anche il controllo totalitario dei media e quello cospicuo del voto all’estero. Il riflesso d’ordine se la batte bene con il disgusto diffuso e il flop dell’allarmismo economico. Le cavallette non sono arrivate ma le galline guardano con occhietti rivelatori. Mance, promesse e bufale degli ultimi giorni (con sottofondo world music) si concentrano nelle ultimissime ore con effetti imprevedibili. Stiamo in campana e moltiplichiamo gli sforzi, noi brutti e cattivi dell’accozzaglia!