COMMONS

HEALTHWARS or WEALTHWARS? Episode II.

Se ammalarsi diventa un lusso.

“Si taglia tutto quello che costa, compresi i diritti dei cittadini e del lavoro”. Così, in una recente dichiarazione, si è espresso Costantino Troise, segretario nazionale dell’Anaao Assomed, uno dei principali sindacati dei medici. Le indiscrezioni sul nuovo piano di risanamento del commissario ad acta Bondi rimbalzano tra una pagina di quotidiano e un’intervista rilasciata a mezza bocca. Nessuna prassi democratica di incontro e confronto fra le parti sociali, nessun percorso condiviso, solo un incontro con i dirigenti amministrativi e sanitari di Asl e Aziende ospedaliere tenutosi a inizio dicembre.

E i lavoratori , dentro e fuori le associazioni sindacali, sono in subbuglio. Non è notizia solo di questi giorni. Già dall’inizio del mese, infatti, si sono susseguiti percorsi mobilitativi nei principali ospedali laziali, pubblici e privati o convenzionati. Anche con modalità nuove ed inedite, per certi versi, nel mondo della Sanità. Ha iniziato l’Idi, polo di eccellenza nella cura delle patologie dermatologiche, i cui dirigenti sono sotto inchiesta già dal giugno del 2012 per associazione a delinquere finalizzata all’appropriazione indebita e all’evasione tributaria e dove i lavoratori hanno deciso di occupare la struttura, salendo sul tetto e bloccando per ore una delle arterie principali della città, l’Aurelia, all’altezza dell’ospedale S.Carlo di Nancy, altro polo da tempo in mobilitazione per il rischio chiusura e il mancato pagamento degli stipendi degli operatori sanitari. I dirigenti dell’Idi sarebbero responsabili, secondo i magistrati, di un ammanco di circa 800 milioni di euro , tra debiti con le banche e i fornitori, evasione dei contributi Inps ed Enpam e appropriazioni di denarocash per svariati milioni di euro.

Stretti nella morsa di continui scandali ed esempi di mala gestione, come sempre,rimangono i lavoratori, circa 1800 , che da ormai 4 mesi non percepiscono stipendio , e i cittadini tutti che vedono continuamente sotto attacco e sempre più incerto il diritto, inalienabile, alla salute. Stesso copione recitato dalla proprietà del gruppo San Raffaele, che ha annunciato l’imminente chiusura dei centri riabilitativi di Cassino, Viterbo e Montecompatri (quest’ultimo aperto da poco e all’avanguardia nella riabilitazione respiratoria, grande assente nel panorama di assistenza sanitaria in questa Regione). Anche qui, mille tra medici, infermieri , operatori sanitari rimarranno senza lavoro, ma , ciò che è ancor più grave, malati psichiatrici, bambini disabili , malati respiratori e cardiopatici rimarranno senza cure e assistenza. Anche qui, si decide di occupare. Medici e cittadini bloccano l’attività ambulatoriale e di DH e occupano la Pediatria del San Raffaele La Pisana .

E la Sanità Pubblica? Gli ospedali pubblici versano ormai da anni in condizioni critiche. Tagli e chiusure di reparti, lavoro precario svolto da specializzandi, medici interni o personale esternalizzato è ormai la struttura portante, e più che mai perniciosa, su cui si reggono le principali aziende ospedaliere dal Policlinico Umberto I, dove il destino degli oltre 1500 operatori sanitari, precari, che lavorano nel P.S. è tutt’ora incerto, perché i contratti non saranno rinnovati nel 2013, al Forlanini, enorme complesso oggetto della svendita da parte dell’amministrazione pubblica per risanare il deficit di bilancio.

E ora? Ora si chiudono i battenti. Bisogna tagliare 1963 posti letto sugli attuali 23000, perché “ce lo chiede l’Europa”, perché questo sistema non è più sostenibile. Ad essere colpiti dalla scure indiscriminata della spending review 6 ospedali pubblici romani: San Filippo Neri, Forlanini, Spallanzani, Cto, Eastman e Oftalmico, per i quali la strada potrebbe essere quella del ridimensionamento, in alcuni casi drastico. Non è importante quali siano le strutture che funzionano, non è importante il diritto alla salute, il bene comune salute, la continuità assistenziale, il lavoro vivo di migliaia di medici, infermieri, operatori sanitari che fino ad ora hanno continuato a svolgere le loro attività per non far mancare ai malati assistenza e cure, nonostante non percepissero da mesi lo stipendio.

Quella che sembrerebbe la mera applicazione matematica della spending review , tanti tagli – tanti posti letto in meno, non può essere così liquidata. Se pare infatti piuttosto evidente la condizione di deficit della sanità laziale e l’esistenza annosa di sprechi, non pare altrettanto evidente che l’unica soluzione plausibile sia l’applicazione di tagli lineari , il salvaguardare sempre le direzioni sanitarie e amministrative, le poltrone politiche e dirigenziali, le proprietà degli istituti privati a scapito di chi il diritto alla salute lo pratica e lo difende tutti i giorni.

La Sanità ha bisogno di una riforma, immediata, e drastica. L’aziendalizzazione del servizio sanitario occorsa con la legge del 1992 ha sostanzialmente fallito, inseguendo la filastrocca neoliberista molto in voga della “gestione aziendale semiprivatistica è meglio”. I lungimiranti amministratori delegati, direttori generali, supercommissari hanno sostanzialmente perpetuato la rapina e lo spreco, garantendo le rendite di posizione accumulate e sostanzialmente fornendo canali di ladrocinio coperti a tutti coloro che consideravano il diritto alla salute un ottimo pasto. E le responsabilità della politica nazionale e locale degli ultimi decenni sono innegabili: a nulla valgono ora le dichiarazioni di Marino del PD o del Sindaco Alemanno, che si lanciano in proclami di difesa, se fino ad oggi le loro compagini politiche hanno partecipato al lauto banchetto del saccheggio.

Ma dalla Grecia e dalla Spagna ci arriva una nuova possibilità, che in questi giorni ha preso forma anche a Roma: difendere il diritto alla salute non può voler dire soltanto limitare i tagli e salvaguardare i posti-letto, ma significa prioritariamente dimostrare che la gestione della sanità può essere fatta in senso universalistico soltanto se, a gestirla, ci siano chi ogni giorno la eroga o ne usufruisce. La “marea bianca”, come chiamano in Spagna il movimento in difesa della salute come bene comune, è pronta anche qui ad inondare le strade, a partire dalla manifestazione che martedì 12 partirà dal CTO della Garbatella per raggiungere il presidio di tutti i lavoratori degli ospedali in mobilitazione che si sono dati appuntamento sotto la sede della Regione. Al CTO della Garbatella è in corso la prima sperimentazione di un ospedale autogestito, occupato contro i diktat neoliberisti e restituito a tutti i cittadini e alle cittadine. Insieme, i suoi lavoratori e i suoi pazienti accettano la sfida e lanciano una speranza all’intera rete ospedaliera e assistenziale italiana: contro il saccheggio dei commons, l’unica strada possibile è ricostruire una gestione comune che parta dai bisogni e dalla certezza delle cure, tagliando fuori tutto ciò che sino ad ora ha soltanto voluto sopprimere il nostro diritto alla salute.