DIRITTI

Diritti negati

Non solo nei confronti dei rifugiati, dei giornalisti e delle associazioni , il sistema hotspot risulta palesemente lesivo anche nei confronti di parlamentari e avvocati. L’ennesima violazione nel centro di Taranto nel racconto di una parlamentare, Donatella Duranti, di Sinistra Italiana

Ancora una volta un diritto negato all’hotspot di Taranto. Stavolta non si tratta soltanto di limitazioni delle prerogative nei confronti di quelle migliaia di rifugiati e richiedenti asilo che ogni settimana – lo ricordiamo – passano da questo limbo senza nessuna cornice giuridica. Per essere identificati, registrati, foto-segnalati. Per il rilevamento delle impronte digitali. Alcuni di essi, in particolare, molti tra coloro di nazionalità nigeriana, marocchina, sudanese, per essere espulsi o comunque respinti dal territorio italiano senza poter accedere alla procedura di riconoscimento della protezione internazionale.

In ogni modo, ad essere stati lesi venerdì scorso sono stati i diritti della parlamentare di Sinistra Italiana, Donatella Duranti, a cui è stato impedito (con motivazioni che appaiono pretestuose) – durante la visita nel centro ubicato nella vasta zona industriale di Taranto – che fosse accompagnata da due collaboratori. Nello specifico, si tratta dell’avvocato Dario Belluccio di Asgi, acronimo di Associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione e di Cristina Leone, legale di Babele, ente di tutela e punto di riferimento da tredici anni nel sistema pugliese dell’accoglienza ai migranti. Associazione attualmente fortemente impegnata nel denunciare le storture che il sistema hotspot produce. Dunque, scomoda. Sarà per questo che da quando nel porto di Taranto è attivo il meccanismo, l’approccio differenziale fortemente voluto dalla Commissione Europea con un documento del settembre scorso, all’associazione in questione è impedito di poter offrire gratuitamente il servizio di mediazione linguistica come ha fatto per anni? nonostante ripetute richieste e sollecitazioni? Chissà. E sarà un caso che le uniche ammesse agli sbarchi – da qualche mese a questa parte – siano la cooperativa Noi e Voi, ente che gestisce con un affidamento diretto del Comune di Taranto i servizi all’interno; e l’associazione Salam, schieratasi apertamente a favore del meccanismo con dichiarazioni a mezzo stampa: “sono felice che tra tutte le città che hanno accolto gli sbarchi, il Governo abbia scelto Taranto” così disse Simona Fernandez responsabile dell’associazione Salam:. E ancora: “ posso dire che ci sono persone professionalmente molto valide e all’altezza per affrontare la situazione, sia nell’ufficio immigrazione che in tutti gli altri dipartimenti della questura”. Forse, dunque. Privilegi dettati da affinità politica. Quel che è certo è che – come spiega la deputata tarantina: “ ho effettuato una visita ispettiva il 10 settembre per appurare le condizioni cui sono sottoposti i migranti, sia dal punto di vista fisico che per quanto riguarda il rispetto dei loro diritti basilari”. La sorpresa è stata all’ingresso – continua la Duranti: “quando è stato concesso l’accesso solo a me, parlamentare della Repubblica, mentre è stato vietato l’ingresso ai legali miei collaboratori in rappresentanza delle associazioni Babele e ASGI (Associazione per gli studi giuridici sulla immigrazione)”.

La vicenda ora è finita sul tavolo del Ministro degli Interni Angelino Alfano, dato che la deputata di Sinistra Italiana ha presentato un’ interpellanza urgente per chiedere chiarimenti soprattutto riguardo il comportamento tenuto dai funzionari della Prefettura di Taranto. Che a scrive appare francamente pretestuoso. Infatti – si legge nell’interpellanza: “ alla richiesta di spiegazioni circa il diniego per i rappresentanti delle Associazioni (di cui sopra) è stato risposto dal Vicario Prefetto di Taranto che la Prefettura ha acquisito una circolare del Ministero dell’Interno”. La quale dispone: “che le istanze di accesso ai centri di accoglienza devono essere trasmesse ad una specifica casella di posta elettronica, debitamente motivate”. Vero. Peccato però che la circolare richiamata si riferisse ai centri di accoglienza. Mentre l’hotspot non lo è. Delle due l’una. O il viceprefetto in questione, Malgari Trematerra non conosce la normativa, oppure il diniego dato alla parlamentare e di riflesso ai giuristi, si viene a configurare come una grave lesione dei diritti di una parlamentare. Occorre ricordare allora – citando la nota operativa predisposta a settembre 2015 dalla Commissione Europea sul funzionamento degli hotspots – che: “ alle operazioni di soccorso in mare dovrebbero seguire lo screening medico, la registrazione e l’assistenza finalizzata a fornire informazioni sulla procedura di asilo, all’identificazione tramite rilevamento delle impronte digitali”. Di parole come accoglienza, dunque, non vi è traccia. Non solo. Come spiega ancora la deputata: “questa situazione incresciosa, per cui sostanzialmente è vietato l’ingresso negli hotspot a soggetti esterni e qualificati si è già ripetuta in passato”. E richiama l’appello lanciato nel giugno scorso dalla Federazione nazionale della Stampa (Fnsi) e dalla Unione Sindacale dei giornalisti Rai (Usigrai) in merito alla impossibilità di accesso nei centri hotspot, per i giornalisti. In questo senso “ mi risulta che siano state date rassicurazioni, da parte del Ministero degli Interni, circa un positivo accoglimento delle richieste dei giornalisti e delle associazioni che si occupano dei diritti dei migranti” ha proseguito la Duranti, che nell’interpellanza consegnata ieri (con il Viminale che ha quindici giorni di tempo per rispondere in base ai regolamenti parlamentari) si è chiesta “quali azioni si intendano intraprendere affinché sia garantito il libero accesso alle Associazioni che si occupano di diritti dei migranti, oltre che per gli operatori stampa”.

Il giallo delle espulsioni. A tingere ulteriormente di giallo i contorni della visita di venerdì scorso c’è la faccenda dei dati degli arrivi e dei trattenimenti, chiesti alla Prefettura dalla deputata. Si sa che nei giorni che vanno dal 31 agosto al 7 settembre, in due diverse operazioni di salvataggio, nel porto di Taranto sono sbarcate 1668 persone, di cui 239 minori non accompagnati; secondo quanto raccontano le carte dell’ufficio immigrazione in quella settimana non ci sono state espulsioni, né respingimenti.

Peccato però che questa “verità” della Questura tarantina stride fortemente non solo con il racconto fornito dagli attivisti di Campagna Welcome Taranto impegnati da mesi nel monitoraggio, nel raccogliere voci lungo i luoghi di transito: stazioni di treni e autobus, ma anche strade a scorrimento veloce, dove donne, uomini e bambini si riversano senza una meta dopo il foto segnalamento, alla mercé di sfruttatori sessuali, caporali stranieri o semplici passeur. I volontari riferiscono di aver incontrato decine di migranti espulsi in stazione, in attesa di partire, proprio il 7 settembre. È a quella data si riferiscono, in verità, gli stessi decreti di cui siamo in possesso con cui il Prefetto di Taranto dispone l’espulsione dal territorio nazionale per B.Y ( queste le iniziali delle generalità di uno degli espulsi) “sia accompagnato alla frontiera per mezzo della forza pubblica”.

In verità, la Prefettura di Taranto ha ragione. Non ci sono state espulsioni agli sbarchi, in quella settimana. Peccato però che ogni giorno in questo non/luogo nell’area industriale tarantina, alla frontiera del Mediterraneo ne arrivino a decine di rifugiati, da Ventimiglia, Chiasso, Como; dal confine francese e da quello che divide l’Italia e la Svizzera, per essere respinti dal territorio italiano. E in effetti B.Y è uno degli arrivati da Ventimiglia, come riferisce lo stesso decreto, raccontando che la persona in questione è stato già respinto nell’hotspot di Trapani, qualche settimana fa. È il gioco dell’oca a cui vengono sottoposti i migranti, dai confini del Nord Italia alle frontiere mobili del Sud Europa, da quando è attivo – senza nessuna cornice giuridica che lo istituisca – l’approccio hotspot.

Per capire la pressione dell’urgenza migratoria, in Italia, più che al Brennero o a Gorizia, è sicuramente più alle coste siciliane e a quelle calabre e pugliesi, che occorre guardare. È a queste terre divenute di transito che i governanti italiani dovrebbero rivolgere lo sguardo. Contro chi le vorrebbe confine blindato dell’Europa, dovrebbero opporre la lezione tramandata da Alex Langer: “nessuno può far finta di abitare su un’isola”. Se l’Europa non finisce a Ventotene, né a Calais. È qui, però, tra i tendoni ricoperti di polvere di minerale che ospitano i richiedenti asilo al porto di Taranto, che muore l’Europa fraterna e solidale, di cui parlava lo stesso Langer, ormai vent’anni fa.