OPINIONI

Il virus del sessismo. Ansia, isolamento e privilegio

Essere donna in un mondo di uomini, essere trans, essere non-binary, essere queer, essere fuorinorma è vivere in una preoccupazione costante. Il coronavirus ha generalizzato questa situazione a tutta la società.

Ormai con il Coronavirus che dilaga leggiamo e sentiamo ogni istante del nostro isolamento sociale, a volte imposto dalle autorità sanitarie a volte voluto, fatto di giornate angosciose trascorse a passare stracci colmi di alcool sui nostri pavimenti zeppi di germi e virus letali. Il virus sta trasformando tutti in piccoli esserini deboli e indifesi, che vivono in un costante black friday da pandemia ed escono di casa vestiti come astronauti in missione sulla luna. Una sola parola percuote le nostre schiene e strizza i nostri sensi: ansia.

Io, che con l’ansia convivo ormai da anni, con picchi di panico a fasi alterne, non trovo la mia vita particolarmente modificata, anzi, forse sono sollevata perché mi sento meno sola. La vita di una persona ansiosa comincia molto presto la mattina, perché l’ansia impedisce di dormire sonni tranquilli, infatti dormo con il bite per non distruggere i denti in movimento, quindi tanto vale alzarsi. Attenzione a scendere le scale del soppalco, potrei cadere e morire. Segue l’ansia per la macchinetta del caffè, mi sposto perché potrebbe scoppiarmi in faccia, cammino piano nella doccia perché potrei scivolare, ho già un’ernia, oddio è tardi, è sempre tardi, è meglio fare l’ultima pipì prima di uscire di casa, potrei doverla fare in metro, oddio la metro è piena, non respiro, panico. Attraverso la strada con attenzione, potrebbero mettermi sotto, e così all’infinito ogni momento della giornata. Simona esce in bici, ma è pericoloso, a Roma si guida come pazzi, non è sicuro, mi deve scrivere quando arriva. Oggi in Calabria piove, mamma deve fare quella brutta strada per andare a lavoro. Papà fuma troppo, chissà come sta davvero dato che non me lo dice mai.

La vita di una persona ansiosa è piena di pensieri, alcuni sono sempre uguali, giorno dopo giorno, altri si presentano in occorrenze particolari.

I miei pensieri sono tanti, ma quelli che impegnano la maggior parte del mio tempo riguardano gli uomini: cosa metto oggi? Non la gonna troppo corta perché stasera torno tardi, ho paura, gli uomini mi fissano. Se metto il giubbotto lungo però copro le gambe. Lo spray al peperoncino sempre nella borsa. Attraverso le strade, oddio che palle che mi fissano. Una ragazza davanti a me indossa pantaloni aderenti, tutti le guardano il culo in modo viscido, che rabbia. In metro fanno manspreading, devo allargare le gambe più di loro così si spostano un po’. Giulia mi ha chiesto di uscire stasera, devo portarmi le cose per dormire da lei perché ho paura a tornare a casa da sola di notte. Gli uomini non si spostano mai per strada quando camminano, ma io non voglio essere quella che si sposta mentre loro vanno dritti per la loro strada, devo mantenere la posizione. Mi fissano dalle loro macchine quando attraverso la strada, mi dicono che sono bella mentre aspetto l’autobus, si grattano il pacco, mi si strusciano addosso sui mezzi, devo stare attenta a scegliere la posizione, pisciano per strada e si masturbano nelle macchine, per strada, sul treno. Ho costantemente paura che gli uomini attorno a me si masturbino, perché troppi ne ho visti farlo. Quella strada è troppo buia, devo cercare un altro tragitto, preparare Simona, dirle di tenere il telefono vicino così posso chiamarla per avere compagnia. Mi hanno chiesto di restare fino a tardi a lavoro, ma non posso tornare a casa tardi, non ho i soldi per il taxi, come faccio? Forse è meglio che dorma da loro. Stasera Simona lavora fino a tardi, quella scema vuole prendere i mezzi di notte, che paura.

All’università ho insegnanti uomini, che parlano di uomini, uomini bianchi, cisgender, eterosessuali, borghesi. Gli studenti studiano, comprendono, fanno gli esami, ma dove sono io? Dove sono le persone come me in questa storia? Dove sono le persone diverse da me, e diverse da voi, in questa storia che mi raccontate? È costante il pensiero degli uomini, tanto che spesso scelgo di stare a casa, per preservarmi, per risparmiarmi, perché è faticoso combattere ogni giorno. Scelgo la quarantena. Scelgo l’isolamento.

Ho letto molte cose sul rapporto del coronavirus con il patriarcato, del coronavirus che svela il lavoro di cura delle donne, del coronavirus che lascia senza lavoro soprattutto le donne, ma quello che svela questo virus è il pensiero costante del contagio, la paura di infettarsi, l’ansia delle precauzioni. Il pensiero costante del virus rende gli uomini esposti, improvvisamente deboli, li mette davanti alla consapevolezza di dover prendere degli accorgimenti per uscire di casa, stare lontani dagli altri sull’autobus, dover pensare a come proteggersi. E quindi esci di casa, metti la mascherina, stai a un metro di distanza, non baciare nessuno, non ti avvicinare, pulisci subito le mani con l’amuchina, entra in casa, togli le scarpe, lava le mani – oddio devo starnutire penseranno tutti che sto male, stasera meglio cancellare quell’impegno, meglio stare a casa, è più sicuro.

Ecco, questo è il pensiero costante di una donna che vive le sue giornate in un mondo di uomini.

Il virus mette paura, mette ansia, diventa un pensiero costante. Quello che svela questa fase insopportabilmente difficile della nostra storia, è la difficoltà di vivere la vita con una preoccupazione costante. Diventa tutto faticoso e complesso, limita le nostre interazioni e le nostre possibilità, condiziona le nostre scelte.

Un sacco di considerazioni utili e sensate possiamo fare intorno a questa fase, tutte utili e interessanti, ma io riesco solo a pensare quanto sia strano vedere tutti questi uomini spaventati e indifesi, tutti presi dalla loro costante paura del contagio, tutti presi dalla loro preoccupazione.

Essere donna in un mondo di uomini, essere trans, essere non-binary, essere queer, essere fuorinorma, è vivere costantemente con la consapevolezza dell’esistenza di un virus contagiosissimo e altamente mortale. Io non ho mai provato il privilegio di vivere senza questo pensiero, non ho scoperto adesso la mia fragilità e la mia paura e ho sempre pensato dovesse essere bellissimo vivere senza.