ROMA

Il vero degrado sono gli sgomberi: Carovane contro l’abbandono degli spazi a Roma

Le Carovane che ieri hanno attraversato Roma da Sud Ovest a Nord Est si collocano tra le iniziative di lancio del Corteo “Roma Non Si Chiude” di sabato prossimo 22 giugno. Al centro della denuncia, le politiche pubbliche che in questi anni hanno colpito duramente il tessuto autorganizzato che garantisce ogni giorno il diritto all’abitare per centinaia di persone, welfare informale, solidarietà e socialità in una città sempre più esposta alla speculazione edilizia e commerciale così come alla distruzione di servizi e spazi pubblici

La lunga Carovana che ieri ha attraversato Roma da Sud Ovest a Nord Est si colloca tra le iniziative di lancio del Corteo “Roma Non Si Chiude” di sabato prossimo.

Come riportato nel comunicato stampa «nel pomeriggio di ieri gli attivisti degli spazi sociali e dei movimenti per il diritto all’abitare impegnati nell’organizzazione del corteo di sabato 22 giugno contro gli sgomberi, hanno attraversato con due carovane di macchine e motorini la città di Roma per segnalare con striscioni, cartelli e fumogeni gli spazi abbandonati alla città. Si tratta di luoghi della speculazione e della rendita, stabili sgomberati per poi essere lasciati all’abbandono».

L’iniziativa ha centrato l’obiettivo di denunciare le politiche pubbliche che in questi anni hanno colpito duramente il tessuto autorganizzato e che garantisce ogni giorno il diritto all’abitare per centinaia di persone, welfare informale, solidarietà e socialità in una città sempre più esposta alla speculazione edilizia e commerciale così come alla distruzione di servizi e spazi pubblici.

16 gli immobili segnalati: dal Rialto Sant’Ambrogio, ex sede del comitato romano Acqua Pubblica, di proprietà comunale in pieno centro storico sgomebrato nel 2017 tuttora in condizioni di totale abbandono, allo stabile Inarcassa in via Baldassarre Castiglione: sgomberato e abbandonato dal 2012, per l’occasione la strada è stata ribattezzata “Via Baldassarre e Castiglione – assessori agli sgomberi”. Dalle Ex fonderie Bastianelli a San Lorenzo, sgomberate nel 2016, demolite e mai ricostruite, al Deposito Atac di San Paolo, abbandonato dal 2000, occupato e poi sgomberato nel 2011. Segnalate anche le due occupazioni di studenti e precari Point Break al Pigneto e Alexis a Via Ostiense, il Teatro Horus di Piazza Sempione, sgomberato due volte e abbandonato dal 2009.

«Crediamo che Roma meriti più di questo scempio – spiegano – Questo è il vero degrado della città: lasciare i palazzi vuoti mentre c’è chi si trova senza casa, pur di difendere un principio di cieca legalità e gli interessi dei più forti. Se davvero Salvini e Raggi procederanno con la lista di 24 occupazioni da sgomberare con “urgenza”, l’unico esito sarà questo: palazzi fantasma in una città alla deriva. Per questo sabato 22 invitiamo tutte e tutti a scendere in piazza con noi per impedirglielo».

Basta cambiare prospettiva, infatti, alzare gli occhi dai marciapiedi ai palazzi, per aver avere una fotografia della città completamente differente da quella a cui ci ha abituato la narrazione politica e mediatica del “degrado”, costruita com’è sulla criminalizzazione degli “abusivi”, degli occupanti, dei poveri, degli indecorosi e parassitari abitanti di piazze e strade – siano essi giovani, migranti o senzatetto.

E il primo elemento che balza agli occhi è questo: dopo gli sgomberi subentra l’abbandono. Nella stragrande maggioranza dei casi, non c’era un progetto di riutilizzo degli immobili occupati e sgomberati, è la logica di valorizzazione finanziaria degli stessi a prevalere, per cui il loro utilizzo sociale costituisce un danno economico. La sentenza sul Maam di Roma che condanna il Viminale è il caso più emblematico in questo senso: la posta in gioco è la cancellazione del principio costituzionale della funzione sociale della proprietà privata, proprietà che non solo va tutelata – indipendentemente dal danno ambientale che produce – ma anche risarcita.

Il blocco istituzionale sulla gestione dell’emergenza abitativa a Roma, una gestione che mantenga al centro i soggetti e i diritti sociali, esplode con lo sgombero di Piazza Indipendenza – Ministro degli Interni Minniti. Il tema dell’individuazione di soluzioni alternative allo sgombero di occupazioni abitative diventa vero e proprio scontro istituzionale con Salvini che cancella la norma che condiziona la restituzione degli immobili occupati al reperimento di alloggi d’emergenza. Complessivamente lo slittamento del problema abitativo a questione di ordine pubblico denuncia l’assenza di spazi di confronto per politiche adeguate e incisive per una emergenza sempre più grave.

La criminalizzazione delle occupazioni abitative e la stigmatizzazione dei poveri e delle soggettività migranti e Rom ha il suo fondamento normativo nell’odioso art. 5 del Piano Casa che nega l’accesso ai servizi fondamentali a chi non ha residenza. Le schiere di invisibili continuano ad aumentare espulse dal sistema dell’accoglienza, nello smantellamento di un welfare realmente univerale, in una città in cui chi pratica solidarietà e accoglienza lo fa a partire dal proprio attivismo, sempre più perseguito e altrettanto minacciato.

La precarietà sul futuro riguarda anche gli spazi sociali e autogestiti di Roma, da quando cioè la delibera 140 dell’allora giunta Marino ha ordinato la riacquisizione del patrimonio pubblico senza indicarne le linee guida del loro futuro utilizzo. Da allora nessun atto è arrivato da parte della giunta Raggi per intervenire e risolvere l’emergenza spazi. In questo vuoto di azione e di indicazione politica, la logica amministrativa e proprietaria è l’unica a contare: con lettere di sgombero, richieste di somme esorbitanti, controlli vessatori si tenta di sottrarre i beni comuni urbani dal controllo dei laboratori autogestiti e comitati territoriali di autogoverno. La resa dell’amministrazione comunale sull’apertura di sperimentazione in direzione dell’uso comune del patrimonio pubblico pone in una condizione di ulteriore rischio anche quei laboratori di autogestione, come il Nuovo Cinema Palazzo, che interessano proprietà private. Segnali in controtendenza giungono dalla Regione Lazio che ha appena licenziato una legge quadro sui Beni Comuni, anche se i Comuni non hanno alcun obbligo a recepirla, starà alla Giunta Raggi decidere se cogliere questo ulteriore spunto e scegliere finalmente come collocarsi rispetto a questo tema.

Intanto la posta politica dell’autogestione e dell’autorganizzazione della solidarietà diventano terreno di scontro agito direttamente dal Viminale come testimoniano il decreto sicurezza bis appena approvato.

 

 

I luoghi segnalati ieri nella città:
Rialto Sant’Ambrogio: sgomberato e abbandonato ne  Chiuso dal 2017
Deposito Atac di San Paolo: abbandonato dal 2000, occupato e poi sgomberato nel 2011
Teatro Horus: sgomberato due volte e abbandonato dal 2009
Alexis Occupato: stabile Acea su via Ostiense sgomberato e abbandonato nel 2017
Mercati Generali di Ostiense: abbandonati dal 2000
Fonderie Bastianelli a San Lorenzo: sgomberate e abbandonate dal 2016
Piscina olimpica per i Mondiali di nuoto: mai finita e abbandonata dal 2009
Fabbrica ex Heineken a Villa Gordiani: occupata e sgomberata due volte, abbandonata dal 2009
Ex Fiera di Roma: abbandonata dal 2017
Ex Fabbrica di Penicillina su via Tiburtina: abbandonata da vent’anni sgomberata definitivamente nel 2018
Hotel Caltagirone: costruito per i mondiali di nuoto, mai finito e abbandonato dal 2009
Stabile Inarcassa in via Baldassarre Castiglione: sgomberato e abbandonato dal 2012 per l’occasione la strada è stata ribattezzata “Via Baldassarre e Castiglione assessori agli sgomberi”
Point Break: studentato autogestito al Piegneto abbandonato dopo lo sgombero dal 2016
Impianto sportivo Città Futura: abbandonato dal 2009
Autorecupero di via di Grotta Perfetta: abbandonato dal 2003 mentre c’è chi aspetta una casa
Piazza dei Navigatori: palazzo abbandonato dal 2004
Ex Scuola Mafai a Tor Marancia: abbandonata dal 2012

 

Video realizzato da Rete Roma Sud