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Turchia: «Il tentativo di golpe aumenta la spirale di violenza e fondamentalismo»

Abbiamo raggiunto telefonicamente un’attivista anarchica turca di Istanbul, parte di diverse esperienze di lotta e di opposizione al regime di Erdogan. Un primo contributo intorno al tentato golpe.

Il tentato golpe è la prova dell’assenza di democrazia [English Version]
Sei cose che sappiamo sul colpo di Stato in Turchia
Come tutti sappiamo, ieri un Turchia c’è stato un tentativo di colpo di Stato. Il giorno dopo, che tipo di dibattito si è sollevato intorno a questo fatto? Quali sono gli scenari possibili?

Per noi, la questione importante sollevata dal tentativo di colpo di Stato è la crescente tensione che oppone i conservatori islamico-radicali, che sostengono il governo dell’AKP, alla sinistra in generale e alla popolazione comune. Quello che è successo ieri dimostra come il potere dei conservatori stia aumentando rapidamente. La maggiore preoccupazione rispetto al tentativo di golpe è la reazione che ha prodotto. Mentre le operazioni dei militari erano in corso, il governo e lo stesso presidente hanno lanciato un appello a scendere in strada per proteggere la democrazia e il paese. Erdogan ha parlato in prima persona, è stato inviato un messaggio scritto a tutti i cellulari e, soprattutto, la chiamata alla mobilitazione è stata rilanciata per tutta la notte dalle diverse moschee. In questi luoghi, sono state lette le preghiere che parlano di jihad e successivamente sono stati lanciati appelli a tutti i turchi a scendere in strada per proteggere la loro democrazia e il loro presidente. Questa è un’immagine efficace della dittatura che regna oggi in Turchia. Secondo l’ordinamento costituzionale turco il presidente dovrebbe essere una figura super partes, slegata dal rapporto con qualsiasi partito politico. Invece la situazione materiale è che il presidente sostiene apertamente il suo partito ed esercita tutto il potere politico.

Se compariamo quello che è successo ieri con altri avvenimenti del passato recente, ci rendiamo conto che mentre tutte le azioni della sinistra sono state controllate dal governo con il blocco dei social media, la censura della stampa e l’interruzione del trasporto pubblico, ieri lo Stato ha agito in maniera diametralmente opposta. Con lo scopo di mobilitare i suoi sostenitori, che sono gli islamisti più radicali. Lo hanno fatto intensificando l’utilizzo dei social media, diffondendo ovunque la videochiamata di Erdogan con FaceTime e rendendo i trasporti pubblici gratuiti per spingere le persone a scendere in strada. Nelle manifestazioni di ieri si è assistito a massicce esplosioni di violenza. Non si è trattato solo di mobilitazioni pacifiche in cui la gente si opponeva al colpo di Stato alzando le mani. Ci sono state scene tremende, violentissime. Gli islamisti sono scesi in strada con le pistole e i coltelli, hanno picchiato i soldati. Un soldato è stato decapitato dai civili, in mezzo alla strada. Queste sono scene che ricordano l’ISIS e i gruppi islamici più estremisti. Anche se il tentativo di golpe è finito, oggi sappiamo che in Turchia c’è un’enorme quantità di gente pronta a esercitare violenza nel nome dell’Islam. Questo fatto è una minaccia alla nostra esistenza e alla nostra libertà nel paese. È ormai chiaro che lo Stato può facilmente manipolare e utilizzare questa gente.

Ovviamente non possiamo sapere con certezza quali dinamiche hanno prodotto il tentativo di colpo di Stato e probabilmente non potremo saperlo mai. A parte ciò, quali sono le diverse posizioni e interpretazioni di questo fatto nel dibattito in Turchia ?

Prima di tutto è davvero difficile pensare che ci possa essere un tentativo di colpo di Stato realizzato dai militari di cui il governo non sa niente. Erdogan è al potere ormai da dieci anni e ha tutti gli strumenti per rimpiazzare chi esercita posizioni di comando e non è d’accordo con lui. Più precisamente, non ci sono più persone in posizioni di potere che non hanno dimostrato fedeltà a Erdogan. L’esercito turco ha una lunga tradizione di colpi di Stato ed Erdogan ne era ben consapevole. Per questo, nel corso degli anni, ha inserito nelle posizioni di comando i suoi sostenitori. Quindi, c’è una prima interpretazione che sostiene che si è trattato di un finto colpo di Stato per aumentare ancora il potere di Erdogan. Recentemente, con lo stesso scopo è stata ripresa la guerra contro i curdi. Il colpo di Stato potrebbe essere soltanto un altro stratagemma interno a questo stesso schema. E questo varrebbe anche nel caso in cui Erdogan avesse soltanto evitato di bloccare le manovre verso il colpo di Stato, senza produrle direttamente. Una seconda teoria sostiene la responsabilità del movimento di Gülen, che fa capo a un politico e miliardario turco che ha lavorato a lungo con il governo, fino alla scissione avvenuta qualche anno fa. Dopo questa scissione gli esponenti del movimento sono stati pian piano cacciati dai ruoli di potere. Ma questa epurazione non è stata del tutto completata, perciò sarebbe possibile che i rimanenti sostenitori di Gülen abbiano organizzato il tentativo di colpo di Stato.

Qual è stata la reazione al golpe da parte delle opposizioni e del movimento?

Nessuno ha sostenuto i golpisti e l’intervento dell’esercito. Anche se i militari si sono schierati contro Erdogan, nessuno ha appoggiato la loro azione. Non c’è stata alcuna reazione fisica. Nessun gruppo della sinistra è sceso in strada. Nessuno ha manifestato. Questo perché negli ultimi anni gran parte della sinistra è stata duramente repressa e poi pacificata, in particolare dopo la rivolta di Gezi. È passato il discorso che le rivolte popolari non finiscono bene e che hanno soltanto fatto aumentare il potere del presidente. Inoltre, Erdogan ha creato un clima di paura terribile, ad esempio attraverso le bombe di cui ha poi accusato il PKK o l’ISIS. Ha adottato diverse strategie per rinforzare il suo potere e chiudere gli spazi di agibilità della sinistra. Al momento non abbiamo più nessun meccanismo di reazione, non abbiamo modo di lottare contro tutto questo e di combattere Erdogan. Per questo non c’è stata alcuna reazione.