ITALIA

Tre colori, due paesi, un simbolo: il pañuelo delle donne che lottano

Dalle madri di piazza di Mayo alle donne di Non Una Di Meno, passando per la campagna argentina per il diritto all’aborto. La storia di fazzoletti colorati trasformati in strumenti di lotta

«Perché noi madri non andiamo a presentarci in qualche forma, visto che ci saranno tutti i sacerdoti e i vescovi? – racconta Juana de Pargament – Ma una di noi disse: e come ci riconosciamo?»,. «Facevamo già un lavoro insieme, ma non ci conoscevamo tutte – continua Hebe de Bonafini  Ma come ci incontriamo? Come ci facciamo vedere? Se non troviamo un modo resteremo invisibili. Qualcuna rispose: indossiamo un fazzoletto bianco!». Le voci appartengono a due donne sono raccolte in una video intervista sulla nascita del simbolo della lotta delle madri dei desaparecidos argentini: il pañuelo blanco.

Era il 9 ottobre 1977 e stava per sfilare la grande processione cattolica diretta verso la basilica di Luján, nella provincia di Buenos Aires. L’anno prima il colpo di Stato dei militari guidati da Jorge Rafael Videla aveva conquistato il potere. In pochi mesi ragazze e ragazzi della gioventù rivoluzionaria argentina iniziarono a sparire: sequestrati dalle case, dai luoghi di studio e da quelli di lavoro. Senza lasciare tracce. La vita politica del paese era stata ridotta al minimo e quella processione rimaneva uno dei pochi eventi in cui si sarebbero radunate migliaia di persone. Le madri decisero di usarlo.

Arrivarono da diversi quartieri della capitale, per farsi riconoscere utilizzarono il simbolo prestabilito che, in realtà, quella prima volta non fu un pañuelo ma un pañal. Un pannolino di tela, visto che allora «non erano usa e getta e tutte ne avevamo in casa». Grazie a quel pezzo di stoffa legato sulla testa le donne riuscirono a riconoscersi, raggrupparsi, farsi vedere e guadagnare coraggio. Sulle scale della chiesa aprirono degli striscioni e urlarono uno slogan che, nonostante il successivo silenzio dei mezzi di comunicazione, sarebbe arrivato a tante orecchie, molto lontano: «Aparición con vida».

Dopo quella azione, il fazzoletto bianco si sarebbe convertito in un simbolo di amore e di coraggio, in una rivendicazione di lotta, pace, verità e giustizia contro la barbarie di Stato. Da quella processione il fazzoletto bianco delle madri sarebbe arrivato in plaza de Mayo, nella ronda che da quarantuno anni grida: ¡Nunca más!

Alla metà di agosto 2003, nella città argentina di Rosario, si tenne il diciottesimo encuentro nacional de mujeres. In quell’occasione nacque la campagna per l’aborto libero, sicuro e gratuito, che ha le sue radici nella lotta decennale per il diritto all’interruzione di gravidanza. Insieme alla campagna venne lanciato quello che, alcuni anni dopo, sarebbe diventato uno strumento di lotta per centinaia di migliaia di donne argentine: il pañuelo verde.

Le donne scelsero il simbolo del fazzoletto perché ricordava simbolicamente la battaglia delle madri di plaza de Mayo e quella delle donne che negli anni ’40 reclamavano il diritto al voto. Anche loro indossavano un pañuelo, bianco. Secondo alcune attiviste: «Il verde fu scelto perché a livello popolare indica speranza. E poi perché come colore non era già associato alla simbologia di altri movimenti o partiti politici».

Il fazzoletto triangolare recita: «Educazione sessuale per decidere, anticoncezionali per non abortire, aborto legale per non morire». Dalla fine della dittatura nel 1983 a oggi, in Argentina oltre 3mila donne sono morte di aborto clandestino. Si stima che ogni anno abortiscano tra 350 e 450 mille donne. In 50mila soffrono successive complicazioni di salute. Tutte rischiano fino a 4 anni di carcere in base a un legge del 1921. Quest’anno, per la prima volta nella storia, il movimento femminista ha imposto la discussione al parlamento. La mattina del 14 giugno la Camera ha votato a favore della proposta di legge per il diritto all’aborto con 129 favorevoli e 125 contrari. Il 9 agosto, però, il senato ha respinto il provvedimento: 38 negativi e 31 favorevoli.

Nel frattempo, il fazzoletto verde è diventato un simbolo di riconoscimento, sorellanza e solidarietà delle donne argentine e non solo. A Buenos Aires è possibile vederlo appeso agli zaini, in giro per le strade, indossato sugli autobus e ai cortei. «Quando vedo una donna che porta il pañuelo – racconta Natalia, attivista del movimento Ni Una Menos – sento complicità. Sento che lei mi capisce e io la capisco. E che ogni volta siamo di più».

Il 14 luglio scorso il pañuelo ha superato l’oceano ed è arrivato a Ventimiglia, in una piazza contro le frontiere. La campagna per l’aborto legale in Argentina era nel pieno e le donne italiane esprimevano solidarietà e allo stesso tempo davano visibilità alla partecipazione femminista al corteo. Il colore scelto era il fuxia. Dopo alcuni mesi, il 26 ottobre, il fazzoletto fuxia è tornato nel quartiere romano di San Lorenzo. Lì il movimento femminista Non Una Di Meno aveva chiamato un corteo contro i femminicidi, la violenza e le speculazioni sui corpi delle donne. Pochi giorni prima, era morta dopo ore di violenze la giovane Desirée Mariottini. Il pañuelo fuscia viene usato «in segno di riconoscimento tra noi e contro i femminicidi», spiega Zoe, studentessa e attivista. Il fazzoletto è tornato in piazza anche nelle mobilitazioni dell’11 novembre contro il decreto legge Pillon. Nel frattempo, donne e uomini hanno iniziato a indossarlo e portarlo in giro al di fuori dei cortei, come simbolo permanente di rifiuto della violenza sulle donne e dei femminicidi, oltre che di riconoscimento e sorellanza. Il fazzoletto fucsia sarà in piazza anche questo pomeriggio, nella manifestazione nazionale di Non Una Di Meno, per inondare di colore la mobilitazione.

Tre colori: bianco, verde e fucsia. Due paesi: Argentina e Italia. Un simbolo: il fazzoletto. In mezzo, milioni di donne in lotta contro la violenza dello Stato e quella del patriarcato, per il diritto a decidere sul proprio corpo e non morire di aborti o femminicidi.