Tout tourne autour de Keny Arkana

Un racconto del concerto e di un incontro con la rappeuse francese al Forte Prenestino.

Finalmente arriva il 13 aprile, una data a Roma tanto attesa per chi da anni ascolta la rappeuse d’oltralpe, Keny Arkana, sempre al fianco dei movimenti di lotta e resistenza. Le sue canzoni hanno fatto da colonna sonora a moltissime manifestazioni in tutta Italia, e hanno dato voce a diverse istanze, esattamente come è accaduto nelle banlieue francesi emarginate dalle politiche neoliberali di Sarkozy. Il suo grido di rabbia contro le ingiustizie, la sua celeberrima rage, si è fatta sempre più strada a livello internazionale perchè incarna lo spirito di chi vuole denunciare apertamente le contraddizioni insite al sistema capitalistico, e attaccare con veemenza le politiche neoliberali che tentano di distruggere le relazioni umane tra i popoli. Keny, nel suo attacco ai poteri forti, non risparmia nemmeno i media mainstream, accusati di nascondere troppo spesso la verità di ciò che accade: il testo di V pour verité è in questo senso esemplare, poichè invoca l’unione dei popoli a lottare contro le rappresentanze istituzionali che non sono in grado di dare reale espressione ai problemi dei cittadini in ogni parte del mondo.

La sua voce energica ed il suo accento marsigliese la rendono amabile anche a chi non conosce il significato dei testi perchè è capace di intercettare i sentimenti ed i desideri di chi cerca di costruire un mondo diverso, e riesce a trasmettere i suoi messaggi attraverso dei video-clip che sanno restituire visivamente lo spirito di denuncia e indignazione, oltre che fotogrammi delle lotte portate avanti dai movimenti. Non a caso, in più di un occasione si è dichiarata, più che una rappeuse, una militante che fa del rap.

Sin da giovane, infatti, ha militato tra le fila dei movimenti e nel 2004 ha contribuito alla creazione di “La rage du peuple”, un collettivo marsigliese itinerante che ha indetto moltissime assemblee popolari in Francia, Svizzera, Germania e Belgio con l’intento di favorire lo sviluppo territoriale e implementare la partecipazione attiva dei cittadini nella gestione della politica locale. Le tesi altermondiste che il collettivo ha portato avanti anche in seno ai controvertici e ai forum mondiali, e il dialogo diretto e continuo inaugurato con le comunità zapatiste sono due capisaldi che hanno motivato anche Keny a partecipare alla nascita e allo sviluppo di questo movimento politico. D’altronde, il suo amore per l’America centrale e meridionale emerge non solo in molti dei suoi testi più recenti, ma anche e soprattutto dai racconti emozionati dei molti viaggi fatti nelle terre argentine, messicane, colombiane e boliviane. Come lei stessa ha dichiarato: “la mia persona fisica è europea, ma nelle mie vene scorre sangue argentino”.

Alla sua passionalità e determinazione il pubblico italiano ha risposto con altrettanto calore: il centro sociale Forte Prenestino -che ha ospitato il concerto- ha, infatti, registrato più di 4000 ingressi. L’atmosfera, così carica e trepidante, ha fatto pendant con la prorompenza e la vitalità della piccola grande Keny. Le prime dieci file erano stra-gonfie! Abbiamo ballato sui ritmi più variegati: dal drum’n’bass al rap vero e proprio…e poi ogni tanto quel saluto squisitamente francese dal palco: “Grazie mmille Rrrrroma!” (inconfondibile la r).

Credo che ciò che la rende grande e così amata è la sua capacità di raccontare sia la durezza della vita di strada -che lei ha sempre abitato in prima persona- sia, al contempo, la delicatezza dei sentimenti umani universali, come l’amore per les enfants (i bambini), protagonisti in più occasioni dei suoi testi perchè bisognosi di protezione e di un mondo che li sappia accogliere e crescere dignitosamente. Lo sguardo femminile di Keny Arkana dona al rap italiano ed internazionale una visione più integra del mondo di oggi, in cui si avvicendano la necessità di una rivolta dei popoli ed il desiderio di fondare un nuovo modo di vivere tra gli esseri umani più onesto, rispettoso della natura e degli esseri viventi, delle relazioni e dei sentimenti. Una sorta di cosmovisione, insomma, quella di Keny, che sa tenere insieme lotta e amore, materialità e spiritualità entro la sua arte musicale che evoca terre e culture d’oltremare.

Ci ha regalato grandi emozioni, sorrisi ma soprattutto voglia di continuare a urlare la nostra rabbia. La sua semplicità nel presentare ogni componente del gruppo con un divertentissimo e caldissimo “Perfabore”, come a richiamare la grandezza del suo entourage affiatatissimo, si è rispecchiata anche nel dopo-concerto: Keny saltellava anonima tra le persone che via via lasciavano il Forte Prenestino, rifuggiva gli sguardi dei fan ma al tempo stesso non riusciva a fare a meno di abbracciarli tutti per ringraziarli. Proprio in questo frangente, le siamo andati incontro per salutarla: ci ha fatto segno di nasconderci un po’ in penombra e trovato un posticino più apportato ci ha abbracciato con affetto. Le abbiamo ricordato di ESC e del suo primo concerto a Roma nel 2007, e lei dispiaciuta di non averci rivisto tutti/e, ci ha invitati a tornare il giorno dopo: sarebbe infatti rimasta un giorno in più per godersi il Forte Prenestino alla luce del sole, e per approfittare della piccola oasi di pace che diventa, rifugio lontano dal caos della metropoli. Mi ha fatto promettere di non divulgare la notizia dell’incontro perché ama l’intimità e vuole condividere momenti veri con le persone che incontra. Devo ammettere che in un primo momento questa sua ostentata sfuggevolezza al pubblico mi ha lasciato un pò perplessa: in fondo, il suo pubblico è fatto di persone che con lei condividono la voglia di cambiare il mondo, attivisti e militanti che si spendono con forza ogni giorno per realizzare questo desiderio. Ma il giorno dopo ho dovuto ricredermi, ho compreso la sua sincera voglia di scambiare parole, silenzi e risate senza muri e senza barriere come se ci si conoscesse da una vita.

Lungi da voler rendere formale l’incontro ci ha invitati subito a fare l’”aperò” di fronte alle camere dove lei e gli altri del gruppo hanno dormito, sulla parte alta del Forte,da cui si può vedere tutto il centro sociale. L’incontro è ancora più speciale se ci si immagina il Forte Prenestino di domenica, silenzioso pieno della luce soffusa del tramonto: una piccola oasi di serenità e rifugiodal caos della metropoli. Ancora più gradevole è il sottofondo delle musiche che nel frattempo mandava Omar. Ci siamo goduti così le ultime ore di luce, ascoltando gli incredibili racconti di una quindicenne, che, minuta com’è, cercava di farsi passare per 18enne, e -chissà come mai- nessuno le credeva. Con autoironia ci rinfacciava il fatto che gli italiani la prendessero in giro sulla sua altezza: “ma come fanno a dirmi -Grande Keny!!!- se sono così piccola”.

Ci ha raccontato dei suoi viaggi, di quanto ama il Sudamerica ed in particolare i paesi andini come la Bolivia, l’Argentina ed, in particolare, la Colombia perché mantengono ancora una natura incontaminata dal turismo scellerato e dalla mano pesante del cemento che l’uomo cala dappertutto. Parlava tanto, con entusiasmo, non riusciva a trattenere la voglia di raccontarci i suoi trascorsi a Roma quando da ragazzina a soli 15 anni dormiva tra Villa Borghese, il Villaggio globale ed il vecchio Rialto a via nazionale. Ci spiegava che senza zaino, senza vestiti, senza soldi viaggiava per tutta Europa senza pagare i biglietti dei treni, e che la prima cosa che ha fatto per passare del tempo in Italia è stata andare al commissariato per dichiarare che gli avevano rubato lo zaino, così da ottenere nuovi documenti che le permettessero di andare in giro senza alcun problema. Le uniche frasi che ricorda in italiano erano “Mi scusi, hai una sigaretta perfabore” oppure “dove posso rubare da mangiare”. Ama tantissimo Roma, come città, e odia i parigini perché credono che la loro città sia la più bella mondo, ma solo perché sono cechi o non hanno mai visto Roma. Ci ha confessato però che non ci potrebbe mai vivere, perché non parla italiano. Ma in fondo nemmeno a Marsiglia, la città in cui lei ha più vissuto, si potrebbe stabilizzare: è come una trottola che non vuole mai fermarsi in nessun luogo e che vuole essere allo stesso tempo dappertutto.

Stephane, il “manager” – perché tutto è fuorché che un manager- ci ha invitato ad andare con loro a mangiare la pizza, senza sapere però il dove, né il quando, tranne che già da tempo venti persone la stavano aspettando fuori in macchina ed il tavolo era prenotato per quindici.

Ci siamo stretti un po’ e abbiamo festeggiato con una cena a base di pizza, con brocche di vino che arrivavano continuamente piene e se ne andavano rapidamente vuote! Momento clou della serata quando Samir, l’altro rapper che accompagnava Keny durante il concerto, ha esordito dicendo che a Marsiglia le pizze sono più buone. Non fosse stato che a soli due posti dopo il suo c’era seduto Ciccio di Napoli. Da ciò la disputa Marsiglia vs Napoli, che si è subito risolta con una grassa risata di tutta la tavolata. Keny nel frattempo era stanca, un po’ affaticata forse, o più riflessiva: in disparte, osservava la tavolata e ascoltava incuriosita.

La scelta di intrecciare la recensione del concerto con il resoconto di un incontro informale e genuino, che ha saputo restituirci non solo l’immagine dell’artista, ma anche quella della compagna, della straniera, della ragazza di trent’anni che ama le sue terre e lotta per queste, è mirata: volevamo dimostrare che c’è un modo di stare insieme in questo mondo che ci rende tutti uguali, come fossimo sorelle e fratelli. Anche se non ci conosciamo, siamo uniti da obiettivi e progetti comuni che ci rendono “compagni” di viaggio, di strada e di lotta. E Keny Arkana quest’idea di fondo di fratellanza non solo la canta ma la pratica.

“È a nome della bambina di ieri che la [sua] sfacciataggine vi saluta”.