POTERI

They show horses, don’t they?

Desigual –nome quanto mai appropriato!– lancia la maratona seminuda dei saldi

«Noi cerchiamo di essere giusti per quanto permette la natura umana, perciò quando un giudice decide è fatta, non c’è appello. Se avete domande da fare, fatele. Tra un paio d’ore riapriremo le porte della fama e della fortuna, quindi tutti in fila per l’assegnazione dei numeri di gara. Urrà,urrà,urrrà! Benvenuti all’appuntamento col destino! Si sa quando comincia, ma non si sa quando finisce. Siamo appena all’inizio gente! Sempre avanti e avanti! Ma quando ci si fermerà? Quando finirà? Quando? Solo quando gli ultimi due di questi meravigliosi giovani saranno rimasti in pista. Solo quando gli ultimi due ballerini esausti e barcollanti riusciranno ad arrivare attraverso un mare di insidie e disperazione fino alla vittoria. Una coppia e soltanto una coppia uscirà di qua, calpestando i corpi e i sogni infranti degli sconfitti, con in tasca il gran premio di 1500 dollari d’argento. 102 coppie in gara, delle quali solo una danzerà fino alla fama e alla fortuna. Chi si arrenderà, chi mollerà, chi non resisterà: fuori! È dura, è vero ma viviamo in tempi duri. Coraggio dateci sotto gente!»

Impossibile dimenticare il cinico discorso declamato dall’impresario Rocky nella sua sala da ballo (interpretato da uno straordinario Gig Young) nella California degli anni ‘30 in piena Depressione, prima di dare inizio a una delle maratone, o meglio prove di resistenza fisica e psichica più estenuanti della storia (del cinema).

Non si uccidono così anche i cavalli? (titolo originale: They shoot horses, don’t they?) è un film del 1969, diretto da Sydney Pollack e tratto dal breve romanzo del 1935 di Horace McCoy Ai cavalli si spara (1935)

La storia è quella di un gruppo di uomini e donne di tutte le età, colpiti dalla crisi economica che decidono di partecipare a una maratona di ballo attratti dal premio in denaro destinato a chi resisterà di più, dalla possibilità di farsi notare da qualche produttore cinematografico e teatrale, dal vitto e l’alloggio assicurati per qualche tempo, poiché le sessioni di ballo potevano durare settimane. Un melodramma claustrofobico e allucinato che si svolge tutto in un unico luogo: una sala da ballo presso la spiaggia di Santa Monica, dove va in scena la sfibrante maratona di oltre mille ore fra un totale di cento coppie. Uno spettacolo macabro e crudele che sfrutta le sofferenze e la povertà per dar vita a una sagra degli orrori che è allo stesso tempo uno show di inaudito sadismo. Per settimane intere, infatti, queste coppie di poveri sbandati si muovono incessantemente sulla pista da ballo, mentre pian piano, intorno a loro, le prime vittime della fatica cominciano a cadere (letteralmente) come mosche.

Un vero e proprio gioco al massacro per portare i concorrenti fino ai loro estremi limiti fisici e psicologici e al completo esaurimento, al punto da continuare in uno stato di semi-coscienza, sostenendosi l’uno al corpo dell’altro, senza riuscire a riposare davvero durante le brevi pause in uno squallido dormitorio, mentre i pasti venivano consumati direttamente sulla pista da ballo per mancanza di tempo.

«Ecco come la salutiamo la depressione! Dateci sotto gente, diamo il via alle danze!» – il leitmotiv dell’impresario e artefice dello show.

E così, qui, la danza, che è arte, ritmo, azione, creazione, luogo di sperimentazione che si esprime nel movimento del corpo umano, diventa rappresentazione del disagio umano e dello sfruttamento dei corpi trattati come carne al macello.

Il corpo che danza si relaziona e interferisce con lo spazio attorno a sé, modificandolo, e può riappropriarsi di esso. Nello spettacolo davanti al pubblico urlante e pagante, accorso per assistere alla lotta senza esclusione di colpi dei concorrenti per emergere e meritare il premio finale, i corpi sono tutti intrappolati nel medesimo meccanismo infinitamente e cinicamente competitivo e voyeuristico dello show.

Niente eleganza e leggerezza, dimenticate i musical con Fred Astaire e Ginger Rogers, che imperversavano proprio in piena Depressione, rappresentando l’evasione dalla realtà nel mondo impoverito degli anni ’30. Ballare incessantemente fino a morire.

Raccolti e ammassati come animali nella pista da ballo (antesignana anche degli odierni studi televisivi), lo scopo dei concorrenti era quello di scalciare via la crisi mettendosi in competizione l’uno contro l’altro e provando disperatamente a essere più forti, più giovani, più inarrestabili di lei, perché «c’è spazio in cima, continuano a dirvi, ma prima dovete imparare a sorridere mentre uccidete, se volete essere come quelli che ce l’hanno fatta» (citiamo il verso di una famosa canzone di John Lennon).

E proprio il cavallo, animale bello e maestoso per eccellenza, deve sempre rimanere in piedi altrimenti verrà abbattuto senza pietà. Un’immagine che Tolstoj ci ha impresso per sempre quando racconta la caduta da cavallo del conte Vronskij durante una gara di corsa. Sempre di corse (e, a quanto pare, anche di gare) si tratta quando si parla di saldi di inizio anno.

Secondo quanto rilevato dall’Osservatorio nazionale della Federconsumatori, solo il 36-37% delle famiglie (circa 8,9 milioni) acquisterà merce in saldo. Secondo l’Associazione per la difesa e l’orientamento dei consumatori la spesa in saldi ammonterebbe in media sui 194 euro a famiglia, l’ 11,3% in meno del 2013, tenendo presente i dati sul reddito disponibile reale tornato ai livelli di 27 anni fa.

Ma la notizia che riportavano alcuni giornali con toni divertiti è la grande idea della boutique Desigual che ha lanciato il seminaked party, garantendo di vestire gratuitamente i primi 100 clienti che si fossero presentati in biancheria intima. E così in alcune città, tra cui Roma e Torino in moltissimi hanno sfidato il freddo e già dalle 8 di mattina, si sono messi in fila fuori dalle boutique Desigual, nel pieno centro tra lo stupore di turisti e passanti. Ore e ore con al collo il numero distribuito dai commessi, attendendo con ansia il loro turno per entrare nel negozio e scegliere quanti più vestiti, e qualunque altra cosa gratuita da poter portare a casa. In fondo chi non desidera un po’ di capi di marca acquisiti in regalo? Basta meritarseli dopo una sana competizione ed essere pronti a stare al gioco (qualunque esso sia) arrivando “seminudi alla meta”. Nessun tono drammatico, mica siamo cavalli!