editoriale

Terrorismo fascista fai-da-te

Cosa ci dice la tentata strage di Macerata? Perché non basta indignarsi o fare appelli al senso di responsabilità?

Alla fine il terrorismo è arrivato fra noi. Non Daesh, ma il suo fratello bianco, il terrorismo fascista.

Fascista come nel 1921 e nel 1943, ma terrorista a casaccio, nel mucchio, contro interi strati sociali (i pervertiti consumatori occidentali, gli immigrati più riconoscibili). Non più le bombe tardo-fordiste dei ‘70 e degli ’80, frutto di cospirazioni e intrighi di corpi dello stato, ma il fai-da-te degli imprenditori di se stessi post-fordisti, con mezzi poveri (un’auto in corsa, spari dal finestrino, la bandiera tricolore invece dello stendardo del califfato, Viva l’Italia invece di Allah aqbar).

Non è un pazzo per amore (esilarante tesi dei suoi compari leghisti e di “Libero”) e neppure un pazzo e basta, ma il primo di una serie di esaltati e di imitatori, aizzati dai media di destra, sostenuti da haters di ogni risma e accettati senza scandalo da settori non irrilevanti di opinione “moderata” sul web, che lo considerano un sottoprodotto, magari deplorevole, dell’invasione e sostituzione etnica. E allora le Ong?

Siamo quindi di fronte a un passaggio qualitativo, dopo di cui nulla (in primo luogo la campagna elettorale) sarà come prima. Il razzismo strisciante, il suprematismo bianco che strizzava l’occhio, il non-sono-razzista-ma stanno alla frutta. Adesso è l’ora delle azioni esemplari, che mirano a destabilizzare e tagliare in due la società, dello sdoganamento a destra del pogrom. Con grande imbarazzo di tutte le forze che lavoravano per grandi intese e ben dosati inciuci. Infatti non sono significativi tanto gli scontati sciacallaggi di Salvini e Meloni, che rilanciano su ordine e sicurezza sottovalutando o illudendosi di strumentalizzare i loro “lupi solitari”, quanto i balbettii imbarazzati di chi vuole smorzare: Renzi che predica calma e gesso (“abbassiamo i toni”), i compassati 5 stelle che invitano a “sobrietà e rispetto” senza strumentalizzare, Berlusconi che ancora tace. Fuori dal coro, per ovvie motivazioni, Maroni che gira il coltello nella piaga.

Questa svolta, ben lungi dall’incappare in un’universale e spontanea deplorazione, l’episodio mostra un Paese traumatizzato e diviso, tutt’altro che disposto alle larghe intese che risulterebbero dai prevedibili equilibri post-elettorali. Non sarà affatto facile scorporare Lega e Fi e far convergere la parte moderata sul continuista Gentiloni e su un docile Pd. Non solo difettano i numeri, ma l’operazione si urta contro emozioni e risentimenti.

Come dimostrano le reazioni vivacissime della stampa internazionale, il caso italiano replica in Europa una situazione “americana”: sovrapposizione politica strumentale a una diffusione molecolare psicotica di rabbia, capolinea della disintermediazione e del rancore. Le teste rasate sostituiscono le barbe fondamentaliste, provincia e periferia emulano la banlieue, i 500.000 clandestini svolgono il ruolo dei messicani.

Non è con il buonismo e il politicamente corretto che fermeremo questa deriva. Servono risposte di breve e di medio periodo che si facciano carico seriamente di questa barbarie di classe che taglia e scompiglia la “normale” gestione di classe dei migranti (quella delle cooperative, dei “bravi” imprenditori e di Minniti). È un’illusione che il massacro dei migranti possa essere nascosto nei lager libici, nel deserto del Niger e fra le onde del Mediterraneo. Prima o poi quel sangue sarà versato sulle nostre strade. E ci sarà una giusta resistenza, affare comune di italiani e migranti, come lo è BLM in Usa, come lo è la violenza di genere tanto per uomini che per donne.