TERRITORI

Terremoto: parte la solidarietà dal basso

Tra Amatrice ed Acquasanta un’esperienza di gestione solidale della crisi. Decine i volontari alle prese con una risposta dal basso alla tragedia del sisma, parole d’ordine: democrazia e rispetto delle comunità locali

“Vogliamo portare la nostra solidarietà, non lasceremo nessuno da solo e lo faremo dal basso”. Sono le parole di uno degli attivisti che in questi giorni si sono recati nella zona del sisma, tra Amatrice e Acqua Santa. Un’ondata di solidarietà che è cominciata all’indomani del terremoto, con una raccolta di beni di prima necessità negli spazi sociali in tutta Italia. A Roma, in particolare, la raccolta è stata lanciata da diversi centri sociali e dalle Brigate di Solidarietà Attiva, una rete costituitasi all’indomani del terremoto dell’Aquila e che proprio lì aveva dato passato mesi ad aiutare i terremotati.

Una raccolta che è stata sospesa dopo pochi giorni, tanto è stata la generosità di chi, in qualche ora, ha risposto riempiendo i magazzini autogestiti. Aiuti che però è difficile far giungere a destinazione, soprattutto perché le persone vittima del terremoto sono disperse in un territorio molto ampio e in decine di frazioni, alcune delle quali inagibili. “Molte persone si sono rifiutate di stare nei campi della protezione civile perché temono gli sciacalli, ma i volontari non possono distribuire gli aiuti fuori dai campi”. Per questo sono stati costruiti due punti autogestiti, il primo ad Acquasanta, dove è stata approntata una mensa popolare, gestita assieme agli abitanti della zona che rifiutano di andarsene, e un altro ad Amatrice, con uno spaccio popolare e un magazzino di stoccaggio per gli aiuti. Da domani comincerà la costruzione di un tendone per le attività sociali e sono in arrivo i pagliacci della Clown Army per portare un sorriso ai bambini vittime del terremoto.

“Stiamo cercando di far arrivare ad Amatrice dei computer e un proiettore, in modo da allestire uno spazio di socialità nel tendone. In più ogni mattina facciamo delle staffette per rifornire le tante persone che si sono accampate nelle loro comunità” ci dice Valentina del centro sociale Astra19. “In alcune frazioni è impossibile arrivare con le macchine – racconta Daniela, dell’Atelier Autogestito Esc – per questo siamo dovuti andare a piedi con gli zaini in spalla”.

La difficoltà più grande nella gestione di un’emergenza come questa, è preservare il tessuto sociale e relazionale delle comunità locali, messo a rischio non solo dal disastro del sisma ma anche dal modello delle tendopoli costruite dalla Protezione Civile. “È lo stesso modello che ha fallito all’Aquila – racconta Annamaria, delle Brigate di Solidarietà Attiva – sradicando di fatto la società civile. Noi cerchiamo di sostenere le persone che restano a presidiare le loro comunità, garantendogli il sostegno che altrimenti non riuscirebbero ad avere”. Mentre su Twitter molti cominciano ad utilizzare l’hashtag #scossasolidale, la palla passa al governo. L’inverno non è poi così lontano e già in queste notti nelle tende faceva freddo. La ricostruzione dovrà passare attraverso processi partecipati e dal basso, ma tra Amatrice e Acquasanta un piccolo modello di gestione dal basso dell’emergenza, ha già preso corpo.

Le immagini del sisma